Lavoro
Fmi: l’intelligenza artificiale impatterà sul 60% dei posti di lavoro
Di Giampiero Cinelli
Una ricerca del Fondo monetario internazionale (Fmi) presentata a ridosso del World Economic Forum di Davos ha stimato che circa il 60% dei posti di lavoro si dovranno in futuro interfacciare con strumenti d’intelligenza artificiale. Nella metà di questi casi, l’introduzione delle IA potrebbe tradursi in una riduzione della domanda del lavoro con una conseguente riduzione dei salari, ma non è neppure esclusa la possibilità che lo strumento possa far del tutto scomparire alcuni impieghi.
Ad annunciarlo la direttrice generale del Fmi Kristalina Georgieva, che ha esortato i politici ad affrontare questo «trend preoccupante» e a prendere provvedimenti «per evitare che la tecnologia alimenti ulteriormente le tensioni sociali. «Siamo sull’orlo di una rivoluzione tecnologica che potrebbe far ripartire la produttività, stimolare la crescita globale e aumentare i redditi in tutto il mondo. Ma potrebbe anche sostituire i posti di lavoro e aggravare le disuguaglianze», ha detto Georgieva.
Per quanto riguarda invece l’esposizione all’Intelligenza artificiale, si stima un 40% nei mercati emergenti e un 26% nei Paesi a basso reddito, che potrebbero subire meno turbolenze dalla diffusione delle nuove tecnologie. I mercati emergenti, invece, se anche si trovassero ad affrontare cambiamenti inaspettati, comunque potrebbero essere più reattivi nell’adattamento. Cosa che appunto è meno probabile accada in un’economia a produttività bassa. Le economie più deboli non dispongono a sufficienza di lavoratori qualificati in grado di sfruttare i vantaggi immediati dell’IA, e le disuguaglianze in queste situazioni possono rivelarsi ancora più aspre, determinando la polarizzazione tra chi è in grado di aumentare la sua efficienza e redditività grazie all’intelligenza artificiale e chi no.
Secondo Goldman Sachs, se da un lato l’IA è in grado di aumentare del 7% il Pil globale, dall’altro può compromettere 300 milioni di posti di lavoro. C’è da capire dunque se la crescita della produttività, stimata dalla Banca di 1,5 punti percentuali in un periodo di 10 anni, sia il giusto contraltare a un mondo del lavoro che va incontro a stravolgimenti troppo grandi in cui, sempre secondo Goldman Sachs, addirittura due terzi dei lavori potrebbero essere automatizzati.
In genere nella storia gli avanzamenti tecnici hanno portato a temporanei squilibri che poi sono stati appianati. Sin dall’invenzione del motore a scoppio fino all’affermazione del computer, che non ha decimato il lavoro ma lo ha rimodellato. Nel caso dell’intelligenza artificiale però non riusciamo ancora a comprendere quali saranno le conseguenze e attualmente gli allarmismi sono socialmente accettati, anzi spesso vengono dalle personalità del mondo digitale. Di sicuro la strada che bisognerà cercare di intraprendere, e in alcuni ambiti ciò può accadere più facilmente, sarà quella per cui l’intelligenza artificiale non si sostituisce all’individuo ma lo affianca e lo potenzia nei suoi compiti.