Cultura
La natura umana esiste? Il celebre dibattito tra Foucault e Chomsky
Di Giampiero Cinelli
Un tema filosofico può essere molto profondo e allo stesso tempo poco insidiato. Sul concetto di natura umana avevano riflettuto i filosofi dell’antichità e quelli della prima modernità come Cartesio. Il loro impegno ha fatto sì che si arrivasse ai giorni nostri con un’idea di umanità abbastanza solida, ma è proprio nel novecento che si comincia a mettere in discussione il tema della natura umana, chiedendosi se il soggetto, così com’è inteso nella tradizione culturale prima occidentale e poi cristiana, esista davvero.
L’individuo, portatore di autocoscienza, cognizioni e volontà di agire, è forse solo un costrutto che diamo per assodato senza capirne la problematicità?
Nel 1971, alla University Of Technology di Eindhoven, vengono invitati a discutere faccia a faccia questo argomento due pensatori affermati e molto noti, entrambi conosciuti anche per le loro posizioni politiche decisamente alternative al modello sociale vigente, tuttavia parecchio diversi nell’impostazione teorica: sono Noam Chomsky e Michel Foucault, i quali daranno vita a un dibattito che ha fatto storia per originalità e complessità. Il confronto fu trasmesso successivamente dalla televisione olandese e racchiuso in un testo pubblicato in varie edizioni che si possono facilmente acquistare.
Chomsky, oggi novantacinquenne, era al tempo un linguista del Mit. La sua ricerca nel campo del linguaggio è stata incentrata sull’individuare strutture innate e allo stesso tempo generative comuni a qualsiasi persona. Muovendo da ciò, l’intellettuale americano ha indagato i meccanismi generali del pensiero umano, ipotizzando inoltre i modi in cui le percezioni vengono manipolate al fine di mantenere lo status quo e di indurre determinati comportamenti nelle persone. Foucault era docente al College de France, la sua influenza è riconosciuta unanimemente nel campo del pensiero strutturalista e post-strutturalista. Tutta l’opera del filosofo è volta a ricostruire i fenomeni e le dinamiche attraverso cui nella storia si è formata la mentalità e, di conseguenza, i sistemi sociali e gerarchici adottati dalle collettività.
La creatività e la logica come natura umana
Secondo Noam Chomsky una natura umana è effettivamente riscontrabile, appunto se prendiamo ad esempio la capacità di parlare e di usare strutture logiche condivise. Grazie a queste strutture gli esseri umani convivono e si comprendono, ma non solo: queste basi permettono di accedere alla creatività. Una creatività intesa come facoltà di esprimersi, innovare e di fare scoperte scientifiche. Dunque Chomsky tende a basare molto del concetto di natura umana sulla tendenza creativa e di ricerca.
In un passaggio Chomsky afferma: «In altre parole, per essere precisi, è possibile dare una spiegazione biologica o una spiegazione fisica… è possibile caratterizzare, in termini di concetti fisici attualmente disponibili a noi, la capacità del bambino di acquisire sistemi complessi di conoscenza. E inoltre, criticamente, avendo acquisito tali sistemi di conoscenza, di fare uso di questa conoscenza nei liberi e creativi e straordinariamente vari?».
L’obiezione storicista di Foucault
Foucault cerca di smontare la convinzione per cui il nostro sapere poggi su un modello di funzionamento oggettivo e decodificabile. Facendo riferimento al processo che ha portato alle verità scientifiche, egli dice:
«Prendiamo, ad esempio, le classificazioni di animali e vegetali. Quante di esse non state riscritte, fin dal Medioevo, secondo regole completamente diverse: dal simbolismo, di storia naturale, di anatomia comparata, dalla teoria dell’evoluzione. Ogni volta che questa riscrittura rende la conoscenza completamente diversa nelle sue funzioni, nella sua economia, nelle sue relazioni interne».
Un sapere relativizzabile
La divergenza nel ragionamento è chiara: da una parte un soggetto che si riconosce negli altri ma è soprattutto agente dei cambiamenti; dall’altra un soggetto pensante, ma unicamente come risultante di relazioni, convenzioni e regole legate a un determinato periodo storico. Foucault fa notare, prendendo ad esame proprio le scoperte scientifiche, che gli elementi che assumiamo come assodati nella realtà odierna, non sono frutto di uno sviluppo lineare e progressivo, ma anzi si fondano sulla rimozione di assunti precedenti. In questo caso gli assunti pre-scientifici, spiritualisti e magici. Dov’è dunque la natura umana, se nelle epoche e a seconda del tipo di società, abbiamo dato valore a impianti epistemologici del tutto diversi tra loro?
Limiti e progresso non sono in contrasto
Obiezione questa, che Chomsky non rigetta totalmente ma che ingloba nel suo orientamento, spiegando a Foucault che l’uomo è per sua natura duttile e conserva sempre la capacità creativa e di sviluppo comunque in un quadro di possibilità limitato e definito, per quanto ampio. L’umano avrebbe intimamente bisogno di arrivare a nuovi traguardi partendo da regole preesistenti. Dunque la capacità del bambino di giocare o di capire elementi logici deve per forza derivare da un ordine dato, così come il progresso scientifico può essere il frutto di un’evoluzione della mente per cui sono necessari dei presupposti.
La critica sociale
Nonostante l’evidente antitesi nei due pensieri sulla natura umana, sia Foucault che Chomsky continueranno il dibattito arrivando a considerare i modelli sociopolitici in cui vivevano. Per entrambi il mondo moderno non riesce a far esprimere le soggettività e le esigenze degli individui. Infatti, sebbene Foucault sia dubbioso proprio riguardo al concetto di soggettività – facendo notare che ogni regime politico pretende di stabilire quali siano gli scopi del soggetto all’interno dell’ambiente, sia per quanto riguarda il modello borghese che per quanto riguarda ad esempio la Cina maoista – anche lui si rende conto che l’essere umano ha bisogno di pensare se stesso, e che ciò passi attraverso la continua messa in discussione delle strutture nelle quali si trova inserito (In virtù di tale convinzione Foucault parlerà con interesse e senza pregiudizi allo scoppio della rivoluzione iraniana del ’79, ma lo fece quando ancora i tratti oscurantisti e fondamentalisti non erano del tutto radicati).
Chomsky e l’emancipazione dell’uomo
Parallelamente Chomsky sottolinea nella sala di Eindhoven di essere contrario alla violenza, perché non ha senso reagire all’oppressione con altrettanti atti coercitivi, ma ribadendo la convinzione che un pieno sviluppo dell’uomo si ottenga perseguendo un decentramento delle organizzazioni sociali dal potere politico, una gestione più autonoma e collettivistica della produzione, la conquista di sempre maggiori libertà individuali.