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AssoBirra: ridurre le accise a livello 2023 per consentire al comparto di tornare a crescere

17
Ottobre 2024
Di Cesare Giraldi

In vista dell’approvazione della Legge di Bilancio 2025, AssoBirra chiede al Governo di ridurre le accise sulla birra di 2 centesimi e ripristinare gli sconti per i birrifici artigianali fino 60 mila ettolitri. Con questa misura, le accise scenderebbero a 2,97 euro per ettolitro grado Plato, cioè il livello precedente all’ultimo aumento, considerando che il mercato birrario è entrato in contrazione e ha perso oltre il 5%. «Oggi più che mai, crediamo necessario dare certezze agli imprenditori che vogliono investire e quindi porre fine all’adozione di misure provvisorie», dichiara il Presidente di AssoBirra, Alfredo Pratolongo.
Prima della pandemia, il settore birrario aveva intrapreso un trend di crescita positivo,
caratterizzato dallo sviluppo di nuove realtà artigianali, grandi investimenti industriali, il lancio di
nuove birre e la spinta commerciale dei marchi storici italiani. Questi fattori avevano favorito un
crescente impiego di materie prime agricole italiane e quindi l’adozione di ricette legate al territorio.
Dopo la pandemia, esaurito il rimbalzo del 2022, le spinte inflattive e l’erosione del potere di
acquisto hanno invertito bruscamente la tendenza: nel 2023 la produzione si è ridotta a 17,4
milioni di ettolitri, segnando un -5,02% rispetto al 2022, i consumi nazionali si sono fermati a 21,2
milioni di ettolitri, rispetto ai 22,5 milioni dei dodici mesi precedenti, con una contrazione del 5,85%.
Il primo semestre 2024 conferma questo campanello d’allarme: la produzione nazionale e il
mercato interno continuano, infatti, ad essere in sofferenza. I consumi, pressoché piatti, sono in
realtà alimentati prevalentemente dall’aumento delle birre prodotte fuori dall’Italia (con l’import
che segna quota +10,2%).
«Le dinamiche degli ultimi 18 mesi confermano l’esistenza di una correlazione inversa tra l’aumento
delle accise e l’andamento del mercato, in particolare la competitività della produzione nazionale –
spiega Pratolongo – dopo il primo aumento di gennaio 2023 il comparto è entrato in una contrazione
che si è protratta dopo il secondo aumento a gennaio 2024. Nel primo semestre del 2024, i dati
riportano un aumento delle importazioni da Paesi europei con una tassazione fino a quattro volte
inferiore a quella italiana, consentendo alle aziende che esportano di essere di fatto più competitive,
poiché il prezzo, soprattutto in un contesto di ridotto potere d’acquisto, ha un impatto significativo».
Nonostante le difficoltà, il settore birrario continua a rappresentare un patrimonio per l’Italia,
creando ricchezza e occupazione lungo una filiera che si sviluppa dal campo ai punti di consumo,
quali bar e ristoranti di tutta Italia, impiegando 103mila persone e mantenendo legami solidi con le
filiere agricole dalle quali le industrie birrarie acquistano pressoché la totalità del malto d’orzo
prodotto in Italia.
L’accisa colpisce l’intera filiera: grava sui produttori, già alle prese con costi la cui crescita è
ormai divenuta strutturale, riduce i margini degli esercenti e, infine, si ripercuote anche sul
consumatore. Poiché l’accisa è anche gravata d’IVA, infatti, contribuisce alla costruzione del
prezzo lungo tutta la catena del valore, aumentando progressivamente verso valle. Nel concreto,
su una birra alla spina circa 80 centesimi sono imputabili all’accisa, mentre su una bottiglia da 0,66
cl in offerta, ovvero il formato più venduto nei supermercati italiani, l’accisa incide per circa il 40%
sul prezzo di vendita.
«Per continuare a investire e mantenere competitività, la filiera della birra ha oggi bisogno di sostegno
da parte del Governo, – afferma Pratolongo – siamo consapevoli delle difficoltà del momento e,
proprio per questo, chiediamo che la prossima Legge di Bilancio preveda una riduzione, anche
minima ma stabile, delle accise sulla birra. La birra è, infatti, l’unica bevanda da pasto gravata da
accise e il differenziale va ridotto. L’accisa, per la sua struttura, è una tassa regressiva che ha quindi
un peso elevatissimo proprio sulle birre più popolari, sulle quali i consumatori pagano una tassazione
iniqua» conclude.