Non solo un Paese per vecchi. Ma con sempre meno persone in età da lavoro (15-64 anni per l’Istat). Questo uno degli aspetti più interessanti dei dati demografici resi noti da ISTAT sulla popolazione italiana residente. Al di là del fatto che il Paese continui ad invecchiare (l’età media ha superato i 45 anni), sorprende come venga dato poco risalto al fatto che la popolazione in età da lavoro in Italia sia scesa sotto la soglia psicologica del 66% (due lavorano e uno è sotto i 15 o sopra i 64 anni). Ciò significa che il peso che i lavoratori italiani devono sopportare e supportare (leggi spesa per la famiglia a carico e finanziamento delle pensioni) è sempre maggiore. Quest’anno la popolazione residente in Italia è calata di oltre 100mila persone rispetto al 2017, e scesa sotto i 60,5 milioni. Rispetto al censimento del 1991 gli over65 sono aumentati del 36,1% e passati da 8,7 milioni a 13,6 milioni.
Sembriamo la Florida d’Europa, eppure l’invecchiamento è quasi del tutto merito del combinato disposto tra l’allungamento dell’aspettativa di vita e il sempre più problematico mettere al mondo dei figli. Senza parlare del tabù matrimonio, sempre più di moda in Italia. Gli italiani sposati sono diminuiti rispetto al 1991 di quasi 4 milioni (3 milioni e 843mila in meno). Non significano matematicamente 2 milioni di famiglie in meno (spopolano le unioni civili), ma rimangono una perduta forza economica (le famiglie sono le nostre PMI per eccellenza), politica (bacino elettorale corteggiatissimo) e un collante sociale liquefatti da scelte politiche discutibili e graduale scomparsa della classe media, oltre che dalla crisi economica. L’Italia è un Paese per vecchi. Ma non solo.
P.B.