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Usa 2024: – 231, elezioni farsa in Russia riflettono momento cupo per democrazia globale

18
Marzo 2024
Di Giampiero Gramaglia

“Le elezioni farsa in Russia riflettono un momento cupo per la democrazia globale”: lo scrive oggi, sul Washington Post Ishaan Tharoor, avendo in mente certo il voto plebiscitario per Vladimir Putin, ma anche la gerontocrazia che affligge la democrazia statunitense e pure gli assolutismi, le teocrazie e le autarchie che sussistono altrove nel Mondo.

“Momento cupo per la democrazia globale” può apparire epigrafe singolare, su un anno in cui circa la metà degli abitanti del Pianeta vanno alle urne, praticando, quindi, la democrazia, almeno quella delle schede, con elezioni in Russia, India, Unione europea, Stati Uniti e in molti altri Paesi.

E se il commento della Casa Bianca dà la linea e la stura alle reazioni occidentali – le presidenziali in Russia non sono state “né libere né eque”, recita, quasi ripetendo una sura, un coro di leader -, Donald Trump non vuole neppure dichiarare Putin responsabile della morte in un carcere siberiano dell’oppositore Alexiei Navalny: “Non so se Putin è responsabile del decesso di Navalny: forse, ma non lo so”, dice, pur aggiungendo che “Navalny era ancora giovane e statisticamente aveva molto da vivere”.

Cautele e parole che inducono il presidente Usa Joe Biden a ribadire un concetto più volte espresso in questa campagna: “Viviamo in un momento senza precedenti. La democrazia e la libertà sono sotto attacco. Putin è in marcia sull’Europa e il mio predecessore si inchina a lui e gli dice di fare quel che vuole. Ma noi non ci inchineremo, io non mi inchinerò”.

Biden si riferiva alla minaccia di Trump di spingere Putin a fare quel che vuole dei Paesi della Nato che non contribuiscono adeguatamente alle spese per la difesa, negando loro la solidarietà atlantica. Poi, pensando al monito più recente del magnate (“Se non sarò eletto, sarà un bagno di sangue”), aggiunge: “Il veleno scorre nelle vene della nostra democrazia. La disinformazione è ovunque. C’è un ciclo tossico di rabbia e cospirazione”.

A questo punto, Nancy Pelosi, ex speaker della Camera, decana della politica Usa, ultra-ottantenne, s’interroga se sia il caso che, com’è consuetudine, l’intelligence statunitense condivida con Trump, quando sarà ufficialmente il candidato alla Casa Bianca del partito repubblicano, i suoi briefing: “Se lo faranno, che gli mettano almeno dei paletti su con chi a sua volta condividerle”. Ma si sa che Trump ama violare le norme ed abbattere i paletti.

Dittatori e autocrati di mezzo Mondo portano in tributo a Putin i loro rallegramenti. I dati ufficiali parlano di un’alta affluenza – ben superiore a quella del 2016 – e di un 88% circa di preferenze al presidente uscente, confermato per un quinto mandato con quello che assomiglia a un plebiscito.

Se il voto in Russia conta e poco dal punto di vista della democrazia, Washington, Bruxelles e altre capitali dell’Occidente allargato s’interrogano all’impatto delle elezioni sulla guerra in Ucraina, dove Kiev è in crescente difficoltà e gli alleati sono sempre più inquieti per un conflitto di cui non s’intravede l’epilogo.

Oggi, la riunione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Ue, con il segretario di Stato Usa Antony Blinken, ha pubblicato una dichiarazione comune sul voto russo, la cui messa a punto è stata resa complicata dalla necessità di ottenere l’assenso dell’Ungheria, che ha con Mosca rapporti ben diversi da quelli degli altri partner Ue e Nato.

Per la diplomazia occidentale, un rischio collegato all’esito delle elezioni russe è il consolidamento del potere di Mosca sulle quattro regioni ucraine occupate e annesse, dove il consenso per lo ‘zar’ è stato perfino superiore alla media nazionale. Ue e Usa reagiranno con ulteriori sanzioni, centrate sulla violazione dei diritti umani e conseguenti alla morte di Navalny. Nei prossimi giorni, è attesa, in sede Ue, la proposta di utilizzare i fondi russi congelati per inviare armi a Kiev. E, sullo sfondo, c’è l’ipotesi, per ora remota, dell’invio in Ucraina di truppe occidentali: una prospettiva che crea problemi a Biden, in prospettiva elettorale, perché non sarebbe popolare negli Usa e offrirebbe argomenti alla propaganda ‘trumpiana’.

Il presidente francese Emmanuel Macron, che ne parlò per primo, ha di fatto ribadito il concetto dopo ill vertice con Olaf Scholz e Donald Tusk, nonostante le polemiche innescate. “Può darsi, che a un certo momento – non me lo auguro e non prenderò io l’iniziativa -, bisognerà portare avanti operazioni sul terreno per far fronte alle forze russe”. Non è l’unico, nell’Ue, a pensarlo. La premier estone Kaja Kallas, in un’intervista alla Bbc, ha detto: “Putin usa la trappola della paura ma dobbiamo ricordare ciò di cui Putin stesso ha paura. E lui ha paura di andare in guerra con la Nato”.