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USA 2024: – 128, dopo il flop nel dibattito, democratici s’interrogano su alternative a Biden
Di Giampiero Gramaglia
Lasciatisi alle spalle 90 minuti di sofferenza e di annaspamenti, nel dibattito con Donald Trump, giovedì notte, in diretta televisiva, il presidente Usa Joe Biden, candidato democratico a USA 2024, incontra un pubblico amico in North Carolina: ammette che non riesce più a condurre un dibattito “bene come sapevo fare”; ma, alzando la voce, aggiunge “So dire la verità, so distinguere il giusto dallo sbagliato e so come fare questo mestiere”. Il pubblico lo acclama. Quasi contemporaneamente, Trump, parlando in Virginia, afferma: “Il problema di Biden non è l’età, è l’incompetenza”. La gente lo osanna.
Dopo la caporetto sul palco della Cnn ad Atlanta, dove due americani su tre hanno decretato Trump vincitore, Biden non pensa di lasciare la corsa alla Casa Bianca. Ma, fra i democratici, il tam tam che ha cominciato a risuonare ancora prima che il dibattito finisse, è incessante: “Così non si può andare avanti… Ci vuole un’alternativa…”. Ma quale?, chi?, come?
Il campanello d’allarme più forte lo suona il New York Times, il cui ‘editorial board’ scrive, senza mezzi termini, che “il maggior servizio pubblico che il presidente Biden può ora rendere è annunciare che non correrà per la propria rielezione”: “Stando così le cose, il presidente sta giocando un gioco pericoloso… Ci sono leader democratici meglio attrezzati per offrire una chiara, stimolante ed energica alternativa a un secondo mandato di Trump presidente”.
Anche commentatori eccellenti sono sulla stessa linea: Frank Bruni (NYT) e Jennifer Rubin (Washington Post) pensano e scrivono che i democratici non possono tirare diritto come se nulla fosse, come se il dibattito non ci fosse stato.
I dibattiti presidenziali – ricorda la Ap – sono spesso fatti di stile e di impressioni, più che di dati e di sostanza: devi piacere più che convincere, essere empatico più che razionale. Trump emanava fiducia in se stesso – chiamatela pure prosopopea – e aveva il controllo della situazione, anche se infittiva le sue affermazioni su aborto e migranti di falsità e di esagerazioni. Biden esitava, anche quando i fatti e la realtà erano dalla sua.
I fact-checking dei media, progressisti e conservatori, contano oltre una dozzina d’errori, soprattutto di Trump, ma pure di Biden, senza contare le esagerazioni di Trump e le esitazioni di Biden.
La campagna di Trump dichiara vittoria. I sondaggi le danno ragione: per uno realizzato dalla Cnn, il 67% degli spettatori, i due terzi, hanno attribuito il successo al magnate, solo il 33% al presidente. Kamala Harris, la vice di Biden, ammette che il suo boss ha avuto “una partenza lenta”, ma invita gli americani a concentrarsi sulle cose fatte, più che su quelle dette.
La prestazione del presidente “ha cristallizzato le preoccupazioni di molti americani che Biden sia troppo vecchio per la presidenza” e ha innescato una raffica di appelli senza precedenti a ritirarsi, prima che la convention di fine agosto ne ufficializzi la nomination. C’è chi ventila l’ipotesi che Biden ‘molli’ la corsa a USA 2024, magari convinto dal suo ex boss Barack Obama, pur se le dichiarazioni fatte a caldo dal presidente candidato non vanno in questa direzione; e c’è chi snocciola alternative, spulciando nel gotha dei governatori democratici, quelli della California Gavin Newsom, del Michigan Gretchen Whitmer o della Pennsylvania Josh Shapiro. Una promozione della vice Harris appare improbabile. C’è, poi, la carta di riserva universale Michelle Obama, la moglie dell’ex presidente Barack: fosse per i media italiani, lei sarebbe tornata alla Casa Bianca nel 2020; ma, in realtà, non dà segno di volerlo fare, anche se l’incubo di un Trump 2 può costituire una forte spinta.
Se si vuole, o si deve, cambiare cavallo per avere più chance a USA 2024, l’importante è, però, farlo in fretta: convincere Biden a farsi da parte, magari con un nobile discorso alla convention e alla Nazione; trovargli un sostituto; e partire lancia in resta contro Trump e le sue bugie. I cambi di cavallo in corsa, nel dopo guerra, non hanno mai portato fortuna ai democratici: nel 1968 e nel ’72, gli abbandoni di Lyndon B. Johnson e di Edmund Muskie sfociarono in vittorie repubblicane.
USA 2024: Corte Suprema, raffica sentenze pro-Trump e anti Big Government
A rendere nero il venerdì democratico ha contribuito la Corte Suprema, con una raffica di sentenze pro – Trump e anti – Big Government. Nel finale del dibattito, il magnate ex presidente s’era fatto male da solo, evitando di denunciare la natura sovversiva dell’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021, quando migliaia di suoi fans, con il suo avallo, cercarono di costringere il Congresso riunito in sessione plenaria a rovesciare il risultato del voto. Trump non s’è neppure impegnato ad accettare l’esito delle elezioni del 5 novembre.
Poche ore dopo, la Corte Suprema, plasmata da Trump a netta maggioranza conservatrice e che non s’è ancora pronunciata sulle pretese d’immunità dell’ex presidente, ha pubblicato alcune sentenze con riflessi elettorali. Una azzoppa l’operato degli inquirenti contro i facinorosi del 6 gennaio 2021 – centinaia i condannati -, bocciando il ricorso a una legge che punisce chi ostruisce un iter pubblico – nel caso, la ratifica dei risultati elettorali -. Un’altra penaklizza il cosiddetto il Big Government, cioè l’insieme delle leggi che intralciano l’operato delle aziende o intaccano la libertà dei cittadini nel nome del bene comune, un cavallo di battaglia repubblicano, non solo di estremisti ‘trumpiani’.
La prima sentenza avrà riflessi anche sul processo a Trump sul 6 gennaio 2021, ammesso che lo si celebri mai.
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