Cultura

Quella cartella fantasma di Giulio Einaudi con 22 litografie di grandi artisti, ora in mostra a Milano

28
Novembre 2024
Di Alessandro Caruso

C’è Afro, con la sua estetica neocubista; c’è Fernando Bordoni, con il suo stile pop; c’è Emilio Vedova, uno dei maestri dell’arte informale, quello che in molti chiamavano il fratello italiano di Jackson Pollock; c’è Bruno Cassinari, uno dei fondatori del gruppo Corrente, gli artisti di “opposizione”. E ci sono anche Birolli, Mirko, Moreni, Morlotti, Pizzinato, Santomaso e Treccani. Sono gli undici grandi artisti protagonisti della cartella fantasma di Giulio Einaudi. Un documento che contiene un autentico patrimonio di altissimo valore artistico e culturale: si tratta di una collezione della casa editrice, che contiene 22 litografie originali firmate dagli artisti citati (due per ogni artista), stampate nel 1950 in soli 50 esemplari e destinate a selezionati omaggi in occasione della Biennale 1950.

Ma chi c’è all’origine di questa scoperta? La vicenda è particolare ed è una delle tante interessanti storie di bibliofilia che hanno come soggetto ancora una volta qualcuno che, come un tenace minatore, ha portato alla luce una gemma nascosta. E questo è quello che è successo. Il “minatore” in questo caso è il torinese Claudio Pavese (nessuna parentela con lo scrittore) che ha collezionato in vari decenni una raccolta di più di 4mila tra libri e riviste Einaudi (per l’esattezza 4.343). Un gruppo di pubblicazioni che documenta la produzione della casa editrice italiana dal punto di vista culturale e della grafica editoriale, tra cui emerge proprio la cartella fantasma.
Dal 28 novembre fino al 7 dicembre a Milano, nella prestigiosa Sala della Lettura della Fondazione Biblioteca di via Senato, è possibile vedere la mostra delle rarissime litografie, sponsorizzata da UTOPIA.

IL SIGNIFICATO DELLA BIENNALE 1950
Dietro l’iniziativa editoriale di Giulio Einaudi, venuta ora alla luce, si delinea una vicenda per molti aspetti esemplare che merita di essere raccontata. La Biennale 1950, la numero XXV, è particolarmente importante dopo l’interruzione bellica e la ripresa espositiva avvenuta nel 1948. È organizzata da Rodolfo Pallucchini con curatele di prim’ordine e allestita da Carlo Scarpa: 22 nazioni presenti, quattro mostre storiche (Fauves, Cubismo, Futurismo, Blaue Reiter), l’arte contemporanea italiana e internazionale che si presenta e si confronta, il padiglione americano con opere di Pollock, Gorky, De Kooning, la premiazione di Matisse. La Biennale veneziana si conferma e consolida come il punto di riferimento obbligato del sistema dell’arte nel mondo.

In questo contesto Giulio Einaudi fa un’operazione editorial-culturale di rilievo, inserendosi nell’intenso dibattito artistico italiano di quegli anni – seguito alla lunga astinenza da discussioni e libertà espressiva durante il fascismo e la guerra – e privilegiando la linea dell’astrazione anziché del prevalente realismo. Lo fa con questo cadeau editoriale, un’iniziativa elitaria, se non addirittura solitaria, rimasta fino a oggi in ombra, ma tutt’altro che snobistica e velleitaria, proiettata invece a promuovere internazionalmente la giovane arte italiana. Lo prova il coinvolgimento dell’autorevole Catherine Viviano, che nelle poche righe introduttive inneggia alla nuova generazione dei pittori italiani, alla “freschezza della loro visione” e alla loro “superba abilità manuale”. Catherine Viviano a gennaio 1950 aveva inaugurato la sua importante galleria newyorkese con “Five Italian painters” (Cagli, Guttuso, Afro, Morlotti, Pizzinato) e aveva poi organizzato le personali di Vedova e Afro, affermandosi negli Stati Uniti. La celebre Leo Castelli Gallery aprirà a New York anni dopo, nel 1957.

L’incursione dell’editore nel mondo dell’arte non era occasionale. Veniva da lontano, dalla frequentazione dei pittori torinesi negli anni Trenta e poi di quelli intorno a “Corrente” e durerà nel tempo, come testimoniavano le opere di Pistoletto e Paolini, ben in vista negli uffici di via Biancamano a Torino. Non si sbaglia a sostenere che le copertine Einaudi dai banchi delle librerie e dagli scaffali delle biblioteche di casa hanno educato l’occhio di molti italiani in un’epoca in cui mostre e cataloghi d’arte non erano ancora così diffusi.

Con l’esposizione della cartella la Biblioteca di via Senato – mentre si è appena conclusa la Biennale 2024, la numero LX – rende omaggio a un’iniziativa finora rimasta in ombra di un editore ambizioso e indipendente e insieme annuncia pubblicamente l’acquisizione della Collezione Claudio Pavese, un segnale positivo per l’intero mondo del libro e della cultura.

La mostra è visibile alla Fondazione Biblioteca di via Senato a Milano, dal 28 novembre al 7 dicembre.