Economia
Quale futuro per le auto elettriche? Il dibattito promosso da Nazione Futura
Di Ilaria Donatio
La necessità di sviluppare una filiera nazionale delle auto elettriche in Italia, con le relative opportunità economiche, ambientali e strategiche che ne deriverebbero. Questo il focus del dossier presentato ieri, presso la sede di Confedilizia, a Roma, durante il dibattito promosso da Nazione Futura: “Quale futuro per le automobili elettriche? Costruire una filiera italiana”, introdotto dal curatore dello studio, Ciro Miale di Nazione Futura, con Francesco Naso, segretario generale Motus-E, Alessandro Cattaneo, deputato Forza Italia, Fabio Raimondo, deputato FdI e Alessandro Lago, european director Motor1.com e InsideEVs. Ha moderato il direttore di Nazione Futura, Pasquale Ferraro.
La creazione di una rete elettrica nazionale sostenibile è la priorità. E attraverso un approccio integrato che unisca fonti rinnovabili, innovazione tecnologica e infrastrutture moderne, il nostro Paese sarà in grado di ridurre la dipendenza energetica dall’estero, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e promuovere la crescita economica.
Il contesto
È in atto un’evoluzione del mercato automotive in tutto il mondo o, di certo, nelle parti di mondo maggiormente sviluppate a livello economico. A Bruxelles, la Commissione europea ha implementato in questi ultimi anni programmi pubblici a supporto dell’elettrificazione del mercato auto. Nel febbraio 2023 il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva i nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni di CO, di autovetture di nuova produzione. L’accordo raggiunto con il Consiglio prevede l’obbligo per le nuove autovetture di non produrre alcuna emissione di CO, dal 2035. Un passo cruciale per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. La “neutralità climatica” implica in sé la riduzione del 100% delle emissioni dei veicoli rispetto al 2021 e, come obiettivo intermedio, del 55% entro il 2030.
Lo studio dell’Agenzia internazionale dell’energia
Per il “Global EVOutlook 2024” dell’IEA, nel 2024, proseguirà la crescita della mobilità elettrica. Quasi 14 milioni di nuove auto elettriche sono state immatricolate a livello globale nel 2023, raggiungendo il 18% di tutte le auto vendute, 3,5 milioni di auto elettriche in più rispetto al 2022, con un aumento del 35% su base annua, portando il loro numero totale sulle strade a 40 milioni (nel 2023, poco meno del 60% delle nuove immatricolazioni di auto elettriche è avvenuto in Cina, poco meno del 25% in Europa e il 10% negli Stati Uniti, corrispondenti a quasi il 95% delle vendite globali di auto elettriche combinate). Nello scenario delineato dall’IEA, le vendite di auto elettriche continueranno ad aumentare e potrebbero raggiungere circa 17 milioni nel 2024, rappresentando più di un’auto su cinque vendute in tutto il mondo.
Più auto elettriche, meno petrolio
Secondo lo studio dell’Agenzia internazionale dell’energia, il crescente numero di veicoli elettrici ridurrà anche la necessità di petrolio. A livello globale, la flotta di veicoli elettrici prevista sostituirà 6 milioni di barili al giorno (mb/g) di gasolio e benzina nel 2030, ed entro il 2035 sarà necessario ancora meno petrolio per il trasporto su strada e le emissioni evitate, grazie all’utilizzo dei veicoli elettrici, raggiungeranno oltre 2 miliardi di tonnellate (Gt) di CO₂. Secondo i dati recentemente forniti dal GSE, nel 2021 il settore trasporti in Italia ha consumato poco più di 36 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia, pari al 32% dei consumi energetici totali’; rispetto al 2020 – l’anno terribile della pandemia da Covid-19 – si rileva un incremento di ben 6,5 Mtep (+21%). I primi dati del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) per il 2022 mostrano un ulteriore incremento del 2% dovuto soprattutto al consumo di benzina. Il settore è fortemente dipendente dai prodotti petroliferi (90,5% del dato complessivo), e in particolare dal diesel/gasolio (59,8%) e dalla benzina (20%).
Sul tema, dunque, grande attenzione dovrà essere posta dal decisore politico, considerato che quasi il 90% dei consumi energetici, nel 2020, è assorbito dal trasporto su strada. I prossimi anni saranno cruciali per le auto elettriche e, sebbene l’installazione di colonnine di ricarica pubblica in Italia sia più che raddoppiata negli ultimi due anni, la maggior parte della domanda di energia è coperta da sistemi privati di ricarica domestica.
Il tema delle batterie
Guardando al futuro, il riciclo delle batterie dei veicoli elettrici sarà fondamentale per ridurre al minimo l’impatto ambientale e recuperare metalli preziosi. L’Europa dovrà dotarsi di una filiera del riciclo delle batterie che le possa permettere di processare le batterie a fine vita, senza inviarle in Paesi extra UE.
Il nuovo regolamento europeo sulle batterie elettriche 2023/1542, entrato in vigore a febbraio 2024, punta proprio in questa direzione, fissando rigorose prescrizioni sul fine vita delle batterie, in un orizzonte di economia circolare. I produttori dovranno raccogliere i rifiuti di batterie, nello specifico: le batterie portatili, le batterie per l’avviamento, l’illuminazione o l’accensione (SLI), le batterie per mezzi di trasporto leggeri (LMT), le batterie per veicoli elettrici (EV) e le batterie industriali, e rispettare i livelli di materiali recuperati dai rifiuti di batterie, in particolare: per il litio 50% entro il 2027 e 80% entro il 2031; per il cobalto, rame, piombo e nichel 90% entro il 2027 e 95% entro il 2031.
Materie prime critiche
Le materie prime strategiche sono quelle cruciali per il funzionamento del mercato interno e per le transizioni verde e digitale. Le materie prime critiche, invece, includono quelle strategiche e altre di grande importanza economica.
I Paesi UE evidenziano una dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche superiore all’80% con l’offerta globale concentrata in un limitato numero di Paesi, esponendosi a elevati rischi della catena di approvvigionamento delle materie prime critiche, come, ad esempio, potenziali interruzioni nelle forniture, a causa della limitata produzione interna, e della dipendenza dagli approvvigionamenti da Paesi caratterizzati da elevato rischio geopolitico.
L’industria europea rischia seriamente di non riuscire a costituire una leadership nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale, ma al medesimo tempo affronta anche il pericolo di compromettere gli obiettivi di sviluppo sostenibile alla base del Green Deal. Numerose materie prime critiche svolgono un ruolo importante all’interno di almeno tre settori strategici per la UE: quello delle rinnovabili, della mobilità elettrica e, infine, di difesa e aerospazio. Come indica la Commissione Europea nel report “Transizione ecologica e digitale: il punto sulle materie prime critiche” (2023), al 2050, in uno scenario coerente con la neutralità climatica, la domanda annua di litio da parte della UE potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, per le terre rare decuplicherebbe.
Le materie prime necessarie per la produzione di veicoli elettrici e dei loro componenti differiscono da quelle delle automobili con motore a combustione, e ciò è dovuto principalmente alle batterie agli ioni di litio, installate nei veicoli elettrici, da cui traggono energia per la propulsione e grazie alle quali non viene emessa CO₂. Per la produzione di queste batterie sono necessari grafite, litio, nichel, manganese e cobalto. Senza queste materie prime, attualmente non è possibile produrre batterie ricaricabili con proprietà comparabili e, secondo i dati dell’IEA, per un’auto elettrica sono necessarie materie prime critiche sei volte in più di un’auto tradizionale.
L’art.5 del Regolamento Ue 2024/1252 prevede che la Commissione europea e gli Stati membri rafforzino le catene di valore delle materie prime strategiche per aumentare in modo significiativo, entro il 2030, le capacità di estrazione, trasformazione e riciclaggio nell’Ue, con obiettivi del 10%, 40% e 25% rispettivamente del consumo annuo. Inoltre, gli stati membri devono diversificare le importazioni per garantire che nessun Paese terzo copra oltre il 65% del consumo.
Per non rimanere indietro
All’interno di un sistema sempre più internazionale, anche il settore automobilistico italiano deve essere caratterizzato dalla flessibilità. Si prevede che la transizione verso l’auto elettrica generi un incremento occupazionale: entro il 2030, si potrebbe raggiungere quasi 300.000 occupati in più, con un aumento del 6% rispetto ai livelli attuali. Questo solo in Italia. Un incremento che non riguarda solo la produzione di veicoli elettrici, ma anche la creazione di infrastrutture di ricarica, che potrebbe generare oltre 4.000 posti di lavoro diretti. Si è davanti, quindi, a un chiaro ed evidente possibile aumento della ricchezza e della creazione di posti di lavoro.
In particolare, non possiamo dimenticare il ruolo centrale che le piccole e medie imprese italiane (PMI) giocano in Italia. Sulle 4,4 milioni di imprese attive in Italia, secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI, le microimprese con meno di 10 addetti sono quelle di gran lunga più diffuse, in quanto rappresentano il 95,13% del totale, contro uno 0,09% di grandi imprese. Una delle caratteristiche più riconosciute a livello mondiale delle nostre PMI è sicuramente la capacità di innovazione e creatività. Si pensi all’enorme potenzialità che “l’elettrico” può rappresentare appunto per questo circuito di piccole e medie imprese, che già rappresentano una parte fondamentale della filiera automotive.
Le PMI hanno la capacità di adattarsi e innovare, contribuendo a una riconversione industriale che porterà a nuove opportunità di business e a un rafforzamento della competitività. La creazione di una filiera elettrica nazionale stimolerà investimenti in ricerca e sviluppo. L’industria italiana ha già una lunga tradizione nel design e nella produzione di veicoli di alta qualità, e un focus sull’elettrico potrebbe rafforzare ulteriormente questa reputazione. Davanti alla transizione ecologica, quindi, l’Italia non può rimanere ferma.