In Parlamento
Riforma Calderoli in Commissione, domani parla Cassese
Di Giampiero Cinelli
Tra gli obiettivi più rilevanti del governo c’è la riforma Calderoli, quella sull’autonomia differenziata delle regioni. Obiettivo connaturato nella Costituzione, ma che non è mai stato realizzato fino in fondo. Se si sono susseguiti provvedimenti parziali, è perché dare autonomia alle regioni facendo in modo che non vengano intaccati i diritti dei cittadini e che non siano acuite le disuguaglianze, è davvero complicato, specie in una Repubblica che è nata centralista, e che ha concesso lo statuto speciale solo a quei territori più tendenti, per ragioni storiche, a spinte centrifughe.
L’iter del Disegno di Legge 615 del ministro leghista procede infatti lentamente, nella massima attenzione dei politici coinvolti, tra animati confronti e tensioni, che hanno portato, prima della pausa estiva, alla dimissione di quattro componenti della Commissione per l’individuazione dei Livelli essenziali di prestazione (i Lep). Ad abbandonare il progetto sono stati nomi noti, come quelli di Giuliano Amato e Franco Bassanini, più i giuristi Franco Gallo e Alessandro Pajno. Di quali parametri si parla con i Lep? Appunto di indici che vadano a stabilire, una volta ottenuta l’autonomia, il giusto livello di erogazione di servizi che la Carta Costituzionale deve garantire. Su istruzione, sanità, welfare, trasporti etc.
Il testo è ora al vaglio della Commissione Affari Costituzionali del Senato in cui si stanno votando gli emendamenti agli articoli. In tutto 10, domani si riprenderà dall’articolo 3 (proprio quello relativo ai livelli delle prestazioni), dopo aver audito Sabino Cassese, il presidente della Commissione per la definizione dei Lep.
Sul tavolo c’è un emendamento di maggioranza e Terzo Polo a prima firma del presidente della Commissione Balboni (FdI) che stabilisce che i Lep dovranno essere adottati non con un Dpcm ma con decreti legislativi, cioè con atti aventi forza di legge, entro un termine di due anni dall’entrata in vigore della legge. Ai dpcm rimarrà il compito di definire i costi e i fabbisogni standard dei Lep (sulla base delle ipotesi tecniche formulate dall’apposita Commissione).
Nei decreti delegati invece ci saranno «le procedure e le modalità operative per monitorare l’effettiva garanzia in ciascuna Regione della erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione».
A corollario viene rafforzato il potere di veto delle Commissioni parlamentari che dovranno approvare i loro pareri entro 45 giorni sugli schemi. Se poi il Governo non accoglierà le indicazioni delle Camere, dovrà comunque ritrasmettere le proprie osservazioni ed eventuali modifiche su cui di nuovo il Parlamento potrà esprimersi entro 20 giorni. Stesso discorso per i decreti periodici di aggiornamento dei Lep, questo un aspetto in merito al quale le parti politiche hanno già trovato un accordo.
Una parte importante della trattativa tra i partiti sta nel ruolo del parlamento, che si sta cercando di rafforzare nell’ambito di approvazione delle intese Stato-Regioni per l’autonomia. Siccome appunto le intese non sono vincolate a un parere del Parlamento come vorrebbe ad esempio il Pd, che intende dare alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, un serio ruolo tramite i pareri sugli schemi preliminari d’intesa e un potere ostativo alle Camere sulle intese. Fermo restando il contributo degli enti locali alla valutazione del processo. Il Ministro Roberto Calderoli invece ha evidenziato il già sufficiente apporto degli enti locali.