Politica
Covid, Lega, Draghi e Quirinale, lo Zaia pensiero nel suo ultimo libro “Ragioniamoci sopra”
Di Jacopo Bernardini
Cita De Gaulle per descrivere la battaglia contro il Covid, perché in certi momenti è meglio “prendere decisioni tempestive, anche se non sono perfette”. Kennedy per recuperare il senso di comunità, perché “prima di chiedere cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”. Ma anche il cavallo Varenne, per respingere al mittente le tentazioni politiche nazionali “Varenne è stato il più forte trottatore della storia, ma se lo facevi galoppare era un brocco”.
Il colorito eloquio di Luca Zaia colpisce. Non a caso il Governatore è diventato una delle maschere più conosciute di Maurizio Crozza. Da cui, mutatis mutandis, Zaia, con lodevole senso dell’ironia, ha tratto il titolo del suo ultimo libro, “Ragioniamoci sopra”, uno dei tormentoni dell’imitatore genovese.
Alla presentazione milanese del libro, alla Feltrinelli di Galleria Vittorio Emmanuele, la sala è piena e in prima fila arriva anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, più volte menzionato dal leader veneto. A moderare l’evento Veronica Gentili, noto volto delle reti Mediaset.
Zaia mette subito le cose in chiaro, il libro non è un manifesto politico. “Qualcuno pensa mi stia facendo idee strane? Forse non si sono accorti che ne ho già scritti tre”. La partenza obbligata, anche perché ancora di attualità, è sulla pandemia. “Se questo virus fosse stata una semplice influenza non saremmo ancora qui a contare i morti”. E subito parte la difesa degli amministratori locali, poco tutelati, perché “se la Storia non avesse premiato le scelte fatte nelle prime ore, cosa che purtroppo ha fatto, sarei davanti alla Corte dei Conti per danno erariale, e magari sotto processo anche davanti a una procura penale”.
Zaia tiene a ricordare i dettagli delle prime, importantissime, ore: la decisione di chiudere Vo’ Euganeo e di fare tamponi a tappeto quando l’Italia e Milano si vantavano di non chiudere. “Eravamo e siamo al fronte, ancora adesso non possiamo abbassare la guardia: i numeri sono di nuovo in crescita”.
Covid che, sottolinea Zaia, ha segnato un cambio di paradigma: molte persone si sono trovate a riflettere sul tempo, gli affetti, la paura di morire. Eppure, si è perso il senso di comunità, “si è investito molto nel formare consumatori e non cittadini”, col risultato che una parte di cittadini non condivide le sfide comuni e la società si polarizza. La riflessione fa da sponda per aprire il capitolo Lega, perché il confronto è giusto che ci sia, è il sale della democrazia, ma poi occorre trovare una sintesi. Sarebbe bene che nella società ci fosse quella capacità di mediazione che c’è nel partito: “di lotta e di governo”, sempre movimentista, ma capace poi di trovare sempre un compromesso. Mentre parla scappa anche un lapsus, riguardo a una “Lega all’opposizione”, che strappa una risata al pubblico e viene puntualmente sottolineato da Gentili.
Il succo dello Zaia-pensiero, però, rimane: “Fa più rumore una pianta che cade rispetto a una foresta che cresce”. Tradotto: la Lega è unita e i presunti dissidi tra il partito di Governo e quello dei territori è materiale buono solo per riempire qualche pagina di giornale. Idem per le aspirazioni nazionali del leader veneto: “Fare il ministro è come essere il primario di chirurgia, ti specializzi e vedi solo cuori. Fare l’amministratore locale è come stare al pronto soccorso: arriva di tutto e bisogna essere sempre pronti” E a lui piace stare sul fronte. Anche perché col tempo, lavorando, si maturano competenze, e Zaia non crede nel multitasking. “Io, per esempio, sono insofferente alle riunioni. Penso che non sarei un buon politico nazionale”.
Lo Zaiastan non si abbandona, ed eccolo dunque tornare sui cavalli di battaglia, innanzitutto il federalismo. Perché “riaccentrare sarebbe una decisione medievale”. Proprio il Covid, secondo il Governatore, ha certificato che l’autonomia è “la migliore via d’uscita”. Per fortuna quella alla Sanità è la delega più forte che le Regioni hanno a disposizione, perché “se avessero deciso tutto da Roma, senza ascoltare chi sta sul territorio, sarebbe andata peggio per tutti”.
C’è spazio anche per una battuta su Draghi, che “è tornato a dare all’Italia standing internazionale, è il nostro miglior ambasciatore”, anche se non tutto ciò che fa è sempre condivisibile. Difficile, per Zaia, diventi Presidente della Repubblica. “Premesso che parlare di febbraio è come parlare di un’altra era glaciale, rimane la grande incognita di un Parlamento frammentato che, a scrutinio segreto, dovrebbe votarlo al primo turno. Se dovesse andare male, sarebbe bruciato su tutti i fronti, anche come Presidente del Consiglio. Un bel rischio”. Da non escludere, invece, una rielezione di Mattarella “Anche Napolitano aveva escluso in qualsiasi modo la possibilità, e invece…”.
A chiudere il cerchio, si torna all’argomento pandemia. Col Covid siamo migliorati, peggiorati o siamo rimasti, in fondo, sempre gli stessi? Per Zaia “l’indole è quella di prima, ma occorre lavorare sul senso d’identità e di appartenenza, troppo trascurato”. Il virus, certo, ha fatto esplodere molti problemi “dormienti”, che c’erano nella società. L’importante, ora, è guardarli in faccia ed affrontarli. “Per questo bisogna fare le riforme, ma la più importante, ed è questa la conclusione che scrivo anche nel libro, è la riforma culturale, che ci deve vedere tutti protagonisti”.