Loredana De Petris (Sinistra italiana) “occupa” la poltrona del presidente Pietro Grasso per protestare contro i 5 voti di fiducia chiesti dal governo sulla legge elettorale in modo da evitare 43 voti a scrutinio segreto, Cecilia Guerra e Francesco Laforgia (capigruppo modo) si recano al Quirinale per formalizzare nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’uscita dalla maggioranza di governo dei bersaniani. In due episodi la giornata frenetica di ieri.
Ora cambia tutto: 42 deputati e 16 senatori bersaniani sono all’opposizione. Sarà guerra aperta. Come si legge questa mattina sul Corriere della Sera, già da oggi in Aula a Palazzo Madama “il mandato per il gruppo di Articolo 1-Mdp è quello di indebolire il Pd e il governo Gentiloni in vista di una campagna elettorale fratricida nel campo del centrosinistra”.
La prima occasione per i bersaniani di far sentire la propria voce sarà il voto di fiducia agli articoli 1,2,3,4 e 6 del Rosatellum bis. Voteranno no, convintamente.
La seconda opportunità è invece quella di assentarsi al momento del voto per far saltare il numero legale, costringendo così il Pd a chiedere un massiccio intervento di Forza Italia e Ala.
Nonostante queste “scosse”, il governo stima di portare a casa la legge elettorale domani poco dopo le 12, quando in diretta tv sono in programma le dichiarazioni dei partiti prima del voto finale a scrutinio palese. La maggioranza trasversale è assicurata perché il Rosatellum è sostenuto da Pd, Ap, FI, Lega, Scelta civica, Svp.
Il senatore Miguel Gotor (Mdp) attacca i suoi ex colleghi di partito: «Si vuole una legge che non dia alcun vincitore in modo da rendere inevitabile l’abbraccio con Berlusconi e Verdini». Per Giovanni Endrizzi (M5S), «il dibattito è stato tombato da una colata di cemento». E grande attesa c’è per l’intervento in Aula del presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che oggi alle 12 articolerà le ragioni di metodo e di merito che lo hanno fatto dissentire da un testo blindato sul quale non è stato possibile inserire pur minime correzioni da parte dei parlamentari. Con queste motivazioni, nel Pd, Vannino Chiti, Walter Tocci, Claudio Micheloni, Luigi Manconi e (forse) Massimo Mucchetti non parteciperanno ai voti di fiducia.