Va bene: è Natale ma siamo già in campagna elettorale. Il tempo di un panettone (il pandoro quest’anno è più problematico…) e saremo già su un lungo rettilineo (ben cinque mesi) verso le Europee del 9 giugno.
In Italia la campagna elettorale non conosce sosta, come si sa. In più le caratteristiche iperporzionaliste del voto per Bruxelles scateneranno il più classico bellum omnium contra omnes. Tutti nemici, nemici ovunque, in primo luogo i più vicini, in quanto maggiormente indiziati di toglierci un voto o comunque di pescare nel nostro stesso bacino.
Inutile girarci intorno. Per il governo, sono elezioni di medio termine; per l’opposizione, sono primarie aperte. Ciascuno si peserà, e ovviamente conta di uscire dalle urne con un po’ di forza contrattuale aggiuntiva. E poi si vedrà.
Ma il punto è proprio quel “poi”. Ecco, prima del 9 giugno, non varrebbe già la pena di pensare con saggezza (almeno un pochino) al giorno dopo, al 10 giugno, a cosa ciascuno vorrà-potrà-dovrà fare dopo?
Nessuno è così ingenuo da pensare che una campagna elettorale possa essere raffreddata-congelata-sterilizzata. Ma sarebbe almeno ragionevole provare (per ciascun leader e per ciascuna forza) a collocarla nella giusta prospettiva, a considerarla la tappa di un percorso.
Ragionando così, qualche tono potrà essere opportunamente modulato, e qualche relazione potrà magari evitare di risultare devastata dalla polemica. Se invece la prova si riduce a una pira dove bruciare – senza pensare al dopo – tutto, la sensazione è che il 10 giugno ci sarà più che altro da spazzar via un po’ di cenere. Buon Natale.