La ripartenza post pandemica ha un suo linguaggio. Negli ultimi mesi abbiamo fatto conoscenza con una serie di parole e locuzioni, molte delle quali sono diventate di uso comune. Si tratta perlopiù di temini che definiscono alcuni gruppi di opinione o nomi di programmi economici, certificati, fondi, provvedimenti di cui non sempre abbiamo un’idea chiarissima. Per aiutare i nostri lettori ad orientarsi nel dibattito pubblico abbiamo preparato un breve glossario con i termini più utilizzati durante questa fase di ripartenza.
NEXT GENERATION EU volgarmente Recovery Fund
Il Next Generation EU è il piano messo in campo dall’Unione Europea per stimolare la ripresa economica dopo la crisi COVID-19. Costituito da sussidi e prestiti ha un valore complessivo di oltre 800 miliardi di euro.
Il NGEU è stato approvato dopo lunghe trattative nel Consiglio Europeo del luglio 2020 con l’ambizione di rilanciare l’economia attraverso investimenti in settori quali ambiente (oltre il 30% dei fondi è destinato al Green New Deal) e digitale. Il piano è finanziato quasi totalmente con l’emissione di titoli sui mercati finanziari da parte della Commissione Europea.
Il piano prevede una serie di misure, la più importante e cospicua è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza. A questa si affiancano il REACT-EU (50,6 miliardi di euro), destinato alla ripresa per la coesione dei territori d’Europa, e finanziamenti destinati ad ulteriori programmi e a fondi europei quali Orizzonte 2020, InvestEU, il Fondo per lo sviluppo rurale, il Fondo per una transizione giusta e RescEu.
L’Italia è uno dei maggiori beneficiari del Next Generation EU. Il nostro paese dovrà ricevere entro il 2026 circa 209 miliardi. Nel momento in cui scriviamo l’Italia ha già ricevuto il prefinanziamento del 13% del totale delle risorse, che corrisponde a quasi 25 miliardi di euro.
DISPOSITIVO EUROPEO PER LA RIPRESA E LA RESILIENZA volgarmente Recovery and Resilience Facility
È il fulcro del Next Generation EU, ha una dotazione di 672,5 miliardi di euro ripartiti tra 360 miliardi di prestiti e 312,5 miliardi di sovvenzioni, coprendo quasi il 90% del piano. I Fondi sono destinati a sostenere la transizione verde e la trasformazione digitale e a finanziare progetti destinati a donne e giovani.
Una delle condizioni necessarie per accedere al Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza è il rispetto dello Stato di diritto.
L’obiettivo del Dispositivo è quello di stimolare investimenti destinati alla ripresa e la realizzazione di riforme che rendano più “resilienti” le economie dei paesi membri dell’Unione.
L’accesso al Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza è subordinato alla presentazione da parte dei singoli paesi dei piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr).
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, abbr. PNRR, volgarmente Recovery Plan
È il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che gli Stati Membri dell’UE hanno presentato alla Commissione Europea per avere accesso ai fondi previsti dal Next Generation EU.
Il PNRR contiene le riforme e gli investimenti pubblici che il paese intende realizzare per rilanciare la propria economia. Almeno il 37% delle risorse devono essere destinate ai programmi finalizzati alla transizione verde ed ecologica e il 20% a progetti a supporto della transizione digitale di tutti i settori economici.
I singoli piani nazionali hanno dovuto rispettare dei criteri definiti, puntando su aree specifiche quali energie pulite e rinnovabili, efficientamento energetico degli edifici, trasporto sostenibili, sviluppo delle connessioni ultraveloci (banda ultralarga e 5G), digitalizzazione della PA, sviluppo del cloud e dei processori sostenibili, istruzione e formazione al fine di rafforzare le skills digitali.
Il piano presentato dal nostro paese e approvato dall’Ecofin il 13 luglio ha un ammontare complessivo di 191,5 miliardi di euro (68,9 miliardi in sovvenzioni e 122,6 miliardi in prestiti) a cui sono stati aggiunti 30,6 miliardi dal Piano complementare, raggiungendo così un totale di 248 miliardi di euro.
Il nostro PNRR prevede 6 differenti missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; Salute.
RIVOLUZIONE VERDE E TRANSIZIONE ECOLOGICA
È la parte più cospicua del PNRR italiano a cui sono state indirizzate il 37% delle risorse che corrispondono a 69,8 miliardi di euro. Obiettivo è quello di realizzare la transizione verde ed ecologica dell’economia italiana coerentemente il Green Deal europeo.
Le risorse sono ripartite in 4 componenti: agricoltura sostenibile ed economia circolare (7 miliardi di euro); Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile (18,22 miliardi di euro); Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (29,55 miliardi di euro); Tutela del territorio e della risorsa idrica (15,03 miliardi di euro).
GREEN DEAL EUROPEO
Consiste in una serie di proposte presentate dalla Commissione Europea per ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. L’obiettivo a lungo termine è quello di fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.
A questo scopo sono destinate circa un terzo delle risorse previste dai Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza presentati dagli Stati Membri dell’UE.
TRANSIZIONE DIGITALE
È la prima missione del PNRR. Su “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, il Governo guidato da Mario Draghi intende investire 40,7 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza.
La transizione digitale investe numerosi settori. Ad essa sono destinati molti progetti e riforme in settori come Pubblica Amministrazione, Giustizia, il sistema produttivo, connettività, infrastrutture satellitari, turismo e cultura. Tra le misure previste anche quelle dirette al rafforzamento del sistema nazionale di cybersecurity.
DIGITAL TAX
Quando si parla di Digital tax ci si riferisce ad una tassa internazionale sui redditi dei giganti dell’economia digitale. Il termine Digital Tax è diventato giornalisticamente un sinonimo di Global minimum tax, un’aliquota di almeno il 15 per cento da applicare ai profitti dei redditi delle multinazionali (Mne) con profitti globali superiori ai 20 miliardi all’anno.
Del provvedimento si è discusso molto in sede europea ma il Consiglio Europeo ha ritenuto opportuno rinviare l’introduzione in attesa delle decisioni che verranno prese ad ottobre durante il G20 di Roma. Una comunità di intenti è stata sottolineata durante il G7 di giugno in Cornovaglia e in sede Ocse si è giunti ad un accordo sulle linee generali di revisione della tassazione dei redditi delle multinazionali. L’accordo è stato rilanciato anche dai ministri delle Finanze e dai governatori delle banche centrali nel G20 di Venezia.
Con l’introduzione della Global minimum tax verranno meno le digital web tax in vigore in alcuni Paesi. L’Italia l’ha introdotta con la legge di bilancio del 2019 con risultati non proprio entusiasmanti in termini di gettito fiscale.