Dobbiamo davvero essere così stupiti del fatto che una Giudice abbia espresso le proprie opinioni politiche, in una manifestazione o sui social poco cambia, e abbia poi emesso una sentenza che va contro una legge voluta dal Governo?
Pur comprendendo la forza di immagini utili a diventare virali sui canali social, come quelle del video che ritraggono la Giudice in prima fila ad una manifestazione del 2018, può mai essere questo il metro per denunciare una presunta “politicizzazione” della Magistratura e invocare una riforma della Giustizia?
Tutto bene invece quando si tratta di leader politici che partecipano ai congressi delle correnti della Magistratura, di indagini e processi che durano anni e finiscono nel nulla, di Magistrati che si candidano, si fanno eleggere e poi tornano operativi nelle funzioni di inquirenti o giudicanti?
Il grande tema della Giustizia merita come tale di essere trattato,”grande” per l’appunto, e pretende maggiore serietà da entrambe le parti in causa, politici “accusatori” e magistrati “difensori d’ufficio”.
Sempre a proposito di serietà e di fatti che meriterebbero di essere trattati con rispetto, come non sottolineare la superficialità di un Ministro che in maniera quasi naturale associa le cause della tragedia di Mestre ad un possibile ruolo avuto dalla tecnologia delle batterie elettriche.
Non serve essere degli ingegneri per comprendere che prima anche solo di ventilare delle possibili associazioni mentali in forma dubitativa, bisognerebbe andarci molto cauti, soprattutto se si ricopre un ruolo istituzionale di quel livello e si parla in un consesso pubblico.
Non serve essere dei politici di alto livello per comprendere che di fronte a simili tragedie non serve sparare eventuali motivazioni a casaccio, ma basterebbe mostrarsi vicini al dolore e garantire il massimo del sostegno per gli approfondimenti del caso.
Dopo l’estate dei libri “al contrario” e delle campagne pubblicitarie ortofrutticole, siamo costretti a registrare ulteriori elementi di decadimento del livello delle controversie pubbliche, ormai utili solamente ad evitare lo sforzo di approfondire temi la cui reale importanza è proporzionale alla complessità.
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