Salute
I farmaci made in Italy dominano l’export. Cattani: «Per continuare a investire serve visione politica»
Di Alessandro Caruso
(Intervista di Alessandro Caruso per “L’Economista”, inserto economico de “Il Riformista”)
Il rapporto promosso da Fondazione Symbola parla chiaro: l’Italia è il primo Paese al mondo per crescita in valore dell’export dell’industria farmaceutica tra il 2021 e il 2023, con un balzo di 13,6 miliardi di dollari. Il comparto nel 2023 ha avuto una produzione di 52 miliardi di euro, con oltre 49 di export, nonostante le difficoltà causate dall’aumento dei costi del 30% rispetto al 2021. E il presidente di Farmindustria Marcello Cattani aggiunge un dato rilevante riguardante gli USA: «L’Italia è forte politicamente nel rapporto bilaterale con Washington. E gli USA comprano farmaci da noi per oltre sette mld e 800 mln di dollari».
Un dettaglio non da poco. Cosa ha trainato l’export di farmaci made in Italy?
«L’Italia ha avuto la capacità industriale idonea a garantire questa crescita, puntando su ricerca scientifica, farmacologica, clinica e tecnologica, big data e competenze. La sintesi è la capacità di fare reale innovazione, nuovi farmaci e nuova tecnologia industriale. Il farmaceutico rappresenta il primo settore manifatturiero per export negli Stati Uniti. Gli USA sono uno straordinario alleato, anche grazie a forti collaborazioni industriali e alla presenza in Italia di importanti investimenti di aziende statunitensi».
Eppure nel frattempo sono aumentati i costi.
«I costi sono aumentati, sia quelli dell’energia sia quelli delle materie prime. Negli ultimi due anni sono cresciuti strutturalmente del 30%. L’impatto è stato forte soprattutto sul mercato interno e in prospettiva preoccupano le tensioni sui costi dei fattori di produzione. I prezzi invece sono in calo».
Si riferisce ai farmaci rimborsati.
«Sì, perché i farmaci etici rimborsati hanno un prezzo negoziato, che in Italia è tra i più bassi in Europa, come evidenziano i dati Aifa. Questo dimostra una visione miope, che non persegue la valorizzazione delle produzioni di farmaci in Italia per servire il mercato interno».
La legge di bilancio come è intervenuta?
«Il trend dei prezzi dei farmaci etici rimborsati è calante, questa è la difficoltà della nostra industria. L’ultima legge di bilancio da un lato ha supportato il nostro comparto, aumentando l’uso del fondo per farmaci innovativi, ma dall’altro lato non ha frenato l’aumento del payback e ha ridotto i ricavi dell’industria a beneficio della distribuzione».
Cosa vi aspettavate?
«Un intervento più strutturale sui payback, che così come regolati attualmente riducono la competitività e sono una zavorra per gli investimenti».
Quali le conseguenze?
«Il farmaceutico è il settore manifatturiero che offre il maggior ritorno sull’investimento alla nazione. Questo genera crescita della produzione e dell’export. Dobbiamo rendere attrattivo il mercato interno, agendo sui payback e rendendo la produzione e gli investimenti in ricerca più sostenibili. Le aziende devono avere il giusto ritorno nei margini, con oneri decrescenti. Questa industria nel 2025 avrà come oneri accessori, oltre le tasse, più di 2 mld e mezzo di euro che penalizzano drasticamente la competitività. Il rischio è che si vada a investire altrove. Sarebbe deleterio, dato che rappresenta l’industria a più alto valore strategico in assoluto, prima per investimenti in ricerca e sviluppo e innovazione con due trilioni di dollari».
Come sostenere gli investimenti in innovazione?
«La Spagna ci ha superati nella ricerca clinica. La nostra industria investe molto in innovazione, per cui necessita di competenze. Per questo serve un contesto stabile di programmazione. Dalla politica abbiamo bisogno di una strategia che definisca in maniera chiara e netta e dia certezza dei livelli di finanziamento della spesa farmaceutica adeguati rispetto al mercato interno. E poi noi dobbiamo avere una visione industriale sull’innovazione. Possiamo continuare a essere competitivi solo se saremo più veloci e bravi a fare ricerca e produzione in Italia, innovando continuamente».
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