In Parlamento
Rearm, Meloni: L’Italia valuterà, non togliamo risorse ad altro
Di Giampiero Cinelli
Il Consiglio Europeo del 20 e 21 marzo affronterà importanti questioni relative alla difesa europea con il Piano Rearm Europe, il conflitto ucraino e gli investimenti nel Continente, Giorgia Meloni oggi al Senato ha riferito la posizione del governo in vista del vertice.
Il riarmo si valuta senza dogmi
Il Presidente del Consiglio ha messo in chiaro che l’attivazione del Piano Rearm Europe, già approvato nel suo schema di base dai capi di Stato europei in Consiglio, sarà da analizzare: «L’Italia valuterà con grande attenzione l’opportunità o meno di attivare gli strumenti previsti dal piano Rearm Eu, cioè appunto i 150 miliardi di prestiti previsti dallo strumento Safe, perché può vantare indicatori economici estremamente positivi, un patrimonio cui non vogliamo rinunciare». La premier ha anche detto che vanno cercate «soluzioni alternative rispetto alla semplice creazione di nuovo debito come quella di un sistema di garanzie per stimolare gli investimenti privati proposto dal ministro Giancarlo Giorgetti.
Le risorse non sarebbero tolte ad altri ambiti
«Una politica economica espansiva che dedicasse risorse aggiuntive e non sostitutive agli investimenti» secondo Meloni genererebbe «un effetto rilevante senza deteriorare le altre voci di spesa pubblica e mantenendo l’obbiettivo complessivo dei conti pubblici». E allora la sottolineatura sul tema della distribuzione delle risorse: «Mi interessa chiarire anche l’entità del piano, 800 miliardi non sono risorse tolte da altri capitoli di spesa, né risorse aggiuntive europee. Rimane la possibilità per gli Stati di usare i fondi di coesione, ma l’Italia non ha intenzione di spostare quelle risorse per la difesa».
Come proteggere Kiev
Ciò non vuol dire che l’Ucraina vada lasciata da sola. «La proposta che io ho formulato ai nostri partner europei e occidentali – ha spiegato la Premier – prevede l’attivazione di garanzie di sicurezza, tra l’Ucraina e le Nazioni che intendono sottoscriverle, sul modello del meccanismo previsto dall’articolo 5 del Trattato Nato, senza che questo implichi necessariamente l’adesione di Kiev all’Alleanza Atlantica. È una proposta che noi reputiamo molto seria, e sulla quale sto riscontrando un consenso crescente. E sarebbe, dal nostro punto di vista, decisamente meno complessa, meno dispendiosa e più efficace delle altre proposte attualmente in campo».
Le truppe restano qui
Non viene dunque presa in considerazione la proposta vagheggiata da Francia e Inghilterra di inviare truppe suk territorio ucraino: «Ancora una volta sarò chiara, anche davanti a quest’Aula: l’invio di truppe italiane in Ucraina è un tema che non è mai stato all’ordine del giorno, così come riteniamo che l’invio di truppe europee – proposto in prima battuta da Regno Unito e Francia – sia un’opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace», ha affernato.
Ancora alleati degli Stati Uniti
Il Primo Ministro non è nemmeno così frettolosa nel decretare l’imminente fine dell’Alleanza Atlantica: «L’Italia non può scegliere tra Europa e Stati Uniti. Chi alimenta una narrazione diversa, tentando di scavare un solco tra le due sponde dell’Atlantico non fa altro che indebolire l’Occidente».
