Ambiente

Petrolio made in Italy, cos’è e come funziona il giacimento offshore Rospo Mare

15
Settembre 2023
Di Alessandro Caruso

«Questo è un distillato che viene direttamente dalla profondità della terra di milioni di anni fa», spiegano gli esperti “spillando” un po’ di petrolio da un rubinetto sulla piattaforma Rospo Mare, uno dei principali giacimenti petroliferi offshore italiani, in concessione ad Energean, che estrae petrolio a circa 1600 metri di profondità. A vederla in lontananza dal porto di Vasto, la piattaforma sembra una piccola sagoma remota e dimenticata in mezzo al mare. Avvicinandosi, però, ci si rende conto della straordinaria vitalità che la anima e del dinamismo ingegneristico, culturale e organizzativo che la tiene in piedi.

Cuore dell’Adriatico, 12 miglia dalla costa tra l’Abruzzo e il Molise. Qui si snoda il campo petrolifero Rospo Mare, articolato su tre piattaforme. Questo giacimento sfrutta una particolarità del sottosuolo, una caratteristica condizione di intrappolamento del petrolio, per cui esso risulta incuneato nei calcari carsificati del periodo giurassico. Ma il lavoro estrattivo delle tre piattaforme sarebbe inutile senza di lei: la Floating Storage and Offloading Alba Marina, la longilinea ex petroliera che fa da cervello e cuore pulsante a tutto il campo. Proprio così, innanzitutto perché è adibita allo stoccaggio e alla successiva commercializzazione del greggio prodotto dal giacimento, ma anche perché è attrezzata per controllare e governare da remoto il funzionamento delle tre piattaforme. Un’autentica città galleggiante, agli ordini della giovane Comandante Valentina Paris, che col suo omologo si alterna ogni 28 giorni al timone. Valentina ha solo 34 anni, ma già una lunga esperienza internazionale di navigazione sui mercantili petrolchimici. La vita sull’Alba Marina, nonostante la sua funzionalità ed efficienza, è dura, richiede adattamento e sacrificio, un “carico” che solo una buona dose di passione può alleggerire. Ma lei ammette: “In mare sto meglio che a terra”. Problema risolto. E l’entusiasmo per il suo lavoro sembra contagiare anche tutto l’equipaggio.

Valentina Paris

L’Alba Marina fa da centrale nel campo Rospo: le tre piattaforme trasferiscono il petrolio sulla nave attraverso le tubature sottomarine e qui viene stoccato e conservato in attesa della vendita e della “consegna” alle petroliere che lo vengono ad allibare. Uno scambio che avviene circa cinque volte all’anno. Proprio ieri sono terminate le operazioni di allibo con una nuova petroliera.

Da questo giacimento vengono estratti tra i 2.300- 2.500 barili di greggio al giorno, che non è destinato alla produzione di energia, ma a quella di bitumi e asfalti, quindi è di grande utilità per il settore delle infrastrutture, così come tutti i giacimenti italiani in concessione a Energean. Si tratta di valori significativi. Con il petrolio prodotto in Italia, la società è infatti riuscita a garantire, solo nel periodo 2018-2020, una copertura del 13% del fabbisogno nazionale di bitume, dunque un risparmio sulle importazioni di tale prodotto stimabile in centinaia di milioni di euro.

Per quanto riguarda il petrolio estratto dai giacimenti offshore – nelle acque italiane-, Energean è leader nazionale, assicurando 80% del totale. E lo fa puntando su una expertise maturata in tantissimi anni di ricerca e sperimentazione, che oggi permette di farlo nell’assoluto e pieno rispetto delle norme sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Tuttavia questi valori potrebbero essere significativamente superiori se il patrimonio minerario nazionale venisse valorizzato fino a fine vita (anche senza il ricorso all’installazione di nuove piattaforme)attraverso il solo sviluppo delle riserve già identificate da Energean nelle acque prospicenti la costa adriatica e siciliana,stimate in circa 30-40 Mln di barili, la cui valorizzazione economica ammonterebbe a oltre 2 mld di euro (a cui vanno aggiunte le ricadute erariali e occupazionali, che hanno un pari ordine di grandezza).

Piattaforma Rospo Mare

Eppure la normativa vigente non sembra assecondare questa attitudine industriale. Il Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee – Pitesai), approvato nel 2022, ha infatti rafforzato di fatto tutti i vincoli verso la ricerca e la produzione di idrocarburi in Italia, riducendo di circa 2/3 le aree idonee e frammentando i permessi (i c.d. titoli minerari) sia a terra che a mare.

Il Piano è stato preparato da istituti di ricerca specializzati (Ispra, Rse) per conto del Ministero della Transizione Ecologica, che lo ha poi sottoposto a valutazione ambientale strategica e chiaramente ha avuto come concept quello di conciliare le esigenze industriali con la tutela dell’ambiente e gli standard di sostenibilità. Ma la realtà di questo comparto parla di un impegno molto efficace per non influire sull’impatto ambientale. Il campo Rospo Mare, ad esempio, solo pochi giorni fa ha avuto l’ennesima conferma sulla salute e qualità delle acque sottostanti le piattaforme, a seguito dei risultati della ricerca promossa da Energean e realizzata dall’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise. Il risultato è stato interessante: per quanto attiene i livelli di idrocarburi tutti i campioni sono risultati conformi rispetto ai limiti di legge, anzi, addirittura in tutti gli organismi analizzati i valori sono risultati inferiori ai limiti di rilevazione del metodo. Stessa cosa sulle emissioni. A seguito delle analisi annuali compiute sul campo, tutti i punti di emissione autorizzati risultano al di sotto degli stringenti limiti emissivi, come da rapporti inviati agli organi di vigilanza ambientale.

In vista di un probabile nuovo dibattito istituzionale sul tema dell’estrazione petrolifera, sarà utile per i decisori sapere che l’impatto su acque, popolazione ittica e atmosfera è sotto controllo.

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