Numerosi commentatori si affaticano a immaginare o a delineare strategie complessive europee in vista dell’appuntamento elettorale del prossimo giugno.
E indubbiamente esistono alcune linee di fondo che riguardano le scelte dei Popolari europei (perno dell’attuale equilibrio tra gli europartiti, anche se il Ppe è ben disposto ad accogliere i Conservatori Ecr nella nuova coalizione che gestirà le istituzioni Ue), dei Socialisti (che, quand’anche non fossero messi fuori dalla maggioranza da un eventuale tracollo elettorale, sono comunque destinati a perdere un po’ di peso), dei macronisti (piccoli, ma determinati a mantenere un ruolo da ago della bilancia), degli identitari di ID (che invece puntano, per ora con reazioni più che fredde da parte di Ppe e Ecr, a costruire un’alleanza onnicomprensiva di destra).
Ma le vere linee di frattura, le vere mosse e contromosse, derivano sempre dalle scelte di politica interna relative alla situazione nei singoli paesi. Chi non se ne accorge vive letteralmente in un altro mondo.
Come si fa a non vedere che, se Macron (finalmente) compie un qualche passo (tutto da valutare, e servirà tempo) verso l’Italia nel contrasto all’immigrazione illegale, lo fa anche per rispondere, più o meno direttamente, all’iniziativa politica di Marine Le Pen, che lo incalza e lo sopravanza nei sondaggi?
Come si fa a non vedere che, nel gelo del Ppe a trazione tedesca verso Id (il gruppo di Le Pen e Lega a Strasburgo), c’è soprattutto l’ostilità politica della Cdu-Csu verso Afd?
Sono solo due esempi, ma assolutamente eloquenti. Di qui il nostro suggerimento: qualunque cosa accada da qui a maggio, tutto va letto attraverso le lenti della politica interna nei singoli paesi, sulla base dell’andamento dei sondaggi nazionali e dell’orientamento delle opinioni pubbliche interne.
Questo è ciò su cui i leader ragionano, scelgono, vincono o perdono. Il resto sono retorica e specchietti per le allodole.