Politica
A destra e sinistra, duro compito per le teste riflessive
Di Daniele Capezzone
Dite che per l’Italia, dopo le comunali e le europee, il ciclo elettorale è concluso? Macché. E non mi riferisco solo alla sequenza di elezioni regionali che ci accompagneranno nei prossimi 12-18 mesi o al prevedibile referendum sull’autonomia nella prossima primavera.
Il punto è che, nella logica della campagna elettorale permanente, siamo costantemente dentro una competizione frenetica che sembra non consentire momenti di minima legittimazione reciproca, spazi da riservare all’esame nel merito delle questioni. Questa dimensione è irrimediabilmente preclusa.
In primo luogo per volontà della sinistra, sia chiaro. Che, in mancanza di una visione construens, e dovendo cercare un collante che unisca formazioni eterogenee, trova la “soluzione” nella demonizzazione selvaggia delle “destre”. Così, l’autonomia non è una opzione sostenuta anche dai progressisti fino a qualche tempo fa, ma è un’opera demoniaca che “spacca” l’Italia; il premierato non è la proposta sostenuta per anni dal Pds, ma è l’anticamera del “nuovo fascismo”; per non dire della separazione delle carriere, che già fa imbizzarrire i manettari della vecchia e della nuova stagione giustizialista.
Ma, sia pure più in termini difensivi che offensivi, pure a destra il rischio è quello di cadere nella contrapposizione banale. Una legislatura ancora lunga, una forte chance di vincere anche le prossime elezioni politiche, oltre a numeri parlamentari ampi, suggerirebbero di concentrarsi sulle cose più care ai propri elettori (il ben noto trittico: tasse-sicurezza-immigrazione). Ma la macchina del governo non procede spedita come dovrebbe, lo stesso percorso verso un grande partito repubblicano o conservatore appare inceppato, e il rischio è quello di adagiarsi in una dimensione identitaria, in cui l’impresentabilità altrui diventi la migliore giustificazione possibile della propria stasi. Come dire: cari elettori, stiamo facendo meno di quanto speravate (e speravamo), ma guardate di là…
Ecco. In uno scenario del genere, servirebbero spiriti liberi e teste fredde da ambo i lati. A sinistra, per mettere in guardia quello schieramento da un posizionamento “frontista” che non porterà nulla di buono, incendierà il clima, ma – in ultima analisi – non farà fare alcun passo avanti ai progressisti nella definizione di un profilo di governo. E servirebbe pure a destra, per un verso per spingere l’esecutivo in una dimensione riformatrice che appare smarrita o appannata, e per altro verso per accompagnare i tre partiti – in termini politici e ancor più culturali – verso una necessaria apertura, evitando derive da arroccamento nel bunker. Missioni difficili, ad elevata probabilità di sconfitta, per chi dovesse intraprenderle. Eppure, massimamente necessarie.