Nonostante la minaccia di dazi, il presidente cinese Xi Jinping potrebbe partecipare alla cerimonia di insediamento di Trump il 20 gennaio: come riferiscono vari media Usa, tra cui Cbs News, l’invito, che non è stato ancora accettato, è partito dal magnate in persona.
Il team di Trump ha ventilato la possibilità che altri leader siano presenti. Il premier ungherese Viktor Orban, che è appena stato a Mar-a-lago, sta «valutando» se esserci. Ambasciatori e diplomatici sono generalmente invitati all’insediamento, ma i dati del Dipartimento di Stato risalenti al 1874 indicano che nessun leader straniero ha mai partecipato alla cerimonia di trasferimento.
Il presidente eletto dovrebbe essere la «Persona dell’anno» dalla rivista Time. Lo scrive Politico, sulla base del fatto che, per celebrare la presentazione della copertina, Trump suonerà la campanella di apertura della Borsa di New York questa mattina – le 14.00, in Italia.
Trump era già stato nominato «Persona dell’anno» da Time nel 2016, dopo la sua prima elezione. Sono complessivamente 13 i presidenti degli Stati Uniti che hanno ottenuto il riconoscimento, compreso Joe Biden.
La short-list dei candidati per la «Persona dell’anno» era stata annunciata al Today Show della Nbc e includeva, oltre a Trump, la vice-presidente Kamala Harris, Kate Middleton, Elon Musk e Benjamin Netanyahu. L’anno scorso era stata scelta la superstar del pop Taylor Swift.
Nomine, Wray lascia l’Fbi, via libera a Kash Patel
Fronte nomine, è di ieri e trova ampio spazio sui media Usa l’annuncio che il direttore dell’Fbi Chris Wray intende dimettersi il giorno in cui Biden lascerà la Casa Bianca, cioè il 20 gennaio, nonostante il suo mandato decennale scada nel 2027. Lo ha comunicato lo stesso Wray al personale dell’Fbi.
In questo modo, Wray lascerà campo libero al suo successore già indicato da Trump, Kash Patel, figura molto discussa, un fedelissimo «trumpiano» e un noto cospirazionista. Wray era stato nominato da Trump e mantenuto al suo posto da Biden. La fiducia di Trump in Wray era venuta meno dopo che l’Fbi non aveva avallato le tesi sostenute dall’allora presidente sui brogli nel voto del 2020 e ancora più dopo che l’Fbi aveva condotto perquisizioni a casa di Trump a Mar-a-lago, alla ricerca di centinaia di documenti riservati sottratti dall’ex presidente dalla Casa Bianca.
La stampa di destra, infatti, lo «bolla» così: «Il capo dell’Fbi Christopher Wray decise il raid dell’Fbi a casa di Trump nel 2022», titola il Daily Signal, organo della Heritage Foundation.
Nel 2017, Trump licenziò l’allora capo dell’Fbi James Comey perché aveva indagato sui rapporti tra la Russia e la sua campagna nel 2016, nonostante proprio una decisione di Comey fosse stata funzionale, e forse decisiva, per la sua elezione: l’apertura e l’immediata chiusura di un’inchiesta nei confronti di Hillary Clinton a ridosso del voto.
Trump, inoltre, ha ieri annunciato su Truth la nomina dell’ex anchor tv Kari Lake, un falco che ha appena perso la corsa al Senato in Arizona, come direttrice di Voice of America, il network media internazionale finanziato dal governo Usa.
Il magnate scrive che Lake «lavorerà a stretto contatto con il nostro prossimo capo dell’agenzia Usa per i media globali, che annuncerò presto, per garantire che i valori americani … siano trasmessi in tutto il mondo in modo equo e accurato, contrariamente alle bugie diffuse dai Fake News Media». L’agenzia Usa per i media globali è un organismo nuovo che già suscita sospetti e timori per la libertà di stampa.
L’inflazione torna a crescere
Fronte economia, l’indice dell’inflazione è tornato a salire a novembre al 2,7%: la corsa dei prezzi è più ostica del previsto da frenare e ciò incide sulle prospettive di un taglio del costo del denaro, che potrebbe essere decisa la prossima settimana dalla Federal Reserve. Nonostante queste indicazioni negative, l’indice Nasdaq della borsa di New York ha ieri superato quota 20 mila, con un aumento del 33% solo quest’anno, trascinato dalla corsa dei titoli Big Tech, con Amazon, Alphabet, Meta e Tesla a condurre la corsa.
Infine, un sondaggio per conto dell’Ap del centro di ricerca per gli affari pubblici Norc indica che solo due americani su dieci approvano la decisione del presidente Biden di concedere la grazia al figlio Hunter, dopo avere detto che non lo avrebbe fatto.