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X, la creatura di Musk cala a picco. E se non gli interessasse?
Di Giampiero Cinelli
I dati sono eloquenti, per X (il social network guidato da Elon Musk, che prima era Twitter) si è trattato di un anno orribile. Nel 2023, a 365 giorni dall’acquisizione, i bilanci sono il rosso, i debiti gonfiati, la pubblicità dimezzata, parte degli investitori escono e l’orizzonte è quantomai opaco. Il Patron di Tesla ha detto che fin quando i conti non miglioreranno sarà improbabile pianificare nuovi investimenti e quindi non stupiscono i numerosi licenziamenti.
Ciò detto, fermarsi a questi elementi e pensare si tratti di una vicenda del mondo aziendale potrebbe essere riduttivo. Insomma cos’è il caso Twitter-X? Solo un problema di mercato o il derivato di dinamiche ben più ampie? Per intenderci: cosa voleva fare Musk quando ha preso la società? Erano puramente interessi economici o c’è dietro un risvolto strategico e politico?
Non dimentichiamo che il magnate è oggi divenuto molto divisivo perché percepito come un personaggio conservatore: non è dichiaratamente anti-Trump, ha detto che lo avrebbe riammesso su X dopo che il Tycoon era stato cacciato dal board precedente, parla di temi cari alla destra come l’importanza di fare figli e aumentare la natalità, dice di rispettare tutte le opinioni, anche quelle attribuite all’area socioculturale repubblicana e aveva assicurato su X una ampia pluralità di vedute con scarso utilizzo della censura. Non a caso si è parlato dell’aumento di notizie false e teorie cospirazioniste che adesso viaggiano sul social network.
Viene quindi da ipotizzare che quella di Musk fosse anche un’operazione di comunicazione, chissà se funzionale, senza confessarlo, alla parte politica che egli desideri vinca alle elezioni americane di novembre 2024. X ha perso milioni utenti, anche attivi, tra cui personaggi noti (un fenomeno riscontrabile anche in Italia). Eppure potrebbe non essere un danno irreversibile, o se anche lo fosse, gli esperti di X forse puntano alla “qualità” e all’efficacia delle interazioni (da far ripercuotere pure all’esterno) piuttosto che alla quantità delle attività.
Una strada vincente? Non possiamo già dirlo e i dubbi sono legittimi, ma altrimenti non si spiegherebbe il trend così in discesa in cui è coinvolto uno degli imprenditori più brillanti dei nostri tempi, a meno di ipotizzare la sua perdita di lucidità. Quando si gestisce più di un’azienda, tutte di grandi dimensioni, a volte delle perdite possono essere sopportate e gestite, a maggior ragione che si punti a massimizzare i profitti ridimensionando il quadro di riferimento. Certo è che, per adesso, non si vedono miglioramenti.
Non ha fruttato tra le tante, la decisione di far pagare la “spunta”, il simbolo che certifica l’identità dell’utente, strumento usato da molti vip. Se prima era Twitter a verificare gratis la veridicità di un profilo di una persona famosa, adesso questo status si ottiene per soldi, dando adito ai dubbi per cui basti pagare pur di essere definito “reale”, anche se reale davvero non è. Successivamente infatti Elon Musk ha ideato diversi colori per le spunte, a seconda del servizio acquistato.
Ma non ha riscosso successo nemmeno l’annuncio, qualche mese fa, di una completa trasformazione di X, che sarebbe diventato da sola app di messaggistica e social media, a piattaforma multi-uso che coniugasse vari canali e contemplasse anche servizi finanziari, come pagamenti elettronici e trading di criptomonete.
Un progetto sul modello della cinese WeChat, che però nasce in un ambiente e in un momento culturale totalmente diversi. Infatti questa trasformazione non è ancora partita e Musk sta pensando di congelarla fino al momento propizio.
Senza contare che l’imprenditore di origini sudafricane non è benvoluto in tutti i consessi istituzionali. L’Unione Europea, non proprio l’ultimo degli enti, sembra far capire di non amarlo affatto e questo è apparso evidente quando il commissario al Mercato Interno dell’UE Thierry Breton, ha concesso a X 24 ore di tempo per illustrare come la piattaforma avrebbe rispettato le nuove regole europee sul web, mentre l’opinione pubblica si lamentava dei contenuti presenti sul social riguardo al conflitto tra Israele e Hamas. Musk ha ritirato infatti X dal codice anti-disinformazione dell’UE a maggio, ma da allora ha confermato che la piattaforma si adeguerà a qualsiasi legge approvata in Europa.
Ora l’uso completo di X è concesso solo agli abbonati e non pare che questo abbia risollevato la creatura di Musk. C’è chi dice che la mossa dell’azienda possa essere quella di spostarsi su una platea di aziende piccole e medie, facilitandole nella loro pubblicità fornita a prezzi minori. Ecco il perché delle modifiche al sistema di inserzioni?
Ad ogni modo X non sembra più quello che per tutti era poco tempo fa: il social perfetto per seguire le notizie e il lavoro dei giornalisti. Musk non aveva in mente di continuare ad essere soltanto questo, neppure però disdegnava quella veste. Il problema è che sono proprio i giornalisti ad andarsene dalla sua casa.