No, qui non c’entra più il Covid, la strategia sanitaria, l’essere pro o contro il green pass (normale o super). Qui siamo di fronte a una concezione della vita, a una visione del rapporto tra cittadini e stato (Luigi Einaudi raccomandava di scriverlo minuscolo), all’idea che abbiamo della relazione tra contribuenti e occupanti (pro tempore) delle istituzioni.
Comunque la pensiate, andate sul sito del governo (www.governo.it) e giudicate voi stessi. Troverete in bella evidenza una sezione dedicata alle “attività consentite con e senza green pass”. E già l’uso del verbo “consentire” dovrebbe suscitare inquietudine: siamo al punto in cui il governo “consente” o “non consente” alcune attività?
Ecco il link per verificare direttamente, senza intermediazioni: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/tabella_attivita_consentite.pdf. Da lì potrete scaricare un documento: dieci pagine fitte, di tabelline, di caselle in cui sono indicate le “attività”, con relative “specifiche”, e, in base al “colore della zona” in cui vi trovate, cosa sia consentito senza green pass, o con green pass “base”, oppure con green pass “rafforzato”.
C’è da uscirne con il mal di testa. La vita di un cittadino risulta ridotta ad un’atroce caricatura della Settimana Enigmistica, ad un’imitazione del sudoku, a una casistica irrazionale e arbitraria. Si pensi solo al caso di un tizio non vaccinato, ma con tampone negativo: potrà salire su un bus ma non potrà andare al cinema. Perché? Su quale base “scientifica”?
Lo ripeto ancora una volta a scanso di equivoci. Non siamo più nel territorio delle (legittimamente diverse) strategie di contrasto al Covid. Siamo entrati in una terra letteralmente incognita: quella in cui i cittadini sono tornati sudditi di un potere capriccioso, variabile, autoritario, mutevole. Sostenuto – giova sempre ricordarlo – dalle tasse pagate dai sudditi medesimi.