Politica

La via insidiosa del proporzionale

26
Gennaio 2021
Di Daniele Capezzone

Al di là dell’esito – tuttora incerto e indecifrabile – della crisi politica in atto, si ha la sensazione che la discussione tra i partiti italiani abbia assunto una forma sempre più modellata dallo schema proporzionale. Intendiamoci bene: anche l’attuale sistema elettorale ha già una consistente componente proporzionale, ma è noto che uno dei temi politici delle prossime settimane e mesi sarà rappresentato proprio da un possibile allargamento di quella quota.

Stiamo dunque assistendo, come spesso accade in politica, a una dinamica anticipata e accelerata: a poco a poco, prim’ancora che la novità legislativa si sia concretizzata, l’atmosfera cambia, e gli attori tendono ad agire già oggi come se fossero nel nuovo ambiente creato dalla legge che sta per arrivare.

Quali sono gli effetti di un sistema proporzionale? Sganciare sempre di più la formazione dei governi dal voto dei cittadini; affidare la vita e la morte degli esecutivi (la Costituzione vigente, a onor del vero, già dice questo, come sappiamo, ma il sistema proporzionale potenzia a dismisura questo meccanismo) alle mutevoli intese tra i partiti in Parlamento; e soprattutto spingere ogni singolo partito a focalizzarsi sul proprio possibile ruolo al margine, sulla propria utilità specifica, anche in una logica di “necessario” (perché politicamente profittevole) conflitto con le forze più vicine e potenzialmente alleate.

E’ noto che la cosiddetta “seconda Repubblica” abbia certamente avuto molti difetti: eppure aveva provato, sulla scia della stagione referendaria del 1993, a radicare nel paese una sorta di positiva abitudine all’alternanza tra gli schieramenti, in qualche misura costringendo il centrodestra e il centrosinistra a darsi sempre una prospettiva di governo. Che poi i due poli ci siano riusciti o no, che lo abbiano fatto in modo maturo e convincente o invece costruendo alleanze disomogenee, è altra cosa, che ciascuno può giudicare. Ma è un fatto (ad avviso di chi scrive, assai positivo) che dal 1993 ad oggi, ad ogni livello istituzionale, da ciascun singolo comune su su fino alla dimensione nazionale, ogni elezione sia stata centrata – nella mente e nel cuore degli elettori – sull’indicazione di chi avrebbe potuto o dovuto governare.

Nessuno può vietare alle forze parlamentari di decidere di tornare indietro, ci mancherebbe. L’importante sarebbe però animare una seria discussione pubblica su quello che potrebbe accadere. Conosco l’obiezione: ai cittadini il tema della legge elettorale non interessa, a maggior ragione in tempi di crisi sanitaria ed economica. Verissimo: eppure qui non è in causa solo una tecnicalità elettorale, ma il modello di democrazia che si ha in mente. Da una parte un modello centrato sulla scelta preventiva delle maggioranze (e quindi sull’indicazione dei governi), con programmi per quanto possibile sottoposti al giudizio preventivo degli elettori; dall’altro un modello centrato sulla delega in bianco ai partiti, liberi, dopo il voto, di comporre e scomporre alleanze, progetti, priorità, con un fortissimo potere di interdizione nelle mani di chiunque possa aiutare ad arrivare al fatidico 50%+1 dei voti in Parlamento.

Chi, non senza ragioni, apprezzava alcuni aspetti della vita politica della cosiddetta “prima Repubblica”, potrebbe ulteriormente eccepire: meglio quel contesto di tante cose che l’Italia ha visto e sopportato dopo. Può darsi. Ma oggi ci sarebbe una clamorosa differenza rispetto ad allora. Nel sistema proporzionale che abbiamo conosciuto fino al 1992, c’erano partiti forti: criticabili per molti versi (non solo su quello del finanziamento illegale), ma certamente strutturati, solidi, dotati di catene di comando efficaci, di un rapporto vero con la società e i territori. Adesso, invece, consegneremmo tutto a un proporzionale senza partiti, popolato da liste occasionali e personalizzate, molto spesso senza alcuna possibilità di dibattito interno, e certamente senza un ancoraggio al paese reale.  

E’ un buon affare compiere una scelta di questo tipo? C’è da dubitarne. E manca ancora un tassello: il sistema proporzionale riproporrebbe la logica delle preferenze, con una difficile e costosissima caccia al voto personale, le contese all’interno di una stessa lista, l’esplosione delle spese per la campagna elettorale di ogni candidato. Non occorre essere un indovino per incrociare questo scenario politico con le vecchie e nuove figure di reato esistenti (dal finanziamento illecito al traffico di influenze) e immaginare gli effetti di questo mix. Sicuri che si tratti della strada più saggia da percorrere?

Photo Credits: Tortuga Econ

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