Economia
Confindustria dovrebbe promuovere un “ritorno in bottega” delle nuove generazioni
Di Gianni Pittella
Ho incontrato Emanuele Orsini [nuovo presidente di Confindustria, ndr.] diverse volte, lui era vice presidente di Confindustria ed io ero membro del Senato della Repubblica. Discutendo in particolare di alcuni temi europei e del ruolo della Italia
rimasi colpito dalla sua padronanza dei dossier, ebbi immediatamente la percezione di un uomo competente, concreto e capace di ascoltare e confrontarsi.
D’altra parte la sua storia ci indica questo profilo e ci fa coltivare l’auspicio dell’esercizio pragmatico e incisivo del ruolo che compete a Confindustria sia nello scenario nazionale che in quello europeo.
Ci sono temi importanti, direi decisivi. In Italia il settore della manifattura di precisione è un comparto cruciale, caratterizzato prevalentemente da un tessuto di piccole e medie imprese che operano anche in collaborazione tra loro, costituendo veri e propri distretti industriali specializzati in vari settori che, spesso, ruotano attorno a grandi aziende multinazionali che generano indotto per intere aree geografiche.
L’industria manifatturiera italiana è storicamente nota per la qualità e l’innovazione dei prodotti, grazie a una consolidata tradizione artigianale e a una continua ricerca dell’eccellenza in campi come la moda, il design, la meccanica di precisione e il settore food. Elementi cardine della realizzazione manifatturiera italiana, assieme alla qualità assoluta delle materie prime, sono senz’altro l’unicità dei prodotti finiti e l’identità della tradizione italiana che essi esprimono. Un marchio, quello del Made in Italy, che rappresenta il riferimento da non perdere anzi da preservare, per portare nel mondo un tratto caratterizzante del nostro territorio e della qualità dei nostri imprenditori. Dunque un ossimoro ed al contempo una complementarità da raccontare tramite i prodotti: la personalizzazione degli stessi atta a raccontare un radicamento ed una identità pronta ad aprirsi al mondo. Ecco il secondo passaggio: la messa sul mercato sempre più globalizzante del prodotto di nicchia il quale rimane di assoluta esclusività ma può raggiungere un pubblico sempre più vasto.
Per raggiungere i massimi risultati in termini di promozione ed apprendimento dell’alta specializzazione manifatturiera, Confindustria dovrebbe promuovere un “ritorno in bottega” delle nuove generazioni affinché i lavori e le discipline legate all’ impresa locale possano essere apprezzate fino in fondo e ricercate come si fa con i prodotti di nicchia. Dar valore alle professioni ed alle professionalità per creare valore tramite chi deciderà di sceglierle.
L’altra grande questione è il rapporto tra Mezzogiorno ed Europa. Il sistema produttivo europeo ha bisogno di un balcone intermodale tra due continenti, l’Asia e l’Africa . Esse si legano all’Italia prevalentemente tramite la risalita del Canale di Suez, il porto di Gioia Tauro e di Taranto: insomma, piattaforme indispensabili che rendono il Mezzogiorno d’Italia il centro di un distretto di diffusione dei prodotti di qualità che possono così raggiungere sempre più vaste destinazioni in giro per il mondo. Siamo consapevoli che il Mezzogiorno non sia solo produttore di merci ma è punto di raccordo e di scambio che offre dunque un servizio al nord ed ai suoi produttori. Su questo punto occorre una copiosa onda di finanziamenti europei e nazionali che consentano una realizzazione di una piattaforma logistica pienamente adeguata a svolgere questo ruolo. In tal modo il Mezzogiorno potrà essere area di produzione di prodotti di qualità nei settori precedentemente ricordati e può diventare l’hub produttivo e strategico di una grande area che comprende l’Europa, l’Africa e l’Asia.
In questi anni molti di noi hanno insistito su questi concetti e la nostra voce va irrobustita da una scelta di priorità invocata a uno degli attori più importanti del paese quale è Confindustria. Ecco perché la presidenza di Orsini può aprire una fase promettente e feconda.