Cronache USA

Trump di nuovo alla Casa Bianca: la corsa del gambero che promette la Luna, cioè Marte

21
Gennaio 2025
Di Giampiero Gramaglia

L’America di Trump che vuole diventare di nuovo grande è un gambero che corre all’indietro, verso un’età dell’oro che non c’è mai stata, e si rimangia politiche di genere e ambientali, cancella diritti e programmi sociali, mette in dubbio alleanze e amicizie, rinnega il proprio passato di Paese di migranti che attira e accoglie chi vuole vivere il sogno americano. “Un dannato modo per cominciare i prossimi quattro anni”, titola la Cnn. Il New York Times ci mette un po’ d’ironia: “Promettendo la Luna, cioè Marte”, l’obiettivo d’una corsa allo spazio rilanciata.

Donald Trump torna alla Casa Bianca rafforzato dal voto popolare, indurito dalle traversie cui è scampato – due impeachment, una raffica di rinvii a giudizio e un paio di attentati – e determinato, forte del controllo di tutti i poteri dello Stato, a ridisegnare le istituzioni americane.

Appena insediato, il presidente firma una raffica di ordine esecutivi, versione americana dei decreti legge: stop all’immigrazione, via alle deportazioni, cancellato lo Ius soli, revocate norme per l’ambiente, avanti con le trivellazioni a tutto fossile. E poi, fin da subito o a seguire, meno tasse e più dazi; provvedimenti contro la criminalità; il ritiro degli Usa dagli accordi sul clima di Parigi; la grazia a praticamente tutti i ribelli del 6 gennaio perseguiti, circa 1.600, anche a quelli responsabili di crimini violenti contro le forze dell’ordine; 75 giorni di proroga a TikTok perché trovi un acquirente per le sue attività negli Stati Uniti.

Una raffica di misure, alcune delle quali probabilmente incostituzionali – l’abolizione dello ius soli – e molte destinate a essere contestate nei tribunali d’ogni ordine e grado. Non importa: sotto la Rotunda, la cupola del Congresso affrescata nell’Ottocento da Costantino Brumidi, pittore romano esule, immigrato anch’egli, il popolo del magnate applaude ogni frase e accoglie con standing ovations i passaggi dove dice che dio lo ha salvato dall’attentato del 13 luglio perché lui potesse fare di nuovo grande l’America, che non ci sarà altro genere che uomo e donna e che il declino “è finito”, dopo i “terribili tradimenti” perpetrati dall’Amministrazione Biden. E, ancora, in un rigurgito di imperialismo non solo planetario, “ci riprenderemo il Canale di Panama” e “pianteremo la bandiera su Marte” – Elon Musk, qui, mostra tutto il suo entusiasmo.

Come nel 2017, Donald Trump ha giurato sulla Bibbia di Lincoln e su una datagli da sua madre, nelle mani del presidente della Corte Suprema John G. Roberts, con accanto la moglie Melania – l’unica, nell’audience, con un cappello a tesa larga – e s’è insediato ieri alla Casa Bianca, come 47° presidente degli Stati Uniti: mai nessuno così anziano – Trump ha 78 anni compiuti – lo aveva fatto. Trump torna così alla guida del Paese più potente al Mondo e s’impegna a mettere l’America al primo posto nelle proprie scelte, ad applicare, cioè, il credo dell’America First. Prima di Trump aveva giurato il suo vice, J.D.Vance.

Donald Trump è anche il primo pregiudicato a diventare presidente degli Stati Uniti. Ad ascoltarlo, c’erano tutti i presidenti Usa viventi, Bill Clinton, George W. Bush, Barack Obama e Joe Biden, e le loro first ladies – unica assente, Michelle Obama -.

Rispetto a quattro anni or sono, il passaggio delle consegne avviene nel rispetto del galateo istituzionale: corona d’alloro sulla tomba del Milite Ignoto, funzione religiosa nella Chiesa di St. John, visita di cortesia alla Casa Bianca, dove i Biden accolgono i Trump. Nel 2021, invece, Trump aveva lasciato la Casa Bianca senza attendere l’arrivo di Biden e senza partecipare alla cerimonia d’insediamento del suo successore, fuggendo come un ladro (e portando con sé il bottino di centinaia di documenti riservati che dovevano essere affidati agli Archivi Nazionali). 

La prima giornata del Trump 2 è stata ricca di entusiastiche approvazioni da parte dei suoi fans: il Senato, unanime, gli ‘fa dono’ della ratifica della nomina di Marco Rubio, ora ex senatore della Florida, a segretario di Stato. Ma c’è pure qualche scricchiolio nella sua squadra di Paperoni hi-tech: Vivek Ramaswami, l’imprenditore bio-tech che doveva essere il gemello di Elon Musk nel rendere più efficiente l’Amministrazione pubblica, tagliando posti di lavoro e sprechi, s’è fatto da parte, o è stato messo da parte – non è ancora chiaro -.

Trump parla una ventina di minuti, un po’ di più che nel 2017, quando aveva parlato solo per 16’. E rispetto ad allora dice meno volte ‘io’ e più volte ‘noi’, evoca “il nostro dio”, denuncia l’Amministrazione Biden come estremista e corrotta. I presidenti presenti, pure il repubblicano Bush, non applaudono mai: si alzano per farlo solo quando Trump, sul finire, ricorda la liberazione degli ostaggi a Gaza. Il neo-presidente dichiara lo stato di emergenza ai confini e per l’energia, il che gli dà la possibilità di attuare misure eccezionali. Conferma e attua l’intenzione di abolire, ora che è in carica, “ogni radicale e folle ordine esecutivo dell’Amministrazione Biden”. Il tutto detto con aria truce e tono un po’ monocorde, senza foga né energia.

Ad applaudire, un po’ defilata, come il presidente argentino Javier Milei, c’è anche la premier italiana Giorgia Meloni, unico capo di governo europeo presente: applaude un discorso dove non c’è posto per la parola Europa e che annuncia tempi grami per vecchi alleati poco funzionali ai disegni di grandezza trumpiani. Del resto, alle parole di Trump a Washington nessuno fa eco a Bruxelles: un silenzio assordante, che la dice lunga sull’attuale leadership europea.

Il suo discorso e le sue azioni sono tese a galvanizzare la sua base, a rassicurare i suoi elettori che lui farà, anzi fa, le cose promesse. Ma sortiscono anche l’effetto di aumentare l’ansia e la paura nell’altra metà dell’America che non lo ha votato e che l’aborre. Di questi sentimenti, sono un riflesso le ultime decisioni prese da Biden negli ultimi momenti del suo mandato: concede un perdono preventivo, cioè mette al riparo da eventuali ritorsioni giudiziarie, personalità contro cui Trump si era scagliato in campagna elettorale, bersagli del suo rancore, come il dottor Anthony Fauci, che guidò il contrasto alla pandemia; il generale Mark Milley, ex capo di Stato Maggiore, contrario al ricorso all’esercito contro i cosiddetti nemici interni; presidenti e membri della commissione d’inchiesta del Congresso sulla sommossa del 6 gennaio 2021 – c’è pure Liz Cheney -; e concede la grazia preventiva a cinque propri familiari, non perché pensi che abbiano fatto qualcosa di sbagliato – precisa -, ma per evitare loro gli strali del vendicativo magnate.

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