Esteri

Dalla politica alle Olimpiadi: le leve di Putin per disunire l’Occidente

10
Agosto 2024
Di Tommaso Carboni

Putin sa benissimo che se l’Occidente resta unito la guerra è persa. Si combatte a parole, non solo con le armi. Dalla religione, all’arte, alla politica, fino allo sport. Qui Putin fa leva su fobie e paranoie, ma anche interrogativi legittimi a cui i governi dovrebbero dare risposte. L’ultimo scontro alle Olimpiadi. La Russia, di fatto esclusa per aver invaso l’Ucraina, è stata abile a sfruttare ogni pretesto. La strategia: dividere. Prima sulla religione, poi i diritti LGBT. La cerimonia d’apertura è stata forse un po’ sguaiata, il gran banchetto pagano è sembrato ad alcuni una caricatura dell’Ultima Cena di Leonardo. Putin ha pigiato sulla faglia tra modernità e tradizione. Chi si è sentito offeso ha visto in lui una specie di alleato, difensore del cristianesimo, in lotta contro gli eccessi del progressismo liberal. Ha sbagliato qualcosa il governo francese? No. L’apertura dei giochi sarà stata pure esteticamente brutta, ma un insulto alla religione pare davvero eccessivo. Un po’ di ironia è legittima – e un inciso: non c’è nessuno meno “woke” del presidente Macron e dell’establishment francese, la cui strategia è integrare assimilando, il contrario di tutte le categorie della politica identitaria.

Il tema LGBT invece è stato un nervo più scoperto, in cui il comitato olimpico e il dibattito nei media hanno forse delle colpe. Ricapitoliamo i fatti. Il 2 agosto, nel primo round di un incontro di boxe femminile, l’italiana Angela Carini abbandona il ring appena 46 secondi dall’inizio del match: è stata colpita al volto da un pugno dell’algerina Imane Khelif. L’italiana scoppia in lacrime, rifiuta di stringere la mano all’avversaria ed esclama: “non è giusto!!”. A quel punto scatta l’offensiva russa. L’Associazione Internazionale di Boxe (Iba), che fa capo a Umar Kremlev, oligarca amico di Putin, convoca una conferenza stampa a Parigi. L’argomento: la pugile algerina e un’altra pugile taiwanese, LinYu-ting, escluse dal mondiale di boxe del 2023. Come mai? Le due atlete, ha spiegato il portavoce dell’Iba, non avevano passato un esame di idoneità, facendo capire che si trattava di un test di genere.

L’Iba non ha specificato il tipo di test eseguito, citando questioni di privacy, aggiungendo che non si trattava di un esame sul testosterone, ma che le due atlete avevano un “vantaggio competitivo”. Sappiamo che il capo dell’Iba ha detto ai media russi che le pugili erano risultate positive ai cromosomi XY, ovvero maschili. Non c’è granché da fidarsi – l’Iba è stata bannatadalle Olimpiadi per corruzione e disonestà dei suoi giudici. Inoltre il test sulla pugile algerina era stato somministrato in circostanze molto sospette, a mondiale già cominciato, solo dopo che ImaneKhelif aveva battuto una pugile russa. Ma Putin, da judoka esperto, sa che basta instillare il dubbio per far vacillare il nemico.

Chi stabilisce le regole in questi casi e come? Se giustamente dubitiamo di un’organizzazione corrotta, i cui vertici sono legati a Putin, quali sono i criteri di idoneità delle atlete? Ecco la falla in cui si sono infilate disinformazione e ideologia sia di destra che di sinistra. Uno come Donald Trump ha subito detto che la pugile italiana era stata presa a sberle da un uomo. Falso. Tuttavia il sesso indicato sul passaporto probabilmente non basta. Come criterio di idoneità ci vorrebbe qualcosa di più stringente, anche perché nella boxe c’è di mezzo la sicurezza di chi combatte.

Le pugili algerina e taiwanese si identificano come donne. Il dubbio, anche se non ci sono prove, è che siano risultate davvero positive al cromosoma XY. Questo non significa che siano degli uomini o dei transgender. Potrebbero aver sviluppato, come altri atleti in situazioni simili, le cosiddette “differenze nello sviluppo sessuale” (DSD). Le DSD sono una serie di condizioni rare che coinvolgono geni, ormoni e sviluppo degli organi sessuali. Alcune di queste condizioni sono evidenti alla nascita; altre possono rimanere sconosciute fino alla pubertà o all’età adulta. Alcune DSD possono conferire vantaggi sportivi derivanti dall’aver attraversato la pubertà maschile, come una maggiore densità ossea, cuori e polmoni più grandi e una massa muscolare maggiore.

L’atleta più famosa con DSD è Caster Semenya, una mezzofondista sudafricana, medaglia d’oro in moltissime competizioni prima che le regole sull’idoneità nell’atletica femminile cambiassero. Oggi Semenya non gareggia più perché la federazione dell’atletica, la World Athletics, le ha imposto di abbassare il suo testosterone, che era a livelli maschili, e ciò – è stato stabilito – le dava un vantaggio ingiusto (Semenya ritiene di essere stata discriminata e ha fatto causa presso la Corte Europea dei Diritti Umani). Poi nell’eco mediatica è diventata pubblica anche la sua cartella clinica: Semenya presentava una forma di DSD, aveva sviluppato testicoli interni insieme ai genitali femminili. 

Il vero punto però è questo. Come si è intuito, il comitato olimpico non decide direttamente le regole di idoneità per chi partecipa ai giochi. Delega il compito alle federazioni di ogni disciplina. La confusione per il caso delle due pugili ha fatto sembrare – una percezione fomentata di proposito da certi opinionisti – che le regole fossero in qualche modo lasche. Non è così. Le federazioni dei vari sport applicano una vigilanza stretta. Ad esempio per le atlete transgender le regole sono più severe, e molte sono state escluse da queste olimpiadi. 

Il pugilato è un’eccezione. Nel senso che nel 2023 il comitato olimpico ha tolto all’Iba, la federazione cui fa capo il sodale di Putin, la gestione della boxe alle Olimpiadi, dopo anni di malgoverno e dubbi sull’onestà dei giudici. Il problema è quest’eccezione forse sì è trasformata in una lacuna – un pozzo che Putin ha potuto avvelenare. 

Il comitato olimpico ha definito i test eseguiti dall’Iba su Khelif e Lin “improvvisi e arbitrari”. Le regole non si cambiano in corso d’opera, ed è bello che le due pugili siano arrivate in finale. Tuttavia diverse atlete non sono contente. Sul ring, dopo la sconfitta,  fanno il segno della X, il cromosoma femminile. Evidentemente non gli basta l’indicazione del sesso sul passaporto. E gli spettatori cosa pensano? Che le regole sono confuse.