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Usa 2024: + 21, Trump annuncia dazi, il procuratore archivia i procedimenti
Di Giampiero Gramaglia
In un post sul suo social Truth, il presidente eletto Donald Trump esprime il proposito di imporre dazi del 10% alla Cina e del 25% a Messico e Canada, emanando ordini esecutivi il primo giorno che sarà in carica e motivandoli, tra l’altro, con l’immigrazione illegale e il traffico di droga.
Chiosando le intenzioni di Trump, il New York Times scrive che la decisione «creerà confusione nella catena degli approvvigionamenti nel Nord America».
Per l’Ap, le scelte di Trump per il suo Gabinetto e per la Casa Bianca rispecchiano le sue posizioni sull’immigrazione e il commercio, ma anche una gamma incongrua di punti di vista e background: dai finanzieri agli intrallazzatori, dal commentatore televisivo all’ex responsabile del wrestling fino all’ideologo del controverso Programma 25, che solleva interrogativi sui fondamenti ideologici che possono ispirare il secondo mandato del presidente eletto.
In generale, per i media, le nomine di Trump sono tutte orientate a costruire un’Amministrazione finalizzata a una politica che imponga dazi e che «punisca» chi l’ha ostacolato nel primo mandato e nella sua pretesa di avere vinto le elezioni del 2020. Il Washington Post si chiede se Trump sappia dove le sue scelte lo conducano, mentre la ministra della giustizia designata Pam Bondi dice che è ora di «perseguire chi perseguiva».
Gli annunci sui dazi fanno scivolare in secondo piano le mosse del procuratore speciale Jack Smith che, con due decisioni legalmente giustificate ma poco comprensibili, ha ieri chiesto l’archiviazione dei processi federali intentati a Trump per la sommossa del 6 gennaio 2021, per rovesciare l’esito delle elezioni del 2020, e per avere sottratto alla Casa Bianca e illegalmente tenuto nella sua dimora di Mar-a-Lago in Florida centinaia di documenti riservati destinati agli Archivi nazionali.
Smith fa riferimento alla prassi secondo cui un presidente in esercizio non può essere processato e anche all’impatto della sentenza emessa quest’anno dalla Corte Suprema sulla parziale immunità di un presidente per i suoi atti ufficiali, anche se i reati in questione siano stati commessi da Trump non in quanto presidente, ma in quanto candidato, e dopo la fine della sua presidenza.
In un commento, la CNN osserva che le decisioni di Smith hanno l’effetto di «legittimare» ulteriormente il presidente eletto e i suoi comportamenti: «il procuratore speciale Smith si riprometteva di provare che negli Stati Uniti neppure i presidenti sono al di sopra della legge. Invece, il fallimento dei suoi casi rende Trump ancora più potente e fiducioso nella sua immunità, mentre si prepara a tornare alla Casa Bianca».
I media conservatori, invece, salutano la decisione di Smith come un successo e una riprova dell’infondatezza delle accuse mosse a Trump.
Secondo il Washington Post, la mossa di Smith lascia aperta la possibilità di una riapertura dei casi dopo la fine della presidenza Trump, quando il magnate avrà 83 anni, e potrebbe, per questo, indurlo a concedersi il perdono prima di lasciare l’incarico.
Nel caso dei documenti, Smith vuole portare avanti il procedimento contro i due co-accusati. E questo non fa altro che alimentare la percezione che il presidente sia al di sopra della legge che invece i cittadini devono rispettare.
Sulle richieste di Smith devono pronunciarsi i giudici che presiedono i dibattimenti: a Washington, la giudice Tanya Chutkan; in Florida, la corte d’appello che sta vagliando la decisione della giudice Aileen Cannon, di nomina trumpiana, di misconoscere la legittimità del procuratore speciale.
Nel fine settimana, Trump ha completato la composizione del suo Gabinetto, scegliendo come segretario all’Agricoltura Brooke Rollins, che era già stato direttore dell’ufficio per l’innovazione della Casa Bianca e che è attualmente capo dell’America First Policy Institute, un centro studi vicino al presidente eletto.