Esteri

Nomine Ue, il Risiko dei partiti

19
Giugno 2024
Di Gianni Pittella

La candidatura di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea è in una fase critica a causa dei veti incrociati tra i gruppi politici europei. Durante la recente cena informale a Bruxelles, infatti, non è stato possibile raggiungere un accordo, perché I Partiti Popolare Europeo (PPE) e i Socialisti e Democratici (S&D) stanno cercando di negoziare le posizioni chiave in un unico pacchetto, ma non riescono a trovare un consenso sulla presidenza del Consiglio Europeo. Il PPE non accetta la candidatura di Antonio Costa per un mandato completo di cinque anni e propone invece una staffetta.

Nel frattempo, Ursula von der Leyen, che teme voti ribelli al Parlamento europeo, soprattutto al gruppo PPE, sta cercando il sostegno di Giorgia Meloni, e questo lo dimostrerebbe l’insolito ritardo della pubblicazione del rapporto sullo stato di diritto. Tuttavia, Macron e Scholz sono fortemente contrari a includere la premier italiana nella maggioranza.

Donald Tusk, il capo di governo del PPE attualmente più forte, ha sottolineato che la maggioranza dovrebbe rimanere composta da PPE, S&D e Liberali.

Giorgia Meloni ha cercato di ritardare le trattative fino all’8 luglio, sperando di negoziare da una posizione di forza dopo le elezioni francesi. Tuttavia, Macron e Charles Michel hanno anticipato il Consiglio Europeo al 27/28 giugno, mettendo in difficoltà la Meloni. Non votare la Commissione significherebbe per la Meloni isolarsi politicamente in Europa.

Questa situazione di incertezza riflette le tre interpretazioni sull’esito del voto di cui ha parlato Sergio Fabbrini sul Sole 24Ore la scorsa domenica: la prima interpretazione è che dal voto siano uscite vincitrici le destre europee, avendo visto crescere il numero dei propri aderenti nel nuovo Parlamento europeo; la seconda è che la vittoria sia in realtà per i partiti europeisti che hanno sempre governato l’Unione, in quanto la loro maggioranza, per quanto indebolita, viene confermata; la terza è la crisi dell’asse franco-tedesco, dettata da una crisi individuale di ciascuno dei due paese, la Francia a causa dell’ascesa della destra anti-sistema, che non propone però più l’uscita dall’UE, la Germania a causa della netta divisione elettorale tra ovest ed est.

Quanto queste difficoltà influenzeranno l’assegnazione dei ruoli chiave nelle istituzioni europee? Lo sapremo nelle prossime settimane.