Cultura

La lettura “Prima di andare a … votare”

28
Maggio 2024
Di Gaia De Scalzi

Domenico Petrolo e Lorenzo Incantalupo sono gli autori di “Chi mi ama mi voti”, trentadue interviste a professionisti della politica e del marketing a colpi di battute e racconti inediti.

Ascolterò con interesse le storie che avete raccontato in questo libro, poi, come disse una volta qualcuno: proverò a leggerlo.

“Chi mi ama mi voti”, di che parla?
Lorenzo: «Di politica e di marketing, di pubblicità e di storie. Siamo partiti da una pubblicità famosa di Oliviero Toscani di inizio anni ‘70, “Chi mi ama mi segua”. Era la reclame di una marca di jeans dove si vedeva il Lato B di una ragazza. All’epoca fece molto scandalo. Utilizziamo quel momento per raccontare un primo bacio fatale tra la pubblicità e la politica, perché poi in realtà tutto quello che ne conseguì fu di grande impatto sociale e politico. Parliamo anche della pubblicità della Milano da bere, quella dell’amaro Ramazzotti, del primo manifesto elettorale di Berlusconi, di Grillo e Casaleggio. E poi tante interviste a politici, portavoce e persino al consigliere personale di Zelensky, Mykhailo Podolyak».

Quindi volevate parlare di politica partendo da un Lato B?
Lorenzo: «Beh, diciamo che un Lato B ci ha ispirato. O forse abbiamo cercato un Lato B perché sapevamo già che avremmo parlato di un libro guardando la politica o il marketing dal suo Lato B».

Qual è stato però il primo politico che a vostro avviso ha rivoluzionato il mondo di fare comunicazione politica?
Domenico: «C’è un solo nome: Silvio Berlusconi».

Ecco la “B” da cui tutto ebbe inizio …
Domenico: «Prima di lui ci sono vari tentativi, ma il vero innovatore è senza dubbio Berlusconi, che porta in politica tutte le tecniche di marketing e di comunicazione usate con successo nelle sue imprese e che ancora oggi vengono usate da partiti e politici. Basti pensare al nome e alla faccia dei candidati sui manifesti. Questi strumenti sono frutto della stagione berlusconiana che, come dice Antonio Palmieri (ex portavoce e responsabile comunicazione di Forza Italia ndr) nel nostro libro, “è ancora nel suo trentesimo anno di età”. Berlusconi ha sempre impiegato, raccontandolo senza imbarazzo o ipocrisia, i mezzi e le strategie di comunicazione più moderni, basti pensare ai sondaggi che usava e citava continuamente».

Qual è stata l’intervista che vi è piaciuta di più?
Lorenzo: «Molto interessante quella di Luca Josi, segretario dei giovani socialisti all’epoca di Tangentopoli, una delle figure più vicine a Bettino Craxi durante gli ultimi anni della sua carriera. Josi era al fianco di Bettino il giorno in cui uscì dall’hotel Raphael. E sebbene gli avessero consigliato di uscire dal retro, Craxi rispose con un vigoroso no, prendendosi poi le monetine e tutto quello che ne conseguì. Ho toccato con mano la sua passione per la politica».

Domenico: «Per me quella a Podolyak. È stata emozionante e unica. Di fatto l’intervista a un Paese in guerra».

Siete riusciti a raggiungerlo facilmente?
Domenico: «Ci abbiamo lavorato tre mesi, grazie al supporto dell’Ambasciata italiana a Kiev. Ti dico soltanto che quando ci ha concesso l’intervista il libro era stato già chiuso e inviato alla casa editrice. Il 28 febbraio mandiamo il libro finito. Ma, poiché ci tenevamo molto, il 2 marzo – seguendo il principio “Casanova” ossia provarci sempre – mandiamo l’ennesimo whatsappino di sollecito e va a segno. Il giorno dopo, a libro chiuso, in due ore abbiamo bloccato le rotative, coinvolto due interpreti, avvisata l’ambasciata di Kiev in Italia, registrata, sbobinata e mandata l’intervista di Podolyak al nostro editore».

Quale personaggio manca nel vostro libro? 
Lorenzo: «Essendo l’anima più marketing, mi è mancato il punto di vista dello spin doctor di Salvini, Luca Morisi».

Avrei scommesso su Berlusconi …
Domenico: «Questo libro lo avrebbe scritto direttamente lui».

Tra i vari nomi anche quello di Rocco Casalino …
Domenico: «Si possono o meno condividere le sue affermazioni e le sue battaglie politiche – noi del Movimento 5 Stelle non condividiamo nulla -, però bisogna riconoscere che è un comunicatore di grandissime capacità. I pentastellati rappresentano quella che noi definiamo la seconda rivoluzione politica e comunicativa degli ultimi 30 anni. Casalino racconta il loro approccio bidirezionale alla rete, ossia ricevevano impulsi e in base a questi strutturavano le loro proposte. Partendo dalla rete, e grazie al genio di Casaleggio, sono arrivati a governare la settima potenza mondiale».

Vi piace il modo in cui comunica Giorgia Meloni?
Lorenzo: «Secondo me esistono due fasi di Giorgia. Giorgia prima di essere capo del governo, l’outsider a cui non era stata data una chance, che usava alcuni stilemi ereditati dalla rivoluzione grillina, anche se con un forte rischio di over-promising. E Giorgia dopo la presidenza che sta catalizzando in maniera abile il consenso e la luna di miele che ha ancora con il Paese, senza fare grandi cose e senza grandi scivoloni. Per certi versi il suo approccio è simile a quello di Calenda: ricostruire i partiti brand dopo una fase di partiti personali».

Ha fatto bene ad accogliere Chico Forti secondo voi?
Domenico: «Noi glielo avremmo sconsigliato. C’è un tema di sobrietà istituzionale che è totalmente saltato in questo Paese. Non bisogna tornare a Moro in giacca e cravatta sulla spiaggia, è evidente che quella stagione non c’è più. Anche in passato ci sono stati degli errori. Basta ricordare Silvia Romano che venne liberata, accolta ed esibita pubblicamente a Ciampino da Conte e Di Maio. Non fu una bella pagina neanche quella. Non si può trasformare tutto in propaganda, al di là della decenza istituzionale necessaria, la sovraesposizione non aiuta».

Cosa ne pensate della candidatura di Ilaria Salis? 
Lorenzo: «Nel libro c’è un capitolo proprio sul tema. Il testimonial o influencer politico funziona quando è in grado di traghettare i valori del partito. Se sono semplicemente figurine appiccicate a un manifesto elettorale potranno – forse – portare voti nell’immediato, ma il giorno dopo prenderanno una strada diversa. Pensiamo a Vannacci; anche se portasse voti sarebbero volatili, cioè voti che non portano vantaggio alla causa della Lega. Lui e la Salis sono entrambi esempi di una politica alla ricerca del successo nello ieri, neanche nell’oggi.  È ciò che definiremmo un’operazione di marketing miope, quindi senza risultati di lungo periodo».

Visto che si stanno avvicinando le europee, quale partito o quale candidato sta attuando la comunicazione migliore?
Lorenzo: «Non vediamo nulla di sconvolgente. Tuttavia, a parte il logo, mi sembra un oggetto di comunicazione molto potente la lista Stati Uniti d’Europa, proprio come nome».

“Chi mi ama mi voti”: era un libro necessario?
Domenico: «Ma che scherzi? C’è gente che ci ha implorati di scrivere questo libro. Tra l’altro non vorrei dirlo ma c’è un tipo, tal Paolo Iabichino, uno dei più grandi pubblicitari italiani, che ha scritto la postfazione. Cito le sue parole: “Questo è un libro che ci ha parlato di politica, anzi no, è un libro, un libro bellissimo, che ci ha parlato di pubblicità. E se una cosa non contraddice l’altra, è evidente che forse un libro così era più che mai urgente e necessario”. E noi ci affidiamo al suo giudizio».

Una guida per l’8 e il 9 giugno?
Lorenzo: «Di certo non ti aiuta a scegliere il candidato, ma ti fornisce gli strumenti per comprendere quali sono i maquillage di comunicazione che occultano e nascondono la parte più politica. Diciamo che è una buona lettura prima di andare a votare».