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Ascoltare Milei anziché caricaturizzarlo (o applaudirlo e basta) 

16
Dicembre 2024
Di Daniele Capezzone

Il weekend di Javier Milei in Italia è stato intenso, e gli ha riservato a sinistra caricaturizzazioni offensive dell’intelligenza di chi le ha fatte: “ultraliberista, populista di destra, pazzo, estremista, pagliaccio”. Abbiamo letto di tutto, da parte di chi – senza neanche rendersene conto – ha un problema irrisolto con la libertà. Ovvio che, da quelle parti, scatti un rigetto viscerale nei confronti di chiunque si ispiri a quella bussola. 

Ma anche a destra esistono almeno due rischi. Uno più minoritario: cascare nella trappola mentale del “Milei estremista” e compiacersene. E dunque rapportarsi a lui con lo spirito del vecchio pubblico romano e romanesco all’avanspettacolo: “Facce Tarzan!”. E quindi chiedergli “numeri” sullo stato criminale come se fossero insulti, invettive, esagerazioni-show, e non invece il frutto di un ragionamento, di una cultura profonda, di un’analisi. 

L’altro rischio è più maggioritario a destra: applaudirlo ma come alfiere di una linea impossibile da ipotizzare qui, una cosa forse desiderabile ma esotica e stravagante, inimmaginabile dalle nostre parti. Ecco: chi si comporta così è vittima di quella che Milton Friedman chiamava la “tirannia dello status quo”, cioè della convinzione che le cose possano solo continuare ad andare come sono andate finora. Ma se le cose qui da noi (con spesa alta e tasse alte) sono andate male, non sarebbe il caso di prendere sul serio le ricette di Milei?

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