Cogliere la sfida di comunicare al meglio la difesa significa “avere l’ambizione di trasferire ai cittadini il profondo significato dell’autotutela dell’io”. Così il Vicepresidente della Camera dei Deputati, Giorgio Mulè, in apertura dell’evento di lancio della terza edizione dell’Executive Programme in Comunicazione Politica e Istituzionale organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel Salone della Regina di Montecitorio all’evento dal titolo “Comunicare la Difesa, quali sfide per il futuro?” sono intervenuti il Capo dello Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone (con un videomessaggio), il Sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, il Direttore Relazioni Istituzionali di Leonardo, Filippo Maria Grasso, il Vicepresidente Divisione Navi Militari di Fincantieri e Presidente Cetena, Massimo Debenedetti, il Professore di Relazioni Internazionali in Cattolica, Antonio Zotti e il Direttore Didattico dell’Executive Programme, Angelo Ficarra. Alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Generale Luca Goretti. La moderazione dell’evento è stata affidata al Condirettore di The Watcher Post, Paolo Bozzacchi.
Lotta alle campagne di disinformazione
“La comunicazione è un tassello essenziale, non solo per diffondere la cultura della difesa, ma anche e soprattutto per proteggere le nostre collettività che sono il bersaglio di vere e proprie campagne di disinformazione, volte a disarticolare il corretto funzionamento delle Istituzioni democratiche. In altri termini le strategie comunicative sono direttamente funzionali alla sicurezza dei nostri cittadini”. Così il Capo dello Stato Maggiore della Difesa, l’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone.
Difesa dovere sacro
“La Difesa della Patria è un dovere sacro, come recita l’articolo 52 della Costituzione”, ha dichiarato Matteo Perego di Cremnago. “I nostri uomini e donne delle Forze Armate, i civili e i militari della Difesa sono protagonisti di questo sacro dovere e serve una consapevolezza maggiore da parte di tutti. Serve una cultura della difesa, come giustamente evidenziato nelle linee programmatiche del Ministero della Difesa, perché dietro i numeri dei nostri militari impegnati ovunque ci sono uomini e donne che hanno fatto un giuramento responsabile, consapevoli che sarebbe stata una scelta difficile, scelta di vita che coinvolge famiglie intere con sforzi e sacrifici continui. Il Comitato per lo sviluppo e valorizzazione della Cultura della Difesa, un’idea del Ministro Crosetto, è significativo e ritengo sarà efficace, perché la Difesa non sono solo le Forze Armate, ma riguarda tecnologia, industria, cultura e geopolitica. Deve essere chiaro che dobbiamo intraprendere tutti gli sforzi necessari per avviare un percorso teso ad incrementare gli investimenti e allineare, progressivamente, il rapporto budget Difesa-Pil verso gli obiettivi concordati con gli altri alleati Nato. Le risorse destinate alla Difesa devono essere considerate anche come uno straordinario volano economico, capaci di stimolare ricerca, sviluppo, innovazione e quindi un concreto contributo per conseguire un vantaggio tecnologico”.
La cultura della Difesa non è la cultura del conflitto
“La comunicazione della Difesa è al tempo stesso la cosa più difficile e la cosa più facile. Significa comunicare un Paese, un’identità. E’ una delega che appartiene a tutti, paradossalmente. Perciò tutti, dal Presidente della Repubblica in giù, devono fare cultura della Difesa. Le Istituzioni devono fare cultura della Difesa. Oggi il Governo dispone di una serie di persone veramente competenti, attori istituzionali che sanno ciò che dicono e vertici delle Forze Armate di altissimo livello. Attenzione che la cultura della Difesa non è la cultura del conflitto, che è invece una cultura di emergenza, di crisi. Guai a pensare che la cultura della difesa sia quella dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. La cultura della Difesa è la cultura della Pace”. Così Filippo Maria Grasso.
I fatti al centro della Comunicazione della Difesa
“Dal punto di vista securitario il punto di svolta è stato il 24 febbraio del 2022 quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Da quel giorno noi Europei abbiamo cambiato il modo di considerare la pace. Prima era una condizione scontata, dopo ci siamo accorti che la pace ha un costo. I comunicatori devono far capire ai cittadini che la pace ha un costo, non è gratuita. Oggi spendiamo per la Difesa l’1,46% del Pil, mancano all’appello 13 miliardi rispetto all’obiettivo del 2%. Il progressivo disimpegno degli USA dagli scacchieri atlantico e mediterraneo significa che l’Europa e il nostro Paese, che è in mezzo al Mediterraneo, avranno un ruolo sempre più importante. Anche l’autonomia energetica è fondamentale. Ci siamo trovati sotto ricatto perché noi e la Germania avevamo basata buona parte della nostra crescita sulla disponibilità di gas a basso costo dalla Russia, ma in realtà era una droga attraverso cui la Russia legava a sé una serie di paesi. Ciò significa che senza autonomia strategica non c’è libertà. Un ruolo altrettanto importante ha l’underwater. Sott’acqua passa il 98% dei dati che consentono, oltre all’utilizzo dei Social Network e degli smartphone, ordini per per un triliardo di euro al giorno. Sott’acqua passano i gasdotti e sono state rilevate 18 unità della flotta russa. Non era mai successo prima che 15 navi e 3 sommergibili russi stazionassero nel Mediterraneo. Sono fatti come questi che vanno posti al centro della strategia di comunicazione della Difesa”. Così Massimo Debenedetti.
Le narrative incontrollabili “Le narrative in tutte le funzioni di governo, inclusa la funzione della Difesa, sono sempre state fondamentali. Oggi però le narrative non sono più verticalmente controllabili con la stessa efficacia. La responsabilità di chi comunica la Difesa sta proprio nell’essere consapevole di essere uno dei tanti agenti che operano all’interno di un dominio che non è più controllabile: è lo spazio cyber. Uno spazio presidiato da piattaforme transnazionali per definizione. Il comunicatore della Difesa è perciò un esperto della gestione della complessità. La difesa del dominio cyber è condivisa tra i comunicatori, le Forze Armate e gli operatori privati. E’ anche per questo che la narrativa deve costruire attivamente un rapporto con i cittadini. E questa è la sfida più grande”. Così il professor Antonio Zotti.