Salute

Summit Salutequità, sette leve per un SSN equo e sostenibile

27
Novembre 2024
Di Ilaria Donatio

“Oggi la grave crisi di sostenibilità del servizio sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone ed un pesante aumento della spesa privata. La tendenza, ormai già da diversi anni, appare lenta ma costante: da un Servizio Sanitario Nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garanti-to, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato”. Parola della Corte dei Conti. 
E la sostenibilità del Ssn è stata al centro, ieri 19 novembre, a Palazzo Ferrajoli – nella capitale – del summit annuale di Salutequità, associazione che si occupa dell’analisi delle politiche sanitarie e sociali, del loro andamento e della relativa attuazione, con particolare riguardo al rispetto del principio dell’equità.

Il confronto
Presenti al confronto, articolato in tre panel, le più alte cariche della sanità nazionale e regionale, e i principali stakeholder scientifici, del mondo civico ed esperti, che si sono confrontati sul modello necessario a garantire un Ssn sostenibile, equo e rispondente alle esigenze in continua evoluzione della società, perché la difesa di una sanità equa e universale sia una delle priorità nella discussione della legge di Bilancio. Dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato al direttore generale di AGENAS, da Carmelo Gagliano, consigliere di Fnopi, Federazione ordini professioni infermieristiche a Roberto Monaco, segretario generale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, oltre a Ylenja Lucaselli, capogruppo di FdI in Commissione Bilancio alla Camera e Ilenia Malavasi (Pd), Commissione Affari sociali, per citarne solo alcuni.

Dalla messa a punto di criteri oggettivi per definire il fabbisogno economico del servizio sanitario, all’aggiornamento costante dei Livelli essenziali di assistenza; dalla misurazione delle prestazioni alla messa a punto di un piano integrato per il contrasto delle liste di attesa. Sono alcune delle sette proposte per rispondere alle sfide del servizio sanitario nazionale che arrivano dal summit.

Aceti: risorse insufficienti
È “insufficiente destinare 136,5 miliardi senza una chiara strategia”, afferma il presidente di Salutequità Tonino Aceti. Le criticità individuate dall’organizzazione sono molte. La prima è l’assenza di una strategia di lungo periodo: “Abbiamo dubbi sull’efficacia delle misure che destinano circa 1 miliardo di euro all’incremento di risorse per il raggiungimento degli obiettivi di Piano sanitario nazionale sia perché l’ultimo Piano approvato risale al 2006, sia perché, dopo l’annuncio dello scorso anno del ministro di volerlo finalmente aggiornare, a oggi non se ne sa ancora nulla”, spiega Aceti. “E se il Piano non si aggiorna, si continuerà a finanziare il servizio sanitario nazionale senza avere una programmazione sanitaria e una visione chiara su priorità, obiettivi e azioni da mettere in campo”. 

Patto per la Salute fermo al 2021
Altro ritardo è quello sul Patto per la Salute, fermo al 2021. Dubbi anche sull’efficacia delle misure per il contrasto delle liste d’attesa: “50 milioni di euro per il 2025 e 100 milioni per il 2026 rischiano di non incidere come potrebbero sull’accessibilità alle cure se le Regioni continueranno a essere misurate su indicatori vecchi sui quali quasi tutte risultano già adempienti”, prosegue Aceti. Nè va meglio sui Lea: “I nuovi finanziamenti vincolati per l’aggiornamento dei Lei potrebbero non essere utilizzati come già accaduto per l’entrata in vigore dei nuovi Lea con ben 7 anni di ritardo”. Critiche anche alla legge bilancio: è “a rischio l’accesso all’innovazione terapeutica per i pazienti a causa delle misure che precludono nuove valutazioni di innovatività su nuove indicazioni terapeutiche per farmaci che l’hanno già ottenuta 6 anni prima”, conclude Aceti.

Gemmato: su liste d’attesa, aiutare le regioni a spendere in modo opportuno le risorse
“Dopo il Covid ci siamo trovati a gestire una massa di indagini diagnostiche e di interventi di bassa e media complessità che si sono sedimentati durante la pandemia da coronavirus e che poi hanno visto l’emergenza anche della quotidianità”, ha detto il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato. “Per le liste d’attesa il Governo ha stanziato quest’anno lo 0,4% del Fondo sanitario nazionale indistinto, vale a dire 520 milioni di euro. Dobbiamo aiutare le Regioni a poter spendere opportunamente queste risorse per abbattere le liste d’attesa. Con il decreto liste d’attesa abbiamo introdotto una serie di misure correttive che partono dalla defiscalizzazione delle indennità aggiuntive, che passano per un Cup regionale e infra-regionale”. Tra le misure per abbattere le liste d’attesa, Gemmato ha ricordato la “possibilità di effettuare indagini diagnostiche il sabato e la domenica, andando incontro a particolari categorie professionali che riposano nel weekend”.

Mantoan: rilancio Ssn parte da una nuova governance Stato-Regioni
“Per poter migliorare il nostro Servizio sanitario nazionale e per poter fare in modo che i circa 140 miliardi di euro che vengono dedicati per il 2026 al Fondo sanitario nazionale, credo sia arrivato il momento di ridefinire una governance tra Stato e Regioni, con l’apparato centrale dello Stato (ministero della Salute, Iss, Aifa, e Agenas) che deve riprendere un ruolo di programmazione e di controllo, redigere un Piano sanitario nazionale. A parlare, il direttore generale di Agenas Domenico Mantoan. “Soprattutto”, prosegue, “deve manutenere il sistema sanitario partendo dalle tariffe e dai Livelli essenziali di assistenza (Lea), dalla governance rapporto Stato-Regioni, così da avere un miglioramento dei servizi sanitari, in primis il grande problema delle liste di attesa”. 

“Lo Stato deve fare la sua parte, aggiornando i Lea e le tariffe. Non è possibile che accada ciò che è successo pochi giorni fa, con un adeguamento delle tariffe al minimo dopo 20 anni. La sostenibilità passa anche attraverso la manutenzione del Ssn e la programmazione fatta per tempo dei vari fattori produttivi, compresa la programmazione del personale, che negli anni passati è mancata”, conclude.

Le sette leve di Salutequità
Le sette leve proposte da Salutequità, ciascuna delle quali identifica delle azioni concrete per far fronte a quelle che sono state identificate come le principali sfide del Servizio Sanitario Nazionale.

La prima leva consiste nelle definizione, allocazione e gestione delle risorse. È necessaria una metodologia di calcolo del fabbisogno sanitario standard, superando lo «storico» e la sola «negoziazione politica» passando a criteri più oggettivi e aggiornati, come i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il tasso rinuncia alle cure e di povertà, le caratteristiche della popolazione, l’epidemiologia, l’innovazione tecnologica, personale e infrastrutture adeguati, standard organizzativi/strutturali/tecnologici, mobilità sanitaria, caratteristiche orografiche del territorio. Il finanziamento del SSN deve essere agganciato a una strategia pluriennale per la salute e il rafforzamento del Ssn, attraverso la definizione e l’approvazione di un nuovo Piano Sanitario Nazionale, adottato con una procedura più “forte” rispetto a quella prevista nel 2006.

Si devono modificare i criteri di riparto del Fondo Sanitario, dando più peso alla deprivazione sociale e quelli della quota premiale (644 milioni nel 2023) passando dalla negoziazione tra Regioni a criteri trasparenti, obiettivi e vincolanti. E ancora, passare da un sistema di pagamento per prestazione a uno che finanzi percorsi terapeutici e i loro risultati di salute superando il silos budget e mettendo al centro il valore delle cure. Poi, semplificare l’accesso ai fondi per l’edilizia sanitaria e incentivare la ricerca e l’innovazione per rendere il Ssn più efficace e sostenibile a lungo termine. 

La seconda leva consiste nel monitoraggio, misurazione e valutazione delle performance. È prioritario agire su potenziamento e innovazione di monitoraggio e valutazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) erogati dalle Regioni attraverso nuovi indicatori -anche nella dimensione intra-regionale- e una governance più dinamica. Si prevede di modernizzare il sistema degli adempimenti LEA, migliorando la tempestività nella pubblicazione dei dati e introducendo nuovi criteri di valutazione per elementi critici come le liste di attesa, il Fascicolo Sanitario Elettronico e l’implementazione degli Accordi Stato-Regioni successivi a quelli del 2001. Un ruolo centrale deve essere assegnato alla piattaforma Agenas per monitorare il rispetto dei tempi massimi di attesa e le agende chiuse, mentre il Programma Nazionale Esiti deve essere potenziato per valutare meglio gli outcome dell’assistenza territoriale. Infine, tra le proposte vi è quella di introdurre strumenti per misurare l’impatto delle innovazioni farmacologiche, tecnologiche, organizzative e professionali e ri-allocare le economie correlate anche promuovendo una collaborazione efficace tra pubblico e privato.

La terza leva è l’innovazione nell’organizzazione e nella governance. Per rendere le aziende sanitarie più efficienti e flessibili, si propone una reingegnerizzazione del modello di funzionamento, affrontando le rigidità normative e contrattuali (lavoro, partnership, etc.). E ancora tra le azioni proposte, la creazione di un programma pluriennale per migliorare la valorizzazione e l’attrattività del personale del SSN con interventi su retribuzioni, formazione e assunzioni. Inoltre, occorre approvare tempestivamente i decreti per la definizione della metodologia di calcolo del fabbisogno di personale e applicare rapidamente il DM 77/2022 e le misure di sanità digitale del PNRR. Necessario anche finanziare l’aggiornamento del Piano Nazionale della Cronicità includendo nuove patologie (es. psoriasi, neoplasie ematologiche croniche, etc.) e garantirne un più efficace monitoraggio, così come assicurare nelle procedure di acquisto qualità, personalizzazione e continuità terapeutica.

La quarta leva è l’aggiornamento dinamico dei LEA: si propone di aggiornare annualmente i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) utilizzando i fondi stanziati dalle leggi di bilancio, rendendo il processo più rapido, partecipato e trasparente. Inoltre, è necessario definire e monitorare nuovi standard assistenziali, strutturali e tecnologici in settori ancora non disciplinati.

La quinta leva è il governo delle liste di attesa. La riduzione e il governo delle liste di attesa devono diventare obiettivi prioritari di un nuovo Piano Sanitario Nazionale, con fondi vincolati annualmente per le Regioni. Si propone di rafforzare il monitoraggio dei LEA con nuovi indicatori, emanare i decreti attuativi della legge sulle liste di attesa. Inoltre è urgente lavorare sull’appropriatezza delle prescrizioni e delle pratiche cliniche attraverso il Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG) e le Buone Pratiche Clinico Assistenziali Organizzative dell’ ISS per supportare professionisti e amministratori nelle scelte e garantire sostenibilità e qualità.

Sesta leva: Qualità dei processi decisionali per equità e la sostenibilità del SSN. Migliorare la qualità dei processi decisionali in sanità dando centralità alle evidenze e alla partecipazione di associazioni pazienti e stakeholder, oltre che attraverso la rilettura del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, per garantire migliore condivisione delle scelte, maggiore velocità delle decisioni e della loro implementazione. 

La settima leva è la consapevolezza del valore del SSN. Sviluppare iniziative, programmi e campagne, a partire dalle scuole, per sensibilizzare i cittadini sul valore positivo del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e sul ruolo attivo che possono assumere nella tutela della propria salute e concorrere alla sostenibilità.