Si è svolta stamane, alla Camera, l’informativa urgente del governo, con la partecipazione del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sulla vicenda di Ilaria Salis, detenuta in Ungheria.
«L’Italia è la culla del diritto, la patria di Cesare Beccaria», il titolare della Farnesina ha aperto con queste parole l’informativa sul caso Salis ai parlamentari presenti in Aula. Ha poi sottolineato come l’azione del Governo sia sempre orientata al rispetto ed alla tutela del diritto nazionale, internazionale e comunitario: «Il garantismo ispira il nostro agire per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei detenuti». Che siano, ha spiegato Tajani, pregiudicati o incensurati, in attesa di giudizio o condannati, «per noi ciò che conta è sempre la tutela della dignità della persona. Questi i principi ed i valori che ci guidano».
E ricordando che la vicenda di Ilaria Salis rientra tra gli oltre 2.400 casi di connazionali detenuti all’estero, il vicepremier Antonio Tajani ha assicurato che «per ciascun detenuto, indipendentemente dal merito della sua situazione giudiziaria, ci adoperiamo per fornire assistenza e garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali. Così abbiamo fatto, fin dal primo giorno, per il caso Salis, ben prima che diventasse oggetto di polemiche politiche».
Il ministro degli Esteri ha poi ricostruito alcuni passaggi della vicenda Salis, avvenuti nell’ultimo anno: «Grazie all’azione di sensibilizzazione condotta dalla nostra diplomazia nei confronti delle autorità ungheresi, la signora Salis ha ottenuto un miglioramento delle condizioni detentive, dalla concessione dell’ora d’aria alle condizioni igieniche e all’effettiva ricezione del denaro inviatole. Come lei stessa ha confermato in una lettera del 24 marzo».
L’altra data che Tajani ha ricordato ai parlamentari, è stata il 5 aprile, quella della seconda visita consolare in carcere, quando, ha detto, «il personale dell’Ambasciata ha consegnato alla Signora Salis un pacco con indumenti e generi di prima necessità e ha nuovamente parlato con lei del suo stato di salute e delle condizioni detentive». Per poi sottolineare che in una lettera del 19 aprile, Ilaria Salis avesse informato l’Ambasciata di essere stata spostata, alcuni giorni prima, il 13, «in una cella più spaziosa e condivisa con altre due detenute».
Si arriva così al 22 gennaio scorso, quando, riferisce all’Aula di Montecitorio il vicepremier, in occasione del Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea, avrebbe sollevato il caso con il ministro degli Esteri ungherese in vista della prima udienza processuale di lunedì 29 gennaio (quando Salis è stata ripresa mentre arrivava in aula con le manette ai polsi e i piedi legati, ndr): «Ho ricordato che la detenuta era stata lungamente sottoposta ad un regime di custodia cautelare che ne aveva limitato fortemente le possibilità d’interazione con l’esterno. E ho sottolineato che il Governo italiano esige il rispetto dei diritti e delle garanzie previste dalle norme europee, in sintonia con la nostra civiltà giuridica. Ho inoltre sottolineato l’auspicio di una revisione del regime di custodia cautelare, concedendo alla detenuta misure alternative».
Ma Tajani ha aggiunto anche che il legale che assiste Ilaria Salis, non ha presentato domanda di misure cautelari alternative al carcere in Ungheria (a quanto pare perché la famiglia non era d’accordo, ndr), contrariamente a quanto era stato suggerito dal ministro Nordio: «Il ministro Nordio ha illustrato le ragioni di diritto e di fatto per cui la richiesta di sostituzione della misura cautelare presso l’ambasciata italiana non è possibile».
Le ragioni, ha spiegato il titolare della Farnesina sono, innanzi tutto, che l’ambasciata non è luogo «idoneo all’esecuzione di misure coercitive» in quanto non avrebbe né la struttura né la legittimazione a sostituirsi ad un domicilio privato come luogo di detenzione. Inoltre, nell’ambasciata – che non è una casa privata – ci sono «carte segrete: non è possibile avere un detenuto libero in giro».
Tra le proteste delle opposizioni, Antonio Tajani ha poi spiegato il perché un’interlocuzione epistolare tra un dicastero italiano e un organo giurisdizionale straniero sarebbe «irrituale e irricevibile».
«La decisione sullo stato di libertà dell’indagato compete solo al giudice ungherese: se il documento richiesto fosse una semplice spiegazione, il magistrato ungherese potrebbe rispondere che già conosce la nostra legge. Se invece fosse una surrettizia richiesta di convertire la custodia cautelare in carcere in arresti domiciliari, allora sarebbe un’interferenza».
E a quei parlamentari che gridavano, in Aula, «Riportate Ilaria in Italia!», ha risposto: «Siamo pronti ad accettare suggerimenti. L’unica strada per noi percorribile, per un reato commesso in uno Stato membro dell’Unione europea, è quella delle regole. E le regole europee prevedono che per chiedere gli arresti domiciliari in Italia, devi prima chiederli e ottenerli nel Paese che esercita la giurisdizione».
Ha infine invitato i colleghi a evitare di trasformare «una questione giudiziaria – regolata da norme nazionali ed europee ben definite – in un caso politico» che, ha detto il ministro, non fa il bene della signora Salis.
E cita gli altri casi – noti al grande pubblico – in cui aver agito «con discrezione e gradualità è proprio nell’interesse primario del detenuto»: il caso di Alessia Piperno e quello di Patrick Zaki.
Non risparmia, dunque, una frecciata all’opposizione: «È paradossale che chi si erge ogni giorno a difensore dell’autonomia della Magistratura chieda ora a noi di fare pressioni affinché il governo ungherese influenzi le determinazioni dei giudici».
Nel corso dell’informativa, sia durante l’intervento del vicepremier che quando a prendere la parola sono stati i vari esponenti dei gruppi, si sono registrati battibecchi e richiami al regolamento.
La vice presidente di turno, Anna Ascani (Pd), è dovuta intervenire a più riprese per richiamare i colleghi. Durante l’intervento del ministro Tajani, il deputato Dem Peppe Provenzano è andato all’attacco quando il ministro ha fatto riferimento a questioni di sicurezza a proposito dell’ipotesi di arresti domiciliari per Salis presso l’ambasciata italiana. «Quali sarebbero i problemi di sicurezza? Avete paura ci siano neonazisti in ambasciata? Non avevate la stessa preoccupazione con la documentazione segreta del ministero della giustizia». Ad andare all’attacco sono stati anche le Dem Marianna Madia e Laura Boldrini, Riccardo Ricciardi (M5s), Marco Grimaldi e Nicola Fratoianni di Avs facendo anche riferimento a quanto accaduto per i Marò. Altro momento di tensione si è registrato quando il deputato di FI Pietro Pittalis ha più volte interrotto l’intervento di Andrea Orlando ed è stato richiamato da Ascani con la richiesta di rivolgersi direttamente alla presidenza. Un punto sul quale è seguito un botta e risposta sul regolamento.