Economia
Patto di Stabilità, ore decisive per l’Europa. Giorgetti: no all’austerity
Di Giampiero Cinelli
L’impressione è che questa riunione non sia una delle tante. I ministri dell’economia e delle finanze dell’Ue sono a Bruxelles e domani svolgeranno l’ufficiale seduta dell’Ecofin, il Consiglio dedicato alle questioni di politica monetaria europea. Ma già oggi nella riunione dell’Eurogruppo, e soprattutto stasera, dopo la cena informale tra i leader, si auspica un’intesa definitiva su quello che sarà il nuovo Patto di Stabilità.
La tensione, le speranze
«Abbiamo già avvertito i ministri che la notte sarà lunga: il nostro obiettivo è che ci sia un accordo politico in questa riunione», ha detto la vice premier spagnola Nadia Calvino, che ricopre la presidenza di turno dell’Ue. «Credo ci sia il 51% di probabilità di raggiungere un accordo sulla riforma del Patto di stabilità e di crescita Ue entro domani mattina. Abbiamo bisogno di regole che promuovano sia la stabilità che la crescita, e non abbiamo bisogno di regole di austerity», ha detto il Commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni in un punto stampa.
La situazione
Le dichiarazioni diffondono ottimismo, eppure è sempre bene ricordare la delicatezza di quello che si sta discutendo, nella prospettiva dei rapporti di forza da sempre esistenti in Ue. Il nuovo Patto dovrebbe rivedere le regole sul rientro dal debito, sull’impostazione del bilancio e degli investimenti. L’interesse di molti Paesi, inclusa la Francia, è quello di aprire a una governance più flessibile. Non è così facile se si considera la posizione più rigida del Nord Europa e della Germania, che sa di essere storicamente tra i Paesi in credito nei flussi monetari e commerciali europei. Mentre nazioni come l’Italia, che in passato hanno patito molto per via degli squilibri nella posizione finanziaria, vogliono una normativa utile alla crescita in merito alla programmazione, agli aggiustamenti e soprattutto rispetto agli investimenti.
Come si muove la Francia
Un messaggio fermo è infatti arrivato da Bruno Le Maire, ministro dell’economia transalpino: «La Francia vuole regole chiare, ferme e credibili e rifiuta regole che sarebbero un obiettivo in sé e che vieterebbero qualsiasi investimento o riforma strutturale. In secondo luogo, vogliamo regole che vengano applicate, non regole irrealistiche che non vengono mai applicate. Non siamo qui per assecondare regole che sembrano estremamente ambiziose, ma che in realtà sono irrealistiche e non vengono mai applicate. Niente mina la credibilità di un continente più delle regole che non vengono applicate. Vogliamo quindi regole chiare, ferme, credibili e applicabili».
La Germania parla chiaro
Il suo omologo tedesco Christian Lindner non ha lasciato spazio a equivoci: «Nella revisione delle regole del Patto di stabilità c’è bisogno di regole fiscali che siano realistiche e efficaci allo stesso tempo. Percorsi affidabili per ridurre il rapporto debito/Pil e il deficit. Francia e Germania hanno lavorato intensamente insieme per circa due mesi e abbiamo fatto dei passi avanti. E Bruno La Maire ha già reso pubblico che circa il 90% delle nostre posizioni sono ormai simili, ma ci sono ancora alcune questioni da discutere, soprattutto quella relativa alle procedure per i deficit eccessivi. Abbiamo bisogno di maggiore ambizione per combattere i deficit eccessivi e nelle ultime conclusioni del Consiglio abbiamo concordato di non toccare la procedura per i deficit eccessivi. Quindi dobbiamo considerare qualsiasi cambiamento rispetto alla posizione del Consiglio». Lindner ha sottolineato: «Abbiamo già concordato di non modificare quella procedura e dobbiamo tenere conto del fatto che i disavanzi eccessivi devono essere trattati in modo diverso nell’interesse della stabilità fiscale dell’Unione europea e, in particolare, dell’Unione monetaria. Abbiamo fatto passi avanti che ci permettono di pensare a un accordo oggi, ma non sono convinto che sia necessario un cambiamento delle procedure per il deficit eccessivo».
Italia coraggiosa
L’Italia, rappresentata alle riunioni dal ministro Giancarlo Giorgetti, forse non è mai stata così esposta, perché arriva non avendo ancora ratificato il Mes (altro dispositivo importante nell’ambito del sistema finanziario europeo) e con posizioni che esprimono chiaramente perplessità. Giorgetti domani dovrà spiegare i motivi della linea adottata dall’Italia sul Mes, mettendo anche in chiaro che, senza passi avanti sugli aspetti che riguardano la spesa in conto capitale, cioè gli investimenti diretti, qualsiasi accordo che verrà fuori non soddisfa l’interesse di Roma e dei Paesi mediterranei. Voci non ufficiali avevano addirittura previsto che Giancarlo Giorgetti fosse pronto domani a porre il veto, ma nelle trattative tutto può succedere e l’Italia sa di non essere mai stata in una posizione di vantaggio. Tuttavia, le ultime dichiarazioni del ministro fanno certamente immaginare una postura non accomodante, come quando ha osservato: «Su deficit e debito la risposta è la serietà: significa prendersi impegni che si possono mantenere. Di fronte a delle regole sfidanti noi in qualche modo possiamo anche accedere, ma rispetto a regole impossibili da mantenere io non credo per serietà si possa dire di sì. Le regole precedenti sono peggiori? Dico sì, ma non è che possiamo accettare tutto quello che viene proposto. E siccome siamo assolutamente convinti della ragionevolezza della nostra posizione – perché non è che siamo andati lì come i matti – non ci si può chiedere di andare non semplicemente contro l’interesse dell’Italia ma a nostro giudizio anche contro gli interessi dell’Europa».
Cosa chiederà Giorgetti
Secondo il ministro «la sostenibilità delle finanze pubbliche non può essere raggiunta attraverso percorsi di aggiustamento eccessivamente rigorosi, perché questo danneggia i fondamentali di crescita e peggiora la dinamica del debito nel medio e lungo periodo. Il governo intende ridurre il debito in maniera realistica, graduale e sostenibile nel tempo, in un assetto che protegga e incentivi gli investimenti». Giorgetti ha dunque esposto gli obiettivi tecnici dei negoziati: «Roma chiede almeno che gli investimenti per la transizione verde non vengano computati nel debito». Ponendo «come condizione imprescindibile che la nuova governance economica dia sufficiente spazio agli investimenti per la transizione digitale ed ecologica e, nel primo ciclo di applicazione delle nuove regole, consenta a Paesi quali l’Italia, che hanno concordato ambiziosi Piani di Ripresa e Resilienza, di poter accedere all’estensione del periodo di aggiustamento a sette anni. Ciò senza l’imposizione di ulteriori condizionalità, ma solamente in base all’impegno dello Stato membro a continuare lo sforzo di riforma e di investimento intrapreso con il Pnrr».