Economia

L’assurda fiducia sulla delega fiscale. Speriamo sia un errore

22
Febbraio 2022
Di Daniele Capezzone

Se non parlassimo di cose gravi, ci sarebbe perfino da sorridere. E, se non fossero tempi carichi di preoccupazione, si potrebbe considerare come uno scherzo il solo fatto che un’ipotesi del genere sia stata prospettata, ventilata sui giornali, senza essere seccamente smentita un istante dopo.

Mi riferisco alla possibilità – lasciata nero su bianco in diversi retroscena giornalistici, peraltro particolarmente informati e dettagliati – che il governo possa porre la questione di fiducia, alla Camera, quando arriverà in Aula il disegno di legge delega in materia fiscale.

A una prima lettura distratta, un lettore potrebbe dire: dov’è il problema? Purtroppo l’abuso della fiducia non è una novità degli ultimi giorni o settimane. E del resto si tratta di un disegno di legge di origine governativa, cioè proposto alle Camere non da uno o più deputati ma dal governo stesso.

Tutto vero, ma la sgrammaticatura resta, e appare clamorosa, direi perfino irricevibile. Stiamo infatti parlando non di una legge qualsiasi, ma di una legge delega (o di delegazione), cioè di quelle leggi attraverso le quali il Parlamento – appunto – delega il governo a varare alcuni decreti (detti non a caso legislativi o delegati). E nella legge delega le Camere indicano all’esecutivo non solo la materia su cui intervenire e i tempi entro cui farlo, ma soprattutto i princìpi e criteri direttivi a cui l’esecutivo dovrà attenersi nella successiva decretazione.

Attenzione: le Camere hanno il diritto-dovere di essere assai precise (prima). Perché (dopo), a delega trasmessa al governo, quando l’esecutivo avrà varato i decreti delegati, il Parlamento potrà fare ben poco: solo dei pareri – per così dire – “a babbo morto”, cioè un tenue e pressoché irrilevante intervento successivo.

Proprio per questo, è sempre una scommessa votare una legge delega: ma almeno, se proprio si intraprende quella via, le Camere dovrebbero fissare paletti ultraprecisi e vincolanti per l’esecutivo.

Ora, che in presenza di una previsione costituzionale di questo tipo, si possa anche solo ipotizzare l’uso della fiducia, appare grave e perfino surreale. Ma come? Già il governo presenta il disegno di legge; poi (leggiamo) si oppone all’ipotesi che il Parlamento ne stralci le parti più contestate (il pericolosissimo articolo 6 sul catasto, che ci auguriamo sia rimosso); e infine vorrebbe pure azzerare la discussione e l’attività emendativa imponendo la fiducia?

Si tratterebbe di una enormità. C’è da augurarsi che si sia trattato di un errore, di una svista, di un misunderstanding. E che il Parlamento eserciti con pienezza e dignità l’esame del provvedimento.

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