Esteri

Usa 2024: i complici di Trump si dichiarano colpevoli, i rivali si ritirano

30
Ottobre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Nel giro di una settimana, tre avvocati del team legale di Donald Trump e un altro suo co-imputato si sono dichiarati colpevoli e hanno patteggiato nel processo per le pressioni esercitate, nel 2020, dal magnate allora presidente sulle autorità della Georgia perché alterassero i risultati delle elezioni in quello Stato, vinto da Joe Biden per poco più di 12 mila voti (su quasi cinque milioni).

In linea di massima, la notizia appare positiva per l’accusa e negativa per la difesa di Trump. Ma l’ex presidente continua a crescere nei sondaggi e a mostrarsi gradasso: suoi avversari nella corsa alla nomination repubblicana si ritirano e la sua presa sul partito resta forte, mentre giuristi sentiti dai media Usa non danno per scontato l’esito del processo in Georgia.

Usa 2024: movimenti in campo repubblicano e democratico
A sospendere la campagna, è stato finora per ultimo l’ex vice di Trump Mike Pence, a corto di soldi e di sostegno nei sondaggi e nel partito, che continua a preferigli, nonostante tutto, il suo ex boss. Pence ha annunciato la sua decisione parlando alla Repubblican Jewish Coalition: ha riconosciuto che il tentativo di presentarsi come un’alternativa reaganiana al populismo trumpiano non ha avuto successo. Il suo non è proprio un ritiro, ma quasi.

Invece, è un abbandono quello dell’ex deputato texano Will Hurd, che, dopo una campagna senza acuti, ha dato il suo endorsement a Nikki Haley e ha detto: “Se il partito repubblicano nominerà Trump o qualcun altro che scimmiotta il suo comportamento divisivo, perderemo”. Haley sta emergendo come rivale di Trump: nel terzo trimestre 2023, ha raccolto 11 milioni di dollari, dopo essere uscita bene dai due dibattiti finora svoltisi. I dati finanziari del terzo trimestre sono positivi per l’ex presidente e sono inquietanti per il governatore della Florida Ron DeSantis e il senatore della South Carolina Timo Scott, che non fanno breccia fra i donatori.

La reazione di Trump alla sospensione della campagna di Pence è stata in linea col personaggio: accuse di slealtà all’ex vice, che non avallò la sua pretesa che le elezioni fossero truccate.

In campo democratico, c’è invece una nuova – relativa – minaccia per il presidente Joe Biden, che punta a un secondo mandato: il deputato del Minnesota Dean Phillips scende in campo, dicendo “Non me ne starò qui seduto zitto e tranquillo, quando i numeri dicono che a novembre 2024 dovremo affrontare un’emergenza”. Per lui, e non solo per lui, Biden è un candidato debole contro Trump per l’età e per i tassi d’approvazione bassi.

Phillips, deputato da tre mandati, esprime preoccupazioni condivisibili, ma va contro corrente, perché i democratici cercano di compattarsi intorno a Biden e puntano sui risultati conseguiti dall’Amministrazione democratica. Qualche timore suscita la decisione di Robert F. Kennedy jr, che abbandona le primarie democratiche e si candida come indipendente: populista e negazionista, il figlio di Robert Kennedy può togliere voti a Trump, ma soprattutto a Biden. L’incognita è se avrà la forza di portare avanti una candidatura di nicchia: essere sulle schede in tutti gli Stati è una sfida costosa e aleatoria.

Usa 2024: il processo in Georgia avanza a colpi di patteggiamenti
Gli ex legali  di Trump che, in successione, si sono sfilati dal processo in Georgia sono Jenna Ellis, Kenneth Chesebro e Sydney Powell, che avevano sostenuto la tesi delle elezioni truccate – Powell, in particolare, aveva avuto un ruolo di primo piano -. Anche un quarto co-imputato s’è riconosciuto colpevole.

Tutti, a vario titolo, hanno ammesso di avere cospirato per rovesciare l’esito del voto: hanno così evitato pene detentive, accettando, però, di deporre in questo e in eventuali altri processi analoghi. Le loro testimonianze potrebbero essere scomode per il loro ex boss.

Il magnate continua ad avere problemi col giudice che a New York presiede il processo per pratiche d’affari illegali e che gli ha prima imposto con una decisione molto discussa di limitare le sortite contro inquirenti e testimoni e lo ha poi multato per 5.000 dollari per essersene infischiato.

Il giudice Arthur Engoron ha anche ordinato alla figlia di Trump Ivanka di testimoniare al processo contro il padre: è “pazzo” e “fuori controllo”, il commento dell’ex presidente; “Come minimo è pazzo di odio per me”. Ivanka non è imputata nel procedimento che vede accusati il padre e i fratelli Donald Trump Jr ed Eric.

Su un fronte giudiziario opposto, i legali del figlio del presidente Biden, Hunter, hanno di nuovo ottenuto di ridimensionare, patteggiando, le accuse mossegli per avere acquistato un’arma senza dichiarare i suoi problemi di dipendenza da alcol e droghe.

Quanto al presidente, ha accettato di essere interrogato dal procuratore speciale Robert Hur che indaga sui documenti classificati trovati a casa sua. Trump è a giudizio in Florida per avere scientemente sottratto agli Archivi Nazionali e portato via dalla Casa Bianca centinaia di documenti riservati, rinvenuti nella sua dimora di Mar-a-lago.

Congresso : la Camera ha un nuovo speaker
Intanto, i repubblicani della Camera sono finalmente riusciti a eleggere il nuovo speaker, dopo ben tre settimane di impasse seguita alla sfiducia, da loro stessi decretata, al loro speaker, il deputato della California Kevin McCarthy.

Il nuovo speaker è Mike Johnson, deputato della Louisiana dal 2017, ultra-conservatore trumpiano. Lo speaker della Camera è il secondo in linea di successione al presidente, dopo il vice-presidente, che presiede il Senato. “Torniamo a lavorare – ha twittato, dopo avere ottenuto 220 voti su 435 -. Farò in modo che l’azione della Camera si traduca in risultati e restituisca fiducia nell’Istituzione”.

Dopo avere bruciato diversi candidati di spicco, trumpiani e non, tra cui nell’ordine Steve Scalise, Jim Jordan e Tom Emmer ed essersi trovati a un certo punto con una pletora di nomi in lizza, compreso quello di Trump – lo speaker può non essere deputato -, i repubblicani hanno trovato l’intesa su un candidato di secondo piano.

Lo stallo frenava l’azione della Camera, nell’imminenza della scadenza del 17 novembre. Entro quella data, Casa Bianca e Congresso devono trovare un accordo per sventare uno shutdown, cioè una serrata della pubblica amministrazione che priverebbe i cittadini di servizi importanti e lascerebbe senza stipendio milioni di dipendenti federali precettati a lavorare per il loro ruolo (esempio: i militari).

E il presidente Biden ha appena chiesto un finanziamento straordinario di 105 miliardi di dollari: aiuti per l’Ucraina e per Israele e per il flusso dei migranti ai confini con il Messico.

Il caos nel Congresso, protrattosi per quasi tre settimane, non ha contribuito a migliorare la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni, in declino da anni. Alle beghe fra repubblicani si aggiungono le accuse di corruzione al senatore democratico del New Jersey Robert Menendez, a processo con la moglie.

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