Nel diluvio di regole e norme piovute sulla testa degli italiani tra la vigilia di Natale e la Befana (per la cronaca, tre decreti in dodici giorni: un record), c’è un aspetto che sembra passato inosservato.
Ci si è (per molti versi giustamente) concentrati sull’aspetto cruciale in particolare dell’ultimo provvedimento, e cioè la previsione dell’obbligo vaccinale per gli over 50: moltissime voci si sono espresse a favore, altre (tra cui quella di chi scrive) si sono schierate contro. Ma questo i nostri lettori lo sanno già benissimo.
E allora illuminiamo un angolo apparentemente minore. Alla fine, ci si è almeno risparmiati l’assurdità del super green pass per accedere a “servizi alla persona e inoltre a pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari, attività commerciali”. Ma per ciascuna di queste ipotesi sarà comunque richiesto il green pass cosiddetto base (quindi serve il tampone, se non si è guariti o vaccinati).
Il punto è esattamente questo. Dimenticate per un attimo le contese tra pro vax e no vax. In generale, che modello di società ha in mente chi intende regolare anche l’accesso al barbiere o a uno sportello bancario?
Tutto è reso ancora più tragicomico dal fatto che il governo ha fatto sapere che “seguirà un atto secondario” per sapere dove invece il green pass non sarà richiesto. Siamo davanti a una sorta di disturbo ossessivo-compulsivo, a una pura mania iper-regolamentatoria (che, sia chiaro per doverosa onestà intellettuale, non riguarda solo l’attuale governo, ma praticamente tutti gli esecutivi italiani da decenni): moltiplicare le norme con l’effetto oggettivo di rendere la vita impossibile al cittadino-contribuente.
Per costoro l’ipotesi che qualcosa resti “non regolato”, e dunque semplicemente libero, pare impensabile. “Non regolato”, per le burocrazie della normazione ossessiva, significa “illegale”. Sta qui il cuore del problema. E non è più (solo) questione di Covid e di mere scelte sanitarie.