Ambiente

Rivoluzione Ecodesign: il regolamento Ue contro il fast fashion

23
Febbraio 2024
Di Ilaria Donatio

Un passaporto digitale che contiene le informazioni ambientali di ogni prodotto; il divieto di mandare al macero i vestiti invenduti; una stretta sull’obsolescenza programmata. Sono alcuni dei punti chiave del nuovo regolamento Ecodesign, ormai in dirittura d’arrivo dopo l’accordo raggiunto a inizio dicembre tra Parlamento europeo e Consiglio. 

L’iter del regolamento
Si tratta ancora di un accordo provvisorio visto che l’iter prevede che venga rivotato dal Parlamento in una delle cinque Plenarie che rimangono prima della conclusione della legislatura e poi approvato in Consiglio. Ma ad averlo approvato per prima, nel marzo 2022, era stata la Commissione, per sostituire la Direttiva sull’ecodesign attualmente in vigore (2009/125/CE). Direttiva però, che si applica soltanto a gruppi di prodotti connessi all’energia (motori elettrici, elettrodomestici, stufe, scaldabagno e così via) e si focalizza sulla riduzione dei loro consumi.

Cosa prevedono le nuove norme
L’obiettivo delle nuove norme – trattandosi di un regolamento, saranno immediatamente vincolanti in tutti gli Stati membri, senza bisogno di misure di recepimento – è quello di rendere i prodotti più durevoli (e quindi non solo realizzati con materiali più resistenti, ma anche facili da riutilizzare, riparare e riciclare), di tracciare la filiera il più possibile e impedire lo smaltimento incontrollato delle produzioni. 

Il regolamento Ecodesign – che ha un orizzonte temporale di medio termine (al 2030) – punta a rivoluzionare l’approccio alla produzione (anche) dei prodotti tessili, dei capi di abbigliamento e degli accessori. Anche imponendo alle imprese della filiera made in Italy una serie di modifiche rilevanti nella loro attività: dalla progettazione dei capi al fine vita.

Cosa cambia realmente?
Ma cosa cambia, in concreto, con il regolamento Ecodesign? Tra le maggiori novità c’è il passaporto digitale di prodotto, che conterrà le specifiche tecniche e una serie di informazioni in materia di tracciabilità del prodotto: uno strumento che punta ad aiutare i consumatori a fare scelte più consapevoli. 

Quanto alla distruzione dei prodotti invenduti, su abbigliamento, accessori e scarpe, essa sarà vietata: il divieto inizierebbe dopo due anni per le grandi imprese, mentre sono state concordate eccezioni per le piccole imprese e un periodo transitorio di sei anni per le medie imprese. Un tentativo, questo, di scoraggiare la sovrapproduzione: tra il 2000 e il 2015 la produzione di abbigliamento è raddoppiata, mentre l’utilizzo dei capi è sceso del 36%.

Articoli Correlati

Fitto
di Redazione | 22 Novembre 2024

La nomina di Fitto, l’incognita rimpasto

M5S Costituente
di Giampiero Cinelli | 22 Novembre 2024

M5S, l’ora della verità nella Costituente