Politica
Elezioni, Meloni: questo un voto tra due modelli d’Europa
Di Giampiero Cinelli
«Serve un’Europa che sia un gigante politico, cosa che non abbiamo visto in questi anni, quando abbiamo avuto un’Europa che era un gigante burocratico. Il voto dell’8 e 9 giugno è un referendum tra due modelli d’Europa: sui migranti, sulla transizione verde, sulla carne sintetica, sul sostegno alle famiglie per i figli». Una sintesi in cui si riconosce l’impronta del premier. Giorgia Meloni ha parlato oggi nel programma televisivo Agorà su Rai Tre, dove è andata per lanciare gli ultimi messaggi in questi scampoli di campagna elettorale per le elezioni europee. Gli italiani andranno alle urne l’8 e il 9 giugno per rinnovare il Parlamento europeo.
L’equilibrio dei poteri
Per Giorgia Meloni Europa e Italia vanno viste in rapporto. A una Europa oggi pervasiva e burocratica va contrapposto un Paese in cui il potere sia più saldo. Ecco perché il riferimento al Premierato: «Se la politica è debole, sono forti altri poteri, le lobby, le burocrazie. Una politica che riprende il suo ruolo e fa quello che dicono i cittadini, chiaramente è anche un problema per tutti quelli che hanno dato le carte senza avere il consenso per darle. Però c’è una differenza tra una politica che si assume le sue responsabilità e altri che prendono quel ruolo in luogo della politica: i politici li puoi cacciare, gli altri no. E gli altri non hanno bisogno di rispondere ai cittadini. Fa così paura a tutti quei partiti che hanno fatto i governi senza avere il consenso dei cittadini», ha affermato ad Agorà la leader di Fratelli D’Italia.
Quale transizione verde
Riguardo al Green Deal, tema europeo per eccellenza: «Sugli obiettivi della transizione verde siamo tutti d’accordo, ma a un certo punto è diventata un alibi per entrare dentro le nostre case e in qualche maniera un attacco alle nostre libertà. Una transizione verde in forza della quale si ritiene di dirci quale auto possiamo guidare, che cosa possiamo mangiare, quanto possiamo coltivare, come dobbiamo ristrutturare le nostre case: non è la mia idea. La mia idea della transizione verde è di una sostenibilità ambientale che lavora di pari passo con la sostenibilità economica e sociale e quindi dà degli obiettivi ma lascia agli Stati nazionali la responsabilità di comprendere quali siano, per esempio, le tecnologie che servono a perseguire quegli obiettivi. Non ha molto senso – ha aggiunto Meloni – che noi rincorriamo la transizione verde legandoci a mani e piedi a un elettrico cinese che viene prodotto con le centrali a carbone: si chiamano emissioni globali per una ragione, perché anche se vengono prodotte dall’altra parte del globo terrestre, da noi arrivano lo stesso. Quindi serve un po’ meno ideologia, serve più pragmatismo».
Salari
Meloni ha poi riflettuto sulla situazione sociale italiana: «Il fatto che i salari in Italia siano tra i più assi in Europa è un problema che arriva da lontano. Voglio ricordare che nei dieci anni precedenti al Covid in Italia i salari sono diminuiti mediamente dell’1,5%, mentre in Germania crescevano del 16%, in Francia crescevano del 9 per cento. Quando è arrivata la guerra in Ucraina, particolarmente, c’è stata anche l’impennata dell’inflazione che ha impattato pesantemente su una situazione che era già compromessa. L’Istat ci dice che a ottobre del 2023 i salari hanno ricominciato a crescere più dell’inflazione, questo è molto importante, e ci dice che nel 2023, mentre prima i salari scendevano in Italia, sono aumentati del 3%, che è obiettivamente un cambio di passo, che significa che bisogna continuare su questa strada», ha rimarcato la premier.
Schlein non ha difeso me donna con De Luca
Infine il primo ministro ha parlato dei suoi avversari, soffermandosi sul Partito Democratico, osservando: «Con De Luca ho fatto quello che ritenevo giusto, sono stata insultata e mi sono difesa. Mi ha stupito che Schlein non fosse in grado, quando sono stata insultata da un esponente del suo partito, di dire una parola benché chiedessi pubblicamente una presa di distanza. Quando mi sono difesa, Elly Schlein che si dichiara paladina dei diritti delle donne, se l’è presa con me. C’è un po’ una delusione per una leader donna di cui ho stima ma che credo le stia mancando un po’ il coraggio di fare la differenza che probabilmente ci si aspettava. Questo la dice lunga su alcune battaglie di forma che fa la sinistra perché la segretaria è tornata a dire che la grande questione femminile per la quale io non sarei degna di rappresentare le donne, è che mi faccio chiamare ‘il presidente’. A me non frega nulla di come mi chiamano ma è una questione di forma, io pongo una questione di sostanza: si deve smettere di insultare le donne pensando che siano deboli, noi deboli non siamo, ci sappiamo difendere, ci vogliamo difendere e chiediamo lo stesso rispetto che riconosciamo ad altri».