Sembra tornata la calma sui mercati globali dopo una settimana che definire movimentata pare un eufemismo. L’S&P 500 e il Nasdaq hanno chiuso martedì finalmente in rialzo dell’1%, mentre gli investitori sono tornati sul mercato un giorno dopo un drammatico sell-off un po’ titubanti. Soprattutto dopo i recenti commenti dei funzionari della Federal Reserve che hanno tentato di alleviare le preoccupazioni su una futura e presunta recessione negli Stati Uniti. Anche il Dow è aumentato, ma tutti e tre i principali indici azionari hanno bruciato gran parte dei ricavi fatti durante l’anno.
Per capire cosa sia successo si può parlare di effetto domino sui mercati globali in un certo senso, ma non è il termine adatto a circoscrivere il fenomeno. Alcune delle turbolenze riflettono la crescenti preoccupazioni degli investitori sul mercato del lavoro americano. Altre invece riflettono l’opinione diffusa che la Federal Reserve abbia aspettato troppo a lungo per tagliare i tassi di interesse. Ma è più complicato di così.
L’accumulo di rischi nel sistema finanziario può essere parzialmente ricondotto al 2008, quando la crisi immobiliare ha spinto la Federal Reserve a tagliare i tassi di interesse in modo aggressivo e mantenerli bassi per anni. Incoraggiando gli investitori a cercare rendimenti da scommesse più rischiose, perché i prestiti erano economici e i contanti fermi in attività sicure ma ritorni minimi.
Quando la Fed ha iniziato ad aumentare rapidamente i tassi nel 2022, questa dinamica si è spostata, mettendo sotto pressione le scommesse più rischiose man mano che i rendimenti degli investimenti sicuri sono diventati più interessanti. Ma non tutti i paesi hanno alzato i tassi di interesse allo stesso tempo. In Giappone, dove la crescita e l’inflazione avevano languito a lungo, la banca centrale ha mantenuto i suoi tassi vicino allo zero, rendendolo un valore anomalo. Ciò ha reso lo yen molto economico rispetto ad altre valute e gli investitori hanno individuato un’opportunità: prendere in prestito denaro a buon mercato in Giappone e investirlo in operazioni ad alto rendimento in altre parti del mondo.
Quando i carry trade basati sullo yen hanno iniziato a sgretolarsi, facendo scendere i prezzi delle azioni, alcuni investitori hanno iniziato a rivalutare il rally delle grandi aziende tecnologiche. Un rally che ha spinto i mercati al rialzo nella prima metà di quest’anno, con quasi due terzi del guadagno dell’S&P 500 legati a una manciata di titoli: Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla. Ma questa posizione ha reso il mercato vulnerabile a un cambiamento del sentiment sulla capacità di questi giganti di soddisfare aspettative così elevate. Gli investitori si sono iniziati a preoccupare quando è stato annunciato il “ritorno” sulle enormi somme che si sono impegnate a spendere nell’intelligenza artificiale, portando il mercato a rivalutare l’intero indice. Tanto che dal picco del 16 luglio scorso alla chiusura delle contrattazioni di lunedì, l’S&P 500 è sceso dell’8,5% e più della metà di questa perdita può essere attribuita ai Magnifici Sette, secondo i dati di Howard Silverblatt di S&P Dow Jones Indices.
Insomma una tempesta perfetta.
Nonostante l’emergenza sembri essere rientrata, rimane il sentimento perplesso dei piccoli e medi investitori, che sul mercato non sanno più che pesci pigliare. Rimane chiaro come non ci sia modo di tutelarsi da questi eventi se non investendo in beni il cui valore difficilmente scende. Parliamo di oro, argento e metalli preziosi in genere. Il contante invece rimane una scelta abbastanza sicura anche se la valuta – come abbiamo appena visto – potrebbe fare la differenza. Per il momento non rimane molto altro che aspettare e vedere se alla prossima riunione – prevista dal 22 al 24 agosto – la Fed deciderà di tagliare finalmente i tassi.