Economia / News
Davos in salita: World Economic Forum offuscato da Trump e crescita incerta
Di Paolo Bozzacchi
Donald Trump interverrà giovedì. In videoconferenza. È questa la notizia di apertura nella giornata inaugurale del tradizionale appuntamento invernale del gotha economico mondiale a Davos, in Svizzera. I 3.000 partecipanti del World Economic Forum, di cui 1.600 capi d’impresa e 60 tra capi di Stato e di governo, non possono evitare l’Inauguration Day dell’Amministrazione Trump prevista per oggi a Washington. Perciò questo lunedì meglio impiegarlo per prendere tutte le cabinovie necessarie e salire (risalendo come ogni anno) fin su in vetta, lasciando che questa prima giornata in salita semplicemente trascorra. Tanto terranno banco da Washington le parole del 47º Presidente USA. E non saranno parole economiche leggere. Meglio sfruttare il vantaggio comunicativo di parlare per secondi. Commentare Trump fino a giovedì sarà facile e possibile. «Il nostro incontro annuale arriva in un momento segnato da un livello di incertezza globale maggiore rispetto a quanto visto in una generazione, guidato da tensioni geopolitiche e frammentazione economica. In questo clima più instabile l’unico modo per affrontare sfide urgenti e sbloccare nuove opportunità è attraverso approcci innovativi e cooperativi». Così Børge Brende, il norvegese alla guida del WEF.
I temi e le questioni aperte a Davos
«Collaboration for the Intelligent Age» più che il titolo dell’edizione 2025 del World Economic Forum di Davos, sembra l’incipit di un manifesto. Politico. Un vero e proprio invito da parte di chi l’economia la mastica 24 ore al giorno, alla collaborazione efficace in questa fase economica pregna di incertezze. Fatta salva la recentissima tregua nella Striscia di Gaza, infatti, i conflitti in Ucraina, Medio Oriente e Indocina regnano ancora sovrani, le nuove amministrazioni USA e UE sono solamente al «Ready, set, go!», la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, se paragonata agli incendi di Los Angeles, va leggermente meglio, ma si stanno aprendo nuovi focolai di possibili dazi proprio tra gli USA e l’UE, la fetta che vale il 30% del commercio globale.
Gli Speaker
Ursula von der Leyen, Volodymyr Zelensky, Isaac Herzog, Olaf Scholz, Pedro Sanchez, Cyril Ramaphosa, Javier Milei. Sono tra gli speaker più interessanti da seguire per diversi ordini di ragioni. Per la von der Leyen sarà una delle sue prime uscite pubbliche di livello internazionale, forte dei primi successi politici in termini di compattezza della squadra di governo che sta iniziando il mandato a Bruxelles.
Zelensky ha bisogno di riportare attenzione sul conflitto in Ucraina, e promette dichiarazioni molto di effetto. Su Herzog l’attenzione sarà massima, visto che stiamo vivendo ore delicate di una tregua neonata. Scholz sulla Germania non potrà che essere letto in chiave politica, viste le elezioni alle porte per il Paese. Idem Sanchez per la Spagna, sempre alle prese con forti divisioni interne, anche se in un momento di rilancio economico. Ramaphosa è il Sudafrica, mentre Milei è l’uomo del momento. La sua ricetta di rilancio economico, o forse meglio rinascita economica dell’Argentina, desta molte curiosità, e più di qualche perplessità.
Oggi a Davos si risale in vetta. Da domani le discese dei protagonisti. Vista la congiuntura si scommette molto sullo scodinzolo stretto. Zig-zag sarebbe inelegante.