Politica
“Per una strategia di sicurezza nazionale”. Il dibattito alla Camera
Di Ilaria Donatio
La strategia di sicurezza nazionale rappresenta la massima espressione della politica di un Paese, in quanto ha come obiettivo il “conseguimento della prosperità dei propri cittadini”. È un “patto sociale” che tocca ogni cittadino: “Ciascuno di noi, in quanto membri attivi della società, può contribuire fattivamente ad un adeguato livello di prosperità del Paese, purché sia messo nelle condizioni di poterlo fare”. Il richiamo costante alla” Carta Costituzionale e ai suoi principi” deve essere il principale riferimento delle “nostre azioni”. Questo, il cuore dell’intervento che il ministro della Difesa, Guido Crosetto ha fatto alla presentazione, alla Camera, del position paper Per una strategia di sicurezza nazionale.
“Nel perseguire il proprio interesse”, ha proseguito Crosetto, una nazione non opera in isolamento, è immersa in un intreccio di relazioni internazionali, dalle quali emerge un ambiente se va bene competitivo, a volte conteso, in cui non tutti seguono le medesime regole e non tutti condividono gli stessi valori. La competizione in questo contesto ci fa capire come sia forte il nesso tra la sicurezza nazionale ed il perseguimento di un alto livello di prosperità”.
Ma sarebbe sbagliato, argomenta il ministro, ritenere che la strategia di sicurezza nazionale metta “in discussione l’adesione alle organizzazioni internazionali: anche perché lo scopo delle organizzazioni internazionali di cui facciamo parte è quello di favorire il benessere tra i popoli, la sicurezza internazionale, la prevenzione dei conflitti e quindi è parallelo a quello di perseguire una strategia nazionale”.
Tuttavia, conclude, “un senso di pragmatismo cogente ci impone una matura e consapevole attività autonoma nazionale, complementare agli sforzi diluiti nelle organizzazioni internazionali, volta a contenere i rischi che emergono sia per effetti di situazioni di degradata sicurezza sia a seguito di azioni perpetrate da attori a noi ostili”.
Fontana: Il Paese adotti quanto prima una propria strategia di Sicurezza nazionale
“Ad oggi, l’Italia – ha sottolineato in un messaggio, il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana – “è l’unico tra i Paesi del G7 a non disporre di un documento che la definisca. La sua elaborazione è un’attività estremamente complessa che necessita del contributo di tutte le Istituzioni, pubbliche e private. La forza della nostra democrazia si misurerà anche nella capacità di analizzare nel modo corretto rischi e opportunità, con l’obiettivo di contenere situazioni di crisi e di assicurare adeguata protezione agli interessi nazionali. Ringrazio il ministro della Difesa, i Presidenti della Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine e dell’Associazione Futuri Probabili per aver promosso una riflessione, assieme a Parlamento, Governo e Istituzioni tutte, sulla necessità che il Paese adotti quanto prima una propria strategia di Sicurezza nazionale. Auspico che questo obiettivo possa essere raggiunto con il convinto supporto della maggior parte delle forze politiche”.
Portolano, concetto di sicurezza nazionale consente di definire uso combinato di strumenti potere
La necessità di avere un concetto di sicurezza nazionale ci consente di definire un uso combinato degli strumenti del potere, tra cui c’è anche la parte militare. Lo ha detto il capo di Stato maggiore della Difesa, Luciano Portolano.
“L’adozione di un concetto strategico di sicurezza nazionale facilita tutti quanti a individuare gli interessi strategici vitali del Paese”, ha sottolineato Portolano, sottolineando poi l’importanza di “inglobare nell’approccio onnicomprensivo l’aspetto politico, economico, militare, sociale, infrastrutturale e di intelligence”.
Dal concetto strategico di sicurezza nazionale deriva, ha argomentato Portolano, “un piano strategico di sicurezza e, per quanto riguarda la parte militare, da questo piano vengono poi declinate le quattro missioni assegnate alle Forze armate”, che si traducono in una “strategia militare vera e propria” da cui dovrebbe discendere un piano di difesa nazionale, con tutti i piani discendenti.
“Solo in questo modo è possibile avere le “quattro missioni assegnate alle Forze armate declinate con determinate priorità che siano veramente funzionali a una strategia nazionale di sicurezza, che investe non soltanto il piano della difesa ma investe tutti gli stakeholders che garantiscono quella che è la sicurezza nazionale”, ha affermato Portolano. “Questi sono i temi che abbiamo discusso nell’ambito del gruppo di lavoro che hanno poi generato il Position paper, che è il documento madre da cui poi dovranno discendere tutti i successivi adattamenti per creare un concetto strategico di sicurezza nazionale, che non è un concetto della difesa ma che coinvolge il sistema paese nella sua interezza”, ha spiegato il capo di Stato maggiore della Difesa.
Monti (ENS): Europa deve mirare ad avere un sistema più competitivo
“L’equazione dell’energia non si risolve solamente affrontando il tema della sicurezza dell’approvvigionamento energetico, che ovviamente è fondamentale, ma è uno dei tre elementi, altrettanto importanti, del cosiddetto trilemma energetico”, ha detto il presidente di European Nuclear Society, Stefano Monti.
Per Monti, “bisogna cioè essere in grado di coniugare la sicurezza dell’approvvigionamento con la necessità, allo stesso tempo, di avere costi dell’energia competitivi, stabili, prevedibili e che possano garantire un rilevante impatto socioeconomico e industriale”. C’è poi la terza gamba, che è la “decarbonizzazione” dell’intero settore energetico: decarbonizzare solamente il settore dell’elettricità – che in Europa vale circa il 23% – “non è sufficiente”, è quindi un’equazione di difficile soluzione.
Guardando un attimo le cose in prospettiva, “a cosa l’Europa dovrebbe mirare?”, chiede il presidente di European Nuclear Society. La risposta: “Dovrebbe mirare a passare a un sistema energetico che sia più competitivo. Devono esserci prezzi più sostenibili per la grande industria europea e anche per i per i cittadini, inclusi quelli in condizioni economiche svantaggiati. Deve essere più resiliente, dobbiamo essere in grado di reagire velocemente a shock a volte anche inaspettati, pensiamo al Covid o agli eventi naturali estremi. Deve essere un sistema più decarbonizzato, occorre una decarbonizzazione più globale. Infine, ovviamente, deve essere un sistema meno esposto alle stesse imprevedibili crisi geopolitiche che, ormai regolarmente, uniscono delle insostenibili fluttuazioni dei prezzi, in particolare dei combustibili fossili”.
Massolo (Mundys): deve essere inclusa in ogni decisione economica
“La convenienza oggi deve fare i conti con la sicurezza. A nessuno è piaciuto interrompere il flusso di prodotti di materia energetica dalla Russia, a prezzi relativamente di favore, ma è stata una decisione securitaria”, ha riflettuto il presidente di Mundys, Giampiero Massolo.
“Probabilmente – ha aggiunto Massolo – a nessuno va di rinunciare al mercato di sbocco cinese, al fatto che ci si possa approvvigionarsi anche lì, cadendo nell’illusione di una illimitata possibilità di approvvigionamento di filiere verdi dalla Cina, cadendo così dalla padella alla brace. Non possiamo perseguirlo in maniera limitata, per ovvie ragioni di sicurezza”.
Negli ultimi anni, però, sono successe sostanzialmente tre cose: è successo che “Putin ha invaso uno Stato sovrano”, che “il ‘My country first’ ha indotto – gli Stati Uniti per primi e molti altri Paesi – a guardare per primi alla loro convenienza” ed è successo che “la Cina è sempre più da considerare un compagno strategico o, meglio, un avversario strategico”. In questo scenario, “la convenienza lascia sempre più il posto alla sicurezza”, e questo ha delle conseguenze molto immediate. La prima conseguenza è che il “commercio e la sicurezza vanno insieme”: non possiamo più pensare – noi come governi, come aziende e come cittadini – che “vi sia la possibilità di fare business prescindendo dalla dimensione securitaria”. Nelle decisioni di carattere economico a qualunque livello, pubblico o privato, va incorporata la dimensione della sicurezza”.
Caracciolo: sviluppare il prima possibile una “coscienza marittima”
“Il nostro rapporto con il nostro mare è una dimensione fondamentale della sicurezza nazionale” ha spiegato nel proprio intervento – interamente dedicato al Mar Mediterraneo alla sua importanza strategica per la sicurezza del paese – Lucio Caracciolo, direttore di Limes: “L’Italia è un Paese definito dal mare ma ha anche un grosso deficit di cultura marittima e questo è un problema se il mare acquista rilevanza strategica, soprattutto se ci sono presenze non amiche”.
Cosa vuol dire occuparsi del Mediterraneo? “Essendo diventato oggetto di contestazione fisica, ce lo si contende come se fosse ‘solido’”, si risponde Caracciolo: dunque, si controllano le “grandi rotte per le merci, riceviamo energia attraverso i gasdotti e tramite i cavi sottomarini siamo collegati con il resto del mondo”.
“‘Le chiavi del Mediterraneo sono nel Mar Rosso’, diceva un grande giurista dell’800, Pasquale Stanislao Mancini”, ricorda Caracciolo. “Un’area oggi contestatissima e destabilizzata: ma la chiusura e la apertura del Mar Rosso implica la chiusura e l’apertura del Mediterraneo”. Gli stessi Huthi, spiega, di cui parliamo chiamandoli “ribelli”, “sono un semi-stato, una vera potenza e quindi considerare la crisi del Mar Rosso come un fenomeno solo legato alla guerra israelo-iraniana, è sbagliato”. La situazione è molto complessa, dunque.
Ma il problema è, per Caracciolo, il fatto che “noi siamo scarsamente consapevoli dell’importanza, per esempio, del porto di Trieste, che è il porto dell’Europa centrale”. Ancora: “È assurdo che l’Italia si disinteressi del ‘progetto dei tre mari’ a cui spero che prima o poi aderiremo perché diversamente significa che deleghiamo ad altri scelte che dovrebbero competere a noi”.
“Ricordo infine”, ha concluso il direttore di Limes, “che siamo dentro a una guerra che, se guardiamo dal nostro punto di vista – allora dovremmo cercare di sviluppare una partnership sempre più bilaterale con l’America, e anche una cooperazione con la Turchia sarà allo stesso modo fondamentale”. Sviluppare la nostra coscienza marittima, nell’ambito di un’analisi sulla sicurezza nazionale, sarebbe dunque un fattore rilevante.