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Usa 2024: – 243, Super Martedì, Biden e Trump a gonfie vele, ma non fanno bottino pieno

06
Marzo 2024
Di Giampiero Gramaglia

La notizia è che né l’uno né l’altro hanno fatto percorso netto: Joe Biden perde alle Samoa, battuto da un candidato locale; e Donald Trump perde in Vermont, dove Nikki Haley ottiene la seconda, e probabilmente insperata, vittoria di queste primarie, dopo quella di domenica a Washington, D.C..

Altrove, il presidente e l’ex presidente fanno una cavalcata trionfale, avvicinandosi alla nomination dei rispettivi partiti e a una rivincita il 5 novembre del voto del 3 novembre 2020. È la prima volta che succede dal 1952/’56, quando il generale Dwight Eisenhower e il diplomatico Adlai Stevenson si sfidarono due volte per la Casa Bianca (vinse sempre il vincitore dello sbarco in Normandia).

Biden e Trump confermano entrambi la loro forza elettorale, ma anche le loro vulnerabilità. L’uno e l’altro sono esposti a dissensi interni ai loro partiti: Biden fra i giovani, le minoranze, la sinistra; Trump fra i conservatori moderati e tradizionali.

Usa 2024: Super Martedì, i risultati e il conto dei delegati
Il Super Martedì di Usa 2024 ha ben poco di super: manca l’incertezza, a dare pathos e suspence alla notte elettorale. I protagonisti seguono i risultati da casa loro: Biden è alla Casa Bianca; Trump nella sua dimora di Mar-a-lago in Florida; e Haley al quartier generale di Charleston (SC), dove tutti sono preparati a un discorso d’addio che (ancora?) non arriva, alimentando voci su quel che intende fare l’ex governatrice – c’è chi le presta l’intenzione di correre come indipendente -.

Nel computo dei delegati, i conteggi sono ancora in corso. Fra i repubblicani, l’ex presidente non può, in ogni caso, superare la soglia dei 1215 che assicurano la nomination: dovrà attendere – già si sapeva – la tornata del 19 marzo, quando si vota in Arizona, Florida, Illinois, Kansas e Ohio. Invece, fra i democratici, il presidente, a conti fatti, sarà vicinissimo alla certezza matematica.

Biden vince in tutti gli Stati, ma non alle Samoa, dove, però, non si vota alle presidenziali: lo batte Jason Palmer, un imprenditore locale, con il 56% dei voti contro il 44%. Palmer porterà i suoi sei delegati alla convention del partito ad agosto. La misura del successo del presidente non la danno le percentuali marginali dei suoi rivali, il deputato Dean Phillips e la scrittrice Marianne Williamson, ma il numero delle schede ‘uncommitted’: elettori democratici che, a causa dell’età o di altro, non ne condividono la candidatura e che, dove possono manifestarsi, sono in genere meno del 10%.

Trump perde il Vermont, ma vince largo e talora larghissimo ovunque, due a uno o addirittura 4 a 1 sulla Haley. Il magnate ci resta un po’ male, a non fare bottino pieno, ma, come al solito, non lo dà a vedere.

Usa 2024: Super Martedì, le reazioni e i commenti
Prima che fossero annunciati tutti i risultati, il magnate ha fatto in diretta tv il suo ‘victory: “E’ stata una serata formidabile”, ha detto, vantandosi di avere fatto “una cosa che nessuno avevo fatto prima nella storia” e ripetendo che Biden sarebbe “il peggior presidente di sempre”. Quindi ha profetizzato che il partito repubblicano “sarà presto riunito”, aumentando la pressione su Haley perché si ritiri.

Biden s’è limitato a un comunicato della sua campagna: Trump “vuole distruggere la democrazia, strapparci libertà fondamentali e approvare un altri tagli fiscali per miliardi di dollari per i ricchi. Farà o dirà qualsiasi cosa per andare al potere”.

Anche la Haley, con una nota, spiega che “l’unità non si raggiunge dicendo semplicemente ‘siamo uniti’ … Resta un ampio gruppo di elettori repubblicani profondamente preoccupati da Trump… Affrontare queste preoccupazioni renderà il partito e l’America migliori”.

Usa 2024: Biden, screzio ucraino; Trump sta con Israele
Nella notte elettorale, c’è anche spazio per la politica estera. Trump esprime in forma più esplicita che mai finora il sostegno a Israele nella guerra a Gaza, proprio mentre cresce la pressione, dentro e fuori gli Stati Uniti, perché Washington metta un freno all’alleato. “Sì”, risponde in magnate, a chi sulla Fox gli chiede se sia “nel campo di Israele”. L’intervistatore incalza: l’ex presidente – chiede – “condivide” il modo in cui Israele conduce l’offensiva nella Striscia? “Sì – risponde il magnate -: deve risolvere il problema”.

Invece, Biden incappa in uno screzio ucraino. La first lady ucraina Olona Zelenska declina l’invito a seguire dalla tribuna degli ospiti, accanto alla first lady Jill Biden, il discorso sullo stato dell’Unione che il presidente farà domani sera. Gli ucraini non apprezzano che, accanto a Jill, debba pure esserci la vedova dell’oppositore russo Alexiei Navalny, perché il defunto dissidente riteneva la Crimea russa. Alla fine, non ci saranno – pare – né Olona né Yulia.

Usa 2024: chicche politiche nel Super Martedì
La giornata politica offre altre chicche. In California, dove le primarie servono anche per scegliere il candidato senatore allo scranno lasciato libero dalla morte di Dianne Feinstein, fra i democratici vince il deputato Adam Schiff, uno dei ‘grandi inquisitori’ di Trump nelle cause per impeachment del 2019 e 2021. Non è ancora chiaro chi sarà il suo antagonista.

E la senatrice dell’Arizona Kyrsten Sinema, eletta con i democratici, poi divenuta indipendente, annuncia il suo ritiro dalla vita politica, dopo un anno di voci e di illazioni sulle sue intenzioni, offrendo ai repubblicani l’opportunità di strappare un seggio ai democratici. La partita a novembre tra il deputato democratico Ruben Gallego e la governatrice repubblicana dello Stato, Kari Lake, una ‘trumpianissima’, potrebbe decidere quale partito controllerà il Senato nel biennio 2025/’26. Nell’annunciare la sua scelta, Sinema dice: “Credo nella mia visione della politica, ma la mia non è quella dell’America in questo momento”.

In campo repubblicano, il leader dei senatori uscente, Mitch McConnell, che ha già annunciato che lascerà il posto dopo le elezioni, valuta se dare o meno il proprio endorsement a Trump, da cui aveva preso le distanze dopo la sommossa del 6 gennaio 2021. Il suo sarebbe un gesto per favorire l’unità di un partito diviso.