Ambiente
Imballaggi in plastica, l’Italia contro il nuovo regolamento Ue
Di Giampiero Cinelli
Sul nuovo regolamento Ue per gli imballaggi e i rifiuti da imballaggi si è concluso il primo tavolo, detto comunemente “trilogo”, tra Commissione, Consiglio e Parlamento, arrivando a una bozza di accordo che ora andrà ulteriormente esaminato e approvato definitivamente. Quello che può sembrare un progetto edificante e molto ambizioso, nasconde però non pochi disagi pratici.
Disagi inerenti all’adeguamento per le tante aziende italiane, le quali operano in un Paese molto efficiente nel riciclo, che già occupa i primi posti in Europa nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti, che così dovrebbe cambiare i suoi standard in particolare riguardo al trattamento delle plastiche; certamente un obiettivo da perseguire, ma in modo realistico e senza stravolgere la filiera.
Un regolamento che non risolve
Secondo Andrea Campelli, Direttore Relazioni Esterne di Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero degli imballaggi in plastica, il quale è intervenuto stamattina a Largo Chigi, il talk di The Watcher Post, «questo regolamento non è risolutivo e non permetterà di ridurre gli sprechi come si pensa. Voler ridurre entro il 2023 del 5% i rifiuti da imballaggio è solo un proposito ideologico e stupisce che il testo venga redatto proprio ora a ridosso elezioni. Siccome sappiamo che un regolamento ha un carattere più vincolante rispetto ad altri atti dell’Unione europea. E poi se consideriamo tutte le differenze che ci sono tra gli Stati sulle prestazioni nel settore rifiuti, con alcune nazioni che addirittura mandano 80% in discarica, non era assolutamente questa la strada da intraprendere. Si arriverà alla fine a rendere effettivi solo alcuni punti del regolamento, temo saranno quelli più problematici e in realtà non rilevanti, come il divieto delle monodosi nei ristoranti e del rivestimento in plastica delle valige da viaggio».
Basta investire diversamente. E meglio
Non le manda a dire anche Fabrizio Penna, Capo Dipartimento Unità di Missione del Pnrr al Ministero dell’Ambiente, che nel talk spiega come siano a volte più importanti gli investimenti in tecnologia nel campo dei rifiuti, più che gli obiettivi puramente quantitativi che vengono posti dall’alto. In sostanza, potrebbe non essere necessaria una riduzione così ampia se attraverso i giusti strumenti si riesce a recuperare meglio e a rinforzare il sistema di economia circolare. Proprio per questo nel Pnrr sono previsti complessivamente 2.100 miliardi di investimenti dedicati all’organizzazione e gestione della differenziata e all’implementazione di progetti faro, che migliorano selettivamente il trattamento di alcuni materiali come il Pet. «Può sembrare poco in termini economici – ha riflettuto Penna – ma appunto bisogna guardare al coefficiente di efficienza di questi investimenti. La difficoltà nostra sta invece nel coordinamento di più di mille progetti sulla differenziata sparsi in tutto il territorio e un segnale allarmante è la carenza richieste anticipazione (di denaro). Questo però è l’effetto del Pnrr, della cui difficoltà avevamo già detto, dovendosi raccordare i vari livelli fino a quello sovranazionale. Con il nuovo regolamento il nostro sistema dei rifiuti è sotto attacco, ma stiamo negoziando», ha concluso.
La posta in gioco alle elezioni europee
Per avere un quadro il più possibile lucido della situazione in Italia non si può però trascurare il dislivello tra nord e sud. Spesso anche quando i fondi ci sono, non vengono sfruttati nel rimuovere il gap. Un caso eclatante è quello della Campania, da molti ricordata come teatro delle cosiddette “eco-balle”, cioè ammassi di rifiuti che rimangono a vista d’occhio. Per rinforzare il sistema integrato dei rifiuti ci vorrà un’azione politica oltre alla creazione di più strutture e il miglioramento delle capacità tecniche, anche dal lato delle imprese. Ecco perché con il nuovo regolamento che si profila bisognerà supplire alla possibile lentezza di molte realtà e nel sostenere la transizione il governo offre contributi specifici per 30 milioni. Ne ha parlato a Largo Chigi Gianpiero Zinzi, capogruppo della Lega alla Camera e membro della Commissione Ambiente. «Le elezioni europee sono dunque molto importanti e noi ci andiamo riproponendo lo schema di centrodestra che c’è sul piano nazionale, battendoci anche per un ambientalismo ideologico e adeguato alle caratteristiche del modello italiano», ha rimarcato Zinzi.
La differenziata e i divari
Un modello, quello nostrano, che poggia sull’ormai consolidata sinergia tra Comuni e Consorzi, oltre a Corepla anche Conai, il consorzio nazionale imballaggi, che ha ampiamente raggiunto gli obiettivi attuali. Tuttavia, come appena detto, ci sono tuttora questioni su cui si può agire, come quello del rapporto tra tasso di differenziazione e tasso di riciclaggio, in quanto non tutta la differenziata è di qualità e può essere riciclata. Presenti poi ancora troppi divari nei costi di selezione, trattamento, zone dove gli impianti mancano e non è possibile sviluppare a pieno un’economia circolare. Si pensi che, come emerge dal tredicesimo Rapporto Anci-Conai, il costo medio pro capite della differenziazione in Italia è 192 euro. Tuttavia al centro costa in media 228 euro, al nord 170 e al sud 202. Sono cifre che evidenziano la discrepanza tra investimenti ed efficienza dei processi a livello geografico, che poi però si riflettono sulla tariffa della Tari.
Il caso di Lecce
Al sud ci sono anche esempi virtuosi. Il Comune di Lecce ha superato il 70% di raccolta differenziata, in un Paese dove il 69% dei Comuni non arriva al 70%. Su questi dati si è confrontato il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, il quale è convinto che i Comuni più virtuosi debbano poter applicare una Tari molto più vantaggiosa e questo non sempre è possibile per ragioni tecniche: «Non in tutti i territori chi è bravo paga meno», ha detto. Per Salvemini non possono esistere soluzioni miracolose ma solo una strategia di obiettivi chiari che diffondano in primis una cultura della differenziata, responsabilizzando il cittadino.
Corepla installerà eco-compattatori
Obiettivi chiari. Ce l’ha Corepla, che attraverso il Pnrr e con il cofinanziamento del Ministero installerà 1.200 eco-compattatori per il recupero specifico del Pet, che per intenderci sono anche le bottiglie di plastica, più altri impianti di selezione e riciclo, puntando a colmare il gap esistente di cui si è parlato e far radicare la buona pratica della differenziata. Ma Campelli teme che il nuovo regolamento europeo possa scoraggiare il maggiore impegno di cui c’è bisogno.
Termovalorizzatori, non sempre un male
E poi, questo va detto francamente, non tutto si può riciclare. C’è una percentuale di rifiuto che, a parere di Fabrizio Penna, sarebbe bene impiegare nei termovalorizzatori per la produzione di energia: «Non è un controsenso – ha sottolineato – e l’Ue stessa lo ammette, eppure il Pnrr non finanzia determinati tipi di impianti come i termovalorizzatori». Penna ha fatto riferimento al termovalorizzatore di Copenaghen, un esempio molto riuscito di trasformazione, che lui ha visitato e attorno al quale, sembrerà assurdo, il valore degli immobili è aumentato. Grazie anche al contributo di un “archistar” e alle opere urbane collaterali all’impianto. In fase di scrittura del Pnrr «avremmo potuto chiedere questo».