Ambiente

Crisi energia, si riapre il dibattito sul nucleare

09
Febbraio 2022
Di Alessandro Caruso

«Non sono un nuclearista, l’Italia ha già detto di no con due referendum e non possiamo tornare indietro. Non possiamo guardare al nucleare di terza generazione, quello presente in Francia, che produce molte scorie. Ma non possiamo neppure ignorare che esiste una quarta generazione, fatta di piccoli reattori modulari, che generano pochissime scorie. General Electric lo sta sperimentando, Bill Gates anche. Tra dieci anni potrebbe dimostrarsi sostenibile. Non vedo perché l’Italia non debba fare ricerca e sviluppo in questo settore». Sono le parole sul nucleare pronunciate ieri dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, in un’intervista alla Stampa. Un intervento il suo che ha riaperto in modo significativo il dibattito sulla crisi energetica e sulle possibili soluzioni per risolverla nel lungo termine. Anche perché il problema è molto serio. Il ministro ha addirittura ammesso di sentirsi preoccupato per il costo dell’energia, spiegando che il suo aumento nel prossimo anno potrebbe avere un costo superiore all’intero Pnrr.

Il problema dell’Italia è la non autosufficienza energetica, la troppa dipendenza dalle forniture esterne. Una politica frutto di scelte politiche, i cui effetti adesso si stanno ripercuotendo in questa fase storica. Il riferimento non è solo al nucleare, vietato oggi in Italia, ma anche al blocco delle trivelle nel Mediterraneo e la stretta sulle rinnovabili, perpetrata in ultimo con l’approvazione in Consiglio dei ministri del decreto Sostegni-ter, che prevede la restituzione degli extraprofitti generati dall’aumento del costo dell’energia elettrica, facendo così pagare alle imprese green un prezzo molto alto. 

Secondo Cingolani per intraprendere la giusta direzione verso la transizione ecologica non bisogna ragionare per ideologismi. E dichiara l’obiettivo: entro il 2030 dobbiamo raddoppiare le nostre fonti rinnovabili, vale a dire che, da quest’anno, dobbiamo decuplicare il numero di nuovi impianti eolici e fotovoltaici installati annualmente.

IL DIBATTITO SUL NUCLEARE
Ma affrontare la questione energetica senza ideologismi si preannuncia una sfida molto complessa. Le distanze tra gli schieramenti, soprattutto sul tema del nucleare, sono notevoli. Nella giornata di ieri il presidente di Forza Italia SIlvio Berlusconi, intervenendo su Radio Montecarlo, ha detto che «occorre risolvere il problema una volta per tutte poiché l’Italia è il primo importatore di energia del mondo e dipende per il 94% dalle produzioni straniere. È quindi indispensabile aumentare la nostra produzione di gas in Italia ed è anche indispensabile riprendere la ricerca sul nucleare: vi ricordo che il gas e l’energia nucleare sono appena state ricomprese dalla Commissione europea tra le energie pulite e sicure». Il riferimento è al nucleare di quarta generazione, che genera pochissime scorie. Non come quello di terza generazione, presente ad esempio in Francia, dove tra l’altro proprio ieri l’operatore energetico EDF ha annunciato il blocco di altri tre reattori nucleari per “controlli”, in seguito a problemi di corrosione sui sistemi di sicurezza che sono stati riscontrati su altre unità, un inconveniente che peserà sull’approvvigionamento energetico nazionale per il 2022.

Ma dalla Bocconi, il commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni ha replicato: «Sono orgoglioso della decisione presa da alcuni paesi, fra cui l’Italia, molti anni fa (e sono stato uno dei promotori ma non ditelo troppo in giro) di lasciare il nucleare da parte per i rischi e i costi. Forse in futuro avremo impianti nucleari diversi ma queste sono fonti di energia per la transizione, non per il futuro a cui stiamo lavorando».

SULLO SFONDO LA CRISI RUSSIA-UCRAINA
A complicare la situazione delle forniture energetiche c’è anche la crisi al confine russo ucraino. Ieri, ascoltato nelle commissioni congiunte Esteri e Difesa, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha chiarito: «Mosca resta indispensabile per poter assicurare i flussi di approvvigionamento di tutta l’Europa. Su questa situazione di tensione crescente – ha spiegato – pesano anche le dinamiche energetiche, che in Ucraina trovano uno snodo fondamentale. Unione europea e Regno Unito importano il 40% del gas dalla Russia. Ma anche Mosca dipende pesantemente dagli introiti dell’export di energia e l’Europa è, appunto, il suo miglior mercato. Il gasdotto Nord Stream 2 offre alla Germania una rotta alternativa, ma sempre legata alle forniture russe. Il gasdotto, le cui procedure autorizzative sono in fase di stallo, indebolisce oggettivamente la posizione di Kiev in vista del negoziato sulla fornitura e transito del gas russo, in scadenza nel 2024. Mosca con Nord Stream 2 può mantenere le vendite all’Europa, riducendo però i transiti in Ucraina, che proprio dalle royalties del passaggio ricava introiti essenziali per l’economia. Di qui il timore di Kiev – sostenuto e condiviso, tra gli altri, dagli Stati Uniti e dai partner baltico-orientali – di poter essere aggirata quale principale via del gas russo verso l’Europa. Con in mente questa criticità, quindi, Mosca resta indispensabile per poter assicurare i flussi di approvvigionamento di tutta l’Europa». Per questo motivo Di Maio si è detto tranquillo sulle forniture, ma non sull’aumento dei prezzi. Ma è chiaramente una tranquillità flebile, legata all’evolversi degli eventi.

IL CDM RINVIA LE DECISIONI
Nell’attesa di un quadro più chiaro, anche il governo prende tempo. E dalle notizie trapelate ieri sera dall’Adnkronos risulta che nel prossimo Cdm in programma giovedì non sarà previsto nessun intervento per arginare il rincaro delle bollette. Fonti di governo spiegano che l’intervento vedrà la luce solo la settimana prossima, confermando che l’intenzione di palazzo Chigi – in linea col ministero dell’Economia e delle finanze – resta quella di non dare spazio a un nuovo scostamento di bilancio.

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