Ad appena una settimana di distanza dall’approvazione del Rosatellum-bis, si è aperto un nuovo fronte nel già complicato universo della politica italiana. Sette giorni fa la polemica esplodeva contro la scelta dell’esecutivo di blindare la legge elettorale mediante l’apposizione della fiducia; oggi, a tenere banco è invece la mozione a firma Pd presentata alla Camera che ha di fatto sfiduciato il governatore uscente di Bankitalia Ignazio Visco e aperto una grave frattura fra l’esecutivo e il suo azionista di maggioranza. Al netto dei tatticismi di politica interna legati all’approssimarsi delle elezioni generali così come alla volontà del segretario Dem di riequilibrare i rapporti di forza con il capo del governo, la mossa del Partito democratico è stata criticata soprattutto perché corre il rischio di minare la stabilità di uno dei pilastri del Paese ora che all’orizzonte c’è una partita delicata come quella per la successione di Mario Draghi alla Bce, con tutto quel che ne consegue sui futuri orientamenti di politica monetaria dell’Eurotower e le annesse ripercussioni sul sistema finanziario italiano. Vista da una prospettiva europea, la vicenda intacca il prestigio del principale interlocutore della Bce in Italia e conferma le accuse di scarsa affidabilità rivolte da tempo alla classe dirigente del Belpaese. Di qui l’immediata e trasversale levata di scudi per difendere l’autonomia e l’indipendenza dell’istituto, con Quirinale, Palazzo Chigi, fronte delle opposizioni e persino alcuni pezzi della maggioranza a criticare la mozione Dem e quella che viene percepita come un’indebita ingerenza su un fatto – la scelta del prossimo governatore della Banca d’Italia – su cui non ha competenza.
La legge stabilisce infatti che la nomina del governatore è disposta dal presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio, chiamato a sua volta a sentire il Consiglio dei ministri e il Consiglio superiore dell’istituto centrale. Fino al 2005 l’incarico era senza limite di mandato; oggi, il vertice dell’istituto rimane in carica per 6 anni ed è rinnovabile una sola volta. Il primo mandato dell’attuale governatore Ignazio Visco scade il prossimo 1° novembre, data entro cui dovrà essere annunciato il nome del successore ora che pare sempre più improbabile la sua riconferma a Palazzo Koch.
La corsa per il posto di governatore seguirà allora una doppia strada. Da un lato quella interna, con la possibile promozione del direttore generale Rossi (gradito al Pd) o del vice direttore generale Panetta (gradito al centrodestra). Dall’altro la via esterna, per rispondere alla discontinuità invocata in Parlamento dalla mozione Pd, che ha avuto il non secondario effetto di infrangere un tabù nazionale nel momento in cui ha criticato pubblicamente il sistema di vigilanza bancaria. Si aprono dieci giorni carichi di tensione. Il Premier Gentiloni ha garantito che lavorerà con l’obiettivo di salvaguardare l’autonomia di Bankitalia, benché pare tutto fuorché infondato lo scetticismo di quanti si interrogano sulla sua effettiva libertà di scelta a fronte della necessità di garantire la stabilità dell’esecutivo dopo la sortita Pd. Per Renzi la battaglia sulla banca centrale rappresenta infatti un modo per riavviare quel processo di rottamazione che appena quattro anni fa ne aveva scandito l’irresistibile ascesa alla testa del principale partito della sinistra italiana e poi del governo. Sullo sfondo c’è l’orizzonte del voto nel 2018 ed è un fatto che i tre quarti delle forze politiche italiane considerino necessaria una qualche forma di discontinuità nella Banca d’Italia. Resta però da vedere se la prova di forza del segretario Pd saprà avere la meglio sulla prevedibile reazione dell’establishment o sul fatto di aver lanciato un’operazione di tale portata sprovvisto del necessario consenso parlamentare.
Alberto De Sanctis