Cultura
La forma è donna: Carla Accardi. Palazzo delle Esposizioni la celebra nella prima antologica
Di Alessandro Caruso
Carla la grande, Carla la simpatica, Carla la perfida, Carla l’esibizionista, Carla l’amica, Carla la furba. Esistono tante Carla Accardi, a seconda delle esperienze che ha avuto chi le è stato vicino negli anni della sua intensa vita. Ma è normale quando si ha un ruolo da protagonista in un mondo complesso come quello dell’arte. Tanta competizione, le invidie, i pettegolezzi. Di sicuro c’è una cosa: Carla Accardi è entrata nella storia dell’arte contemporanea grazie al suo carisma stilistico e alla sua figura aggregatrice. La sua casa è stata crocevia di esperienze e confronti, che hanno animato il fermento artistico romano dagli anni Cinquanta agli anni Settanta. Palazzo delle Esposizione in occasione del centenario dalla sua nascita le dedica una mostra antologica di assoluto spessore, certamente un doveroso tributo a una delle artiste italiane più importanti del Novecento.
Ma perché celebrare quest’artista? La mostra lo spiega bene, in modo chiaro, “fotografando” limpidamente tutti gli aspetti della personalità artistica della Accardi, lasciando trasparire la chiave di lettura politica. Proprio così. Impossibile non diventare divisivi, se si decide di assumere posizioni. Soprattutto se le posizioni sono nette e di rottura. Dalla costituzione del gruppo Forma, fino alle sue teorie femministe, che hanno spianato la strada al successivo movimentismo più radicale, le scelte dell’artista sono sempre state volte all’inversione dei paradigmi e alla creazione di nuovi equilibri visivi e culturali. “La forma è mezzo e fine, il quadro deve poter servire anche come complemento decorativo di una parete nuda, la scultura anche come arredamento di una stanza; il fine dell’opera d’arte è l’utilità, la bellezza armoniosa […] Ci interessa la forma del limone non il limone”. What?!? Lo statuto del gruppo Forma, di cui la Accardi, insieme a Turcato, Consagra, Guerrini, Attardi, Perilli, Sanfilippo e Dorazio fu tra i fondatori, in alcune sue parti suonava come un pugno nello stomaco per i dettami del tempo. Siamo nel secondo dopoguera, in pieno realismo e figurativismo, mentre il gruppo proponeva un ritorno all’Astrattismo. E continuavano: “Riconosciamo nel formalismo l’unico mezzo per sottrarci ad influenze decadenti, psicologiche, espressionistiche“. Questa la cifra estetica con cui loro volevano raccontare anche le loro posizioni politiche: marxisti e convinti della parificazione totale dei sessi e della necessità di un riscatto sociale e culturale della figura femminile, non più subalterna all’uomo ma individuo con facoltà di affermarsi nella vita a prescindere dall’uomo.
Caso unico tra gli artisti italiani della sua generazione, ha allacciato dialoghi significativi con artisti e intellettuali più giovani nell’arco delle diverse stagioni del suo lavoro. In mostra circa cento opere, datate dal 1946 al 2014, articolate in un percorso cronologico che include porzioni di allestimenti concepiti dalla stessa Carla Accardi, dedotti dalla documentazione fotografica che ha consentito di ricostruire anche la sala personale alla Biennale di Venezia del 1988. Grazie a questi ‘innesti’, nel progettare la mostra è stato possibile affidarsi alla ‘scrittura espositiva’ dell’artista stessa, potendo così restituire l’estrema libertà con la quale concepì il rapporto tra opera e spazio, scardinando convenzioni e inaugurando nuove pratiche, come le famose Tende, simbolo di quel nomadismo che evoca libertà.
In mostra sono anche esposte le altre due opere dell’artista concepite come spazi abitabili e attraversabili, la Casa labirinto del 1999-2000 e il Cilindrocono del 1972-2013. È riproposta anche l’installazione-ambiente Origine, l’opera maggiormente legata alla militanza femminista di Carla Accardi, nel modo esatto in cui l’artista la presentò nel 1976 a Roma, concependola come un percorso attraverso i recessi della memoria.
Quello di Palazzo delle Esposizioni è un tributo a una donna che lasciato un segno forte e indelebile nell’estetica contemporanea. Ed era giusto organizzare questa mostra a Roma. Perché Carla Accardi ha amato Roma. E Roma ancora la ama.
Fino al 9 giugno 2024.
In alto: Assedio-rosso-n°-3_Collezione privata Firenze. Courtesy Tornabuoni Arte