Il neo Presidente Draghi nel corso del suo recente intervento in Parlamento ha dichiarato che “Una vera parità di genere, non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge, richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi”. Il nuovo Esecutivo lavorerà quindi “puntando a un riequilibrio del gap salariale e a un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia e lavoro”. Nel frattempo, sempre in tema di parità di genere, sono iniziati oggi i lavori della direzione nazionale del Pd che sta proseguendo il dibattito avviato giovedì scorso, tra le altre cose, proprio sul ruolo delle donne nel partito.
L'obiettivo della parità di genere rimane quindi un perenne tema che la politica tenta di realizzare da anni, ma al quale non si arriva mai, restando in attesa di un Godot che non si fa mai vedere. Quando si parla di quote rosa, i più alzano gli occhi al cielo, pensando che ormai sia un tema trito e ritrito che rallenta solo i lavori di una macchina che già procede a singhiozzi.
Siamo nel 2021, in un Paese in cui la presenza di donne in ruoli dirigenziali o di potere non è neanche comparabile a quella dei loro colleghi uomini. Bisogna infatti ricordare che la discriminazione che colpisce le donne in Italia è determinata da ragioni culturali intrinsecamente legate a una visione ancora maschilista e patriarcale della società e il gap salariale tra donne e uomini è solo la conseguenza di questa concezione.
Dichiarare di voler promuovere il ruolo della donna o l’occupazione femminile con politiche ad hoc nazionali o sovranazionali, come ad esempio lo stanziamento dei fondi del Recovery Fund per l'imprenditoria femminile, è sicuramente un primo passo ma non potrà da solo risolvere una problematica legata alla visione del ruolo della donna nella società.
Il "raggiungimento di parità di condizioni competitive tra generi" è sicuramente un obiettivo ambizioso, ma incuriosisce che, troppo frequentemente, quando si parla di parità di genere e di partecipazione delle donne alla vita pubblica – e quindi politica – si parli sempre di "competizione”.
Nell'evoluto 2021 bisognerebbe forse iniziare a pensare a una collaborazione più che a una competizione e smettere di vedere la politica come un mondo dominato da un machiavellico scontro di forze per il predominio. Andrebbe invece recuperata l'aristotelica visione della politica come "Politeia", ossia di partecipazione alla Cosa Pubblica. Partecipare significa curare. E chi, come le donne, saprebbero meglio gestire con cura un tema tanto delicato come il futuro del Paese: basterebbe mettere in pratica i secoli di obbligata relegazione in un angolo, con il solo compito di prendersi cura della famiglia.
Allora smettiamola di sbuffare quando ancora si parla di parità di genere dato che, se ancora ne parliamo, vuol dire che è una questione irrisolta, come polvere nascosta sotto al tappeto. Ad oggi, è sicuramente paradossale dover ancora discutere di sessi e di genere, quando si potrebbe parlare di meriti e competenze, ma purtroppo appare evidente come ci siano ancora ruoli e incarichi nella nostra società che vengono ritenuti un appalto maschile.
E allora vorrei ricordare, soprattutto alle donne, tramite le parole di una grande poetessa, Wislawa Szymborska, che:
“Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti,
perfino nell’ambito ristretto
d’un batter d’occhio.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote”.
Marianna Bilotta
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