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La paura delle persone e il rischio di una politica autoreferenziale 

10
Marzo 2025
Di Daniele Capezzone

Intendiamoci bene: non è sempre colpa e non è tutta colpa della politica. Troppo comodo scaricare solo su di essa questioni più grandi. O peggio cercare di occultare quanto la macchina mediatica contribuisca in negativo a certi esiti. 

E tuttavia, fossimo nei panni dell’ultimo dei consiglieri dei leader di maggioranza e di opposizione, suggeriremmo di fare attenzione a un dato di realtà. La guerra, la pace, le armi sono di tutta evidenza temi che spaventano i cittadini, che generano inquietudine. 

Non entro nel merito dei conflitti in corso: mi limito a osservare banalmente che le persone tendono com’è naturale a preoccuparsi, intravvedono ricadute economiche negative, percepiscono una prospettiva cupa. Qualunque sia la loro opinione sui fatti di cui di volta in volta si tratta, le persone “avvertono” il riverbero sulle proprie vite delle azioni dei grandi protagonisti mondiali, da Trump a Putin a Zelensky. 

Ecco, qui scatta il guaio per la politica nazionale. Che dovrebbe interrogarsi non solo sulla posizione da prendere, sulla “cosa da dire” (ciascuno in base alle proprie diverse coordinate geopolitiche), ma soprattutto su come dirla, su come accompagnare le paure dei cittadini. 

Guai a dare l’idea di un dibattito autoreferenziale e politicista: tutto orientato sulle geometrie tra e nei partiti, su un posizionamento tattico concepito esclusivamente in funzione della distanza da misurare rispetto ai competitori. 

No: il cittadino percepisce subito se il politico si sta rivolgendo a lui, curvandosi sulle sue preoccupazioni, o se invece sta solo parlando al suo avversario seduto sulla poltroncina opposta di uno studio televisivo.