“La geografia della fame è una leggenda”, scriveva Enrico Mattei nel 1960 – “è legata solo alla passività, all’inerzia creata dal colonialismo nelle popolazioni autoctone. Ho lottato anch’io contro l’idea fissa che esisteva nel mio Paese: che l’Italia fosse condannata a essere povera per mancanza di materie prime e di fonti energetiche. Queste fonti energetiche le ho individuate e le ho messe in valore e ne ho tratto delle materie prime”, concludeva il manager dell’Eni.
E alla figura del grande dirigente si è ispirato il convegno che oggi si è svolto al Senato: “Le grandi potenzialità del Piano Mattei“, Enrico Mattei che, nel dopoguerra, lanciò il primo piano che prendeva il suo nome, a partire da un’intuizione: salvare l’Agip, compagnia petrolifera pubblica italiana fondata nel 1926, che dal 1953 divenne di proprietà del gruppo Eni e da questa venne assorbita alla fine degli anni novanta.
Su iniziativa del senatore di Fratelli d’Italia Bartolomeo Amidei, presidente dell’Intergruppo parlamentare su Made in Italy e Innovazione, con il sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro, la vicepresidente della Regione Lazio Roberta Angelilli e il senatore Lucio Malan, presidente del gruppo di FdI al Senato, il dibattito – con la moderazione dell’economista Fabio Verna – ha fatto il punto del piano, dopo il lancio della cabina di regia da parte della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Amidei: una scommessa che andava fatta
«Il Piano Mattei è un progetto importante, una scommessa che andava fatta e che mi fa pensare al motivo per cui fino ad oggi nessuno aveva pensato di coinvolgere il continente africano in un rapporto di partenariato, e grazie alla nostra Presidente Giorgia Meloni oggi il Piano Mattei esiste ed è una realtà da cui non si può transigere», ha introdotto così i lavori del convegno da lui promosso, il senatore di Fratelli d’Italia Bartolomeo Amidei.
«Abbiamo cominciato il 29 gennaio scorso con una conferenza in cui sono stati coinvolti 25 capi di Stato di paesi africani e su questa strada intendiamo proseguire, una presa di coscienza che ci vede coinvolti sotto tanti aspetti, dall’ambiente all’agricoltura, dalla sanità all’istruzione. Sono già stati pianificati per il Piano Mattei 5,5 miliardi di euro e non sono pochi, uno stanziamento proteso a vedere l’Africa come partner e non più come un continente da sfruttare, un continente privo di diritti umani e che muore di sete. Dobbiamo perciò affrontare questa scommessa per lo sviluppo dell’Africa in un’ottica che non è solo italiana ma europea», ha chiosato Amidei.
Barbaro: la sicurezza energetica al centro
«Bisogna far comprendere le dinamiche culturali che hanno portato alla nascita del Piano Mattei. E cito il cambio di paradigma che ha adottato il governo già all’interno della denominazione del mio ministero”, ha spiegato nel proprio intervento il sottosegretario al ministero dell’Ambiente, Claudio Barbaro.
«L’ambiente è tornato a essere tale e non più ‘transizione ecologica. Ma la parte che ci interessa di più è la sicurezza energetica: già all’interno della denominazione c’è il cambio di paradigma che va nella direzione del Piano Mattei. Al centro della vita del nostro Paese c’è la sicurezza energetica, che è importante per recuperare un posizionamento del Paese in politica estera».
«L’intuizione di Mattei – ha aggiunto – fu quella che l’Africa debba essere un continente con cui rapportarsi da pari a pari: un indirizzo non predatorio e non caritatevole. Questo ha permesso di far diventare l’Eni il colosso che è oggi, un organismo estremamente importante”. “Il percorso del Piano Mattei – ha concluso – passa attraverso aspetti che vanno anche al di là della sicurezza energetica. E centrale è il ruolo del ministero dell’Ambiente, che è uno dei protagonisti principali: su 4,5 miliardi, 3 provengono dal fondo per il Clima. L’obiettivo è preciso: mettere a terra gli investimenti con la capacità di incidere nell’ambito energetico sotto il profilo della sostenibilità. Formeremo i nuovi manager della sostenibilità».
Angelilli: decisione Meloni rivoluzionaria
«È rivoluzionaria la decisione di Meloni di mettere l’Italia al centro di un grande progetto. Per anni l’unica politica verso l’Africa è stata una dotazione finanziaria rilevante ma fragile, indirizzata solo alle politiche di cooperazione allo sviluppo. La nostra iniziativa non è paternalistica, di solidarietà, né tanto meno predatoria. Il nostro è un ambizioso e vero Piano di sviluppo. È una mossa, al livello geopolitico, necessaria e urgente, persino tardiva». Lo ha detto la vicepresidente della Regione Lazio, già eurodeputata di Fdl, Roberta Angelilli.
Malan: svolta per politica italiana ed europea
Il Piano Mattei è «una svolta per la politica non soltanto italiana, ma anche europea», ha detto il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan.
«L’attenzione per l’Africa, l’interesse comune a uno sviluppo armonico di questo grande continente, è nell’interesse dell’Italia e della stabilità internazionale – ha aggiunto -. Dopo decenni di disinteresse o di azioni non coordinate, con il Piano Mattei, l’Italia mira ad una politica coerente, duratura e non predatoria in Africa. È un continente troppo importante, ricchissimo di risorse, da cui arriva l’immigrazione che dobbiamo controllare. Abbiamo bisogno della collaborazione di questo grande continente e di uno sviluppo che prevenga le ondate migratorie e che contribuisca al benessere comune dell’Europa, dell’Africa stessa e di tutto il mondo», ha concluso.
«L’Africa per l’Italia dovrebbe essere la prima preoccupazione in politica estera. Siamo diventati esperti delle cittadine sul fiume Dnipro, ma ci siamo dimenticati di Paesi che sono caduti sotto il controllo russo, o russo-cinese, dal punto di vista degli armamenti e degli investimenti. E in cambio dell’investimento c’è la colonia».
«Qualcuno – ha aggiunto – dice che non vede i dettagli del Piano Mattei. Non è uno dei piani quinquennali dell’Urss, ma è una struttura, un canale, nel quale aziende, amministrazioni e tutti coloro che sono interessati possono trovare un veicolo dove poter fare investimenti e interazioni, realizzare quello che è nelle cifre. La soluzione non è solo prendere decine di milioni di africani, spesso con scarsissima preparazione, e portarli in Europa, ma lo sviluppo sinergico dell’Africa e dell’Europa».
Un passo indietro
Il 29 gennaio 2024, la presidente Giorgia Meloni, nell’Aula del Senato della Repubblica ha presentato il cosiddetto Piano Mattei, di fronte a una platea composita, tra cui rappresentanti di 46 paesi e di 25 leader provenienti dal continente africano, tra cui anche il presidente dell’Unione Africana.
L’espressione è stata scelta dal governo Meloni per sintetizzare un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati Africani, richiamando il nome dell’ex presidente Eni scomparso nel 1962, di cui si vuole emulare l’approccio democratico e non di mero sfruttamento del territorio africano.
Il piano è nato un anno fa, quando il governo ne ha delineato la governance con il decreto legge 161 del 15 novembre. Ma è stato nominato ben prima, fin dal discorso di richiesta di fiducia alle Camere. Dal punto di vista strutturale, si tratta di un progetto complesso e articolato, le cui differenti ramificazioni dovranno essere delineate in maniera dettagliata in seguito.